Attacco ischemico transitorio (TIA)

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Attacco ischemico transitorio (TIA)

15-01-2016 - scritto da Angela Nanni

L’attacco ischemico transitorio si risolve da solo nel giro di qualche ora. Per il futuro però è necessario adoperarsi per diminuire il rischio di avere un ictus vero e proprio.

Una persona su 3 dopo aver sperimentato un episodio di TIA ha un ictus nel giro di un anno.

Attacco ischemico transitorio (TIA)

L’attacco ischemico transitorio (TIA) o mini ictus è una condizione di breve durata, qualche minuto o al massimo un’ora, causata da un’anormale irrorazione ematica cerebrale provocata da:

  • un piccolo coagulo che impedisce il normale passaggio del sangue
  • restringimento di un arteria a causa di placche di colesterolo

Tali impedimenti limitano il normale flusso ematico per un breve tempo e poi, in qualche modo, vi è un ripristino della normalità.

 

Dati statistici alla mano, una persona su 3 dopo aver sperimentato un episodio di TIA ha un ictus nel giro di un anno. La condizione è più probabile:

  • nelle persone ipertese, soprattutto quelle che nonostante la terapia farmacologica non riescono a tenere entro i limiti consentiti la loro pressione arteriosa
  • nei diabetici, soprattutto in caso di glicemia fuori controllo
  • nei fumatori
  • nelle persone che abusano di alcol
  • nelle donne che fanno uso della pillola anticoncezionale

 

I sintomi

In caso di TIA il paziente evidenzia difficoltà nell’eloquio e non riesce a capire neanche le parole altrui, vi può essere un intorpidimento o la paralisi temporanea di un lato del corpo, vi è una perdita della sensibilità, disturbi alla vista che può risultare offuscata, nebulosa e confusa, vi possono essere incertezze nei movimenti, perdita della coordinazione e vertigini.

 

La terapia

L’attacco ischemico transitorio si risolve da solo nel giro di qualche ora; una volta che però è stata accertata la sua reale insorgenza è necessario adoperarsi per diminuire il rischio di sviluppare un ictus vero e proprio: a questo scopo può essere molto utile cercare di intervenire su tutti i possibili fattori di rischio e iniziare una terapia anticoagulante se il paziente non assume già farmaci di questa categoria. 

 

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A cura di Angela Nanni, Farmacista iscritta all'Albo dal 2005 e Redattore medico scientifico freelance.
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