Enuresi: non affrontare il problema non lo risolve…

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Enuresi: non affrontare il problema non lo risolve…

18-09-2013 - scritto da enuresi

L'approccio più sbagliato al problema dell'enuresi è quello di ignorarlo

Enuresi: l’approccio del “non intervento”

Enuresi: non affrontare il problema non lo risolve… I genitori di bambini che “fanno la pipì a letto” spesso sono disorientati rispetto a come porsi, dal punto di vista educativo, nei confronti dei loro figli a proposito dell’ enuresi notturna.

Apparentemente tante sono le strategie utilizzabili, alcune delle quali anche a prima vista “facili” da applicare. Una di queste strategie prevede che, qualora il proprio figlio soffra di enuresi, i genitori non facciano assolutamente nulla.

Questo tipo di strategia si fonda sull’ assunto che l’enuresi sia un disturbo che si risolve naturalmente con la crescita.

In sintesi i sostenitori di questo orientamento ritengono che il “bagnare il letto” sia un fenomeno passeggero (anche se, in realtà, può durare anni), che si risolve da sé e che non sia necessario fare nulla per affrontarlo.

Questa prospettiva appare accattivante: rassicura i genitori che sono in difficoltà e non sanno come comportarsi, minimizza o nega l’esistenza di un problema …

Ma possiamo davvero ritenere questo tipo di orientamento corretto?

Conosciamo meglio l’enuresi

Per poter esprimere un parere a proposito delle strategie educative da adottare nei confronti dei bambini che soffrono di questo disturbo è intanto molto importante conoscere meglio l’ enuresi. L’enuresi è una forma di incontinenza urinaria intermittente.

Sino ad una decina di anni fa si riteneva che fosse un problema circoscritto esclusivamente alla notte. In realtà l’osservazione durante il giorno del comportamento del bambino che “bagna il letto” ha permesso di distinguere due tipi di enuresi: enuresi monosintomatica, che si ha quando il problema è confinato esclusivamente alla notte ed enuresi non monosintomatica che si ha quando il bambino bagna il letto più volte durante la notte e, durante il giorno, bagna le mutandine, deve correre in bagno a fare la pipì con senso dell’urgenza e, in generale, si presenta con una serie disturbi collegati alla minzione (ossia all’atto del “fare la pipì”).

L’enuresi interessa, solo in Italia, circa 600.000 tra bambini ed adolescenti di età compresa tra i 6 e i 14 anni. L’incidenza dell’enuresi sulla popolazione di bambini ed adolescenti è superiore nella prima infanzia e tende a diminuire durante la fine dell’infanzia e l’adolescenza.

Se il 10% dei bambini di 6 anni soffre di enuresi, tale percentuale si riduce al 7% quando i bambini hanno 8 anni e tende a ridursi ulteriormente nel corso degli anni successivi.

Conseguenze del “non intervento”

La percentuale di bambini e ragazzi che soffre di enuresi è quindi inversamente proporzionale all’età: più l’età aumenta e più diminuisce il numero di coloro che soffrono di tale disturbo.

Questa diminuzione dell’ incidenza dell’ enuresi con la crescita del bambino, tuttavia, non costituisce una buona ragione perché i genitori non intervengano, aspettando che tale disturbo passi: intanto il 2% circa degli adolescenti tra i 14-15 continua a soffrire di enuresi e l’1% degli adulti soffre di enuresi ancora dopo i 18 anni.

Questi dati dimostrano, con grande evidenza, che non è vero che l’enuresi scompaia con la crescita perché, in una certa percentuale di casi, questo disturbo non si risolve affatto e permane anche in età adulta.

L’enuresi, inoltre, mina fortemente lo sviluppo di una sana autostima: il bambino con enuresi ha spesso una ridotta autostima, crescendo questa autostima può essere fortemente compromessa in funzione di quello che viene sperimentato come un “insuccesso”, ossia il controllo della minzione, e si può presentare, in un adolescente, decisamente scarsa con conseguenze più o meno gravi su diversi ambiti della vita sociale, sulla sfera affettiva, sul rendimento scolastico, ecc..

Dal punto di vista sociale, in particolare, l’enuresi comporta una serie di limitazioni nella vita del bambino e dell’adolescente: difficilmente un ragazzino con questo tipo di problema parteciperà ad una gita scolastica, ad un soggiorno con coetanei. Infatti la già fragile autostima potrebbe essere ulteriormente compromessa se i compagni scoprissero che “fa la pipì a letto”: il bambino o l’adolescente potrebbe essere oggetto di scherzi e prese in giro.

Un approccio corretto all’enuresi

Se il proprio figlio soffre di enuresi è molto importante parlarne con il pediatra o il medico di fiducia. Lo specialista potrà aiutare i genitori a comprendere come comportarsi nella quotidianità, cosa fare per aiutare il bambino, cosa dire e quale atteggiamento assumere nei suoi confronti.

Il bambino deve essere messo nelle condizioni di comprendere, in modo adeguato alla sua età, quali sono le cause dell’enuresi ed essere aiutato ad affrontarla.

A questo proposito il pediatra potrà suggerire appropriate terapie comportamentali associate, se necessario, ad adeguate terapie farmacologiche.

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Redazione Network for Health

ATTENZIONE: le informazioni che ti proponiamo, seppur visionate dal team di medici e giornalisti di ForumSalute, sono generali e come tali vanno considerate, non possono essere utilizzate a fini diagnostici o terapeutici. Il medico deve rimanere sempre la tua figura di riferimento.



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