L’alcolismo: un’eredità pesante

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L’alcolismo: un’eredità pesante

15-03-2010 - scritto da Viviana Vischi

Secondo uno studio, l’effetto dannoso dell’alcool su comportamento e socialità viene trasmesso per tre generazioni. E in Italia, quanto si beve?

Panoramica sugli italiani e l'abuso di alcool

26/09/2006 - Dai nonni ai nipotini: l’effetto dannoso dell’alcool sulla salute mentale viene trasmesso almeno per tre generazioni. A rivelare l’ereditarietà dei problemi del comportamento dovuti all’abuso di prodotti che danno dipendenza è un nuovo studio scientifico americano pubblicato sul “Journal of abnormal child psychology”. Chiamata “Progetto intergenerazionale di Seattle”, la ricerca ha preso in esame un migliaio di ragazzi di età dai 10 i 27 anni e ha verificato che i genitori forti bevitori hanno alte probabilità che i loro figli sviluppino anomalie di comportamento durante l’adolescenza, che a loro volta conducono all’abuso di alcool in età adulta. Il ciclo continua nella generazione successiva con i nipotini.
D’altro canto, e qui c’è la prima di due buone notizie, i benefici degli interventi di disintossicazione possono avere effetti positivi che si trasmettono di generazione in generazione, interrompendo il ciclo negativo. La seconda buona notizia viene da un altro studio, pubblicato sulla rivista “Neurobehavioral research”: gli alcolisti che smettono di bere recuperano pienamente le loro capacità intellettuali e cognitive. Analizzando una cinquantina di ex-bevitori, i test hanno mostrato che chi abbandona la bottiglia entro i 50 anni di età recupera pienamente le funzioni mentali.
Fin qui gli studi scientifici americani. Ma passiamo all’Italia. Quanto e come si beve nel nostro Paese? Ce ne parla una recente indagine Doxa, secondo la quale si dedica al bicchierino l’81% di uomini e donne sopra i 12 anni, contro il 74% del 1993. In testa alle preferenze il vino, seguito da birra, aperitivi, digestivi e superalcolici. Mediamente ogni italiano beve 30 grammi di alcool puro al giorno, l’equivalente di tre bicchieri di vino: una quantità che rispetta i parametri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se nel 1980 la media pro capite era intorno a 13 litri di alcool puro all’anno, oggi siamo arrivati al di sotto della soglia del 7 litri: dato che converge verso le raccomandazioni di un consumo non superiore ai 6 litri, da raggiungere entro il 2015. Insomma, calano i consumi ma aumentano i consumatori. Tradotto: la stragrande maggioranza degli italiani beve, ma prestando più attenzione alla qualità e limitando il consumo finalizzato alla “sbronza”.
Va detto però che l’accesso all’alcool si fa sempre più precoce: la prima occasione avviene in media a 14 anni per vino e birra, a 16 per le bevande a più alta gradazione. Nella fascia d’età tra i 13 e i 24 anni i consumatori regolari (almeno una volta la settimana) sono il 67,3% del totale.
Dati preoccupanti? “Non del tutto - assicura Michele Contel, segretario generale dell’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool: la nostra cultura, definita “bagnata” perché considera il bere come un elemento integrante della vita quotidiana, dell’alimentazione e della convivialità, permette sin dall’adolescenza di sviluppare un rapporto responsabile con le bevande alcoliche. Non c’è una ricerca della trasgressione e dei consumi come nicchia di evasione, e qualche volta di evasione disperata, come invece avviene nei Paesi Nord europei e anglosassoni”.
Guai però a sottovalutare lo spinoso problema di alcool e guida, riassumibile in una percentuale: il 17,6% degli italiani ammette di aver guidato in situazioni a rischio una o più volte. Il 4,7% afferma di averlo fatto molte volte. Si stima che circa un terzo dei 6.000 morti all’anno in incidenti stradali sia causato da un consumo non corretto di sostanze alcoliche. Fra questi, 2.000 sono ragazzi e ragazze, per i quali l’incidente è la prima causa di mortalità. Contro questa strage di giovani da anni si studiano iniziative di ogni tipo. L’ultima in ordine di tempo si chiama “camera di decompressione”: un ambiente soft appositamente creato vicino all’uscita delle discoteche, dove passare a rilassarsi prima di mettersi alla guida e dove l’abbassamento del volume della musica è graduale per ottenere un effetto tranquillante detto “Chill Out” (raffreddamento). La sperimentazione in Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.


A cura di Viviana Vischi, Giornalista professionista iscritta all'Albo dal 2002, Direttore Responsabile di diverse testate giornalistiche digitali in campo medico-scientifico.
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