Neuroteologia nel trattamento delle malattie gravi e oncologiche

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Neuroteologia nel trattamento delle malattie gravi e oncologiche

06-07-2014 - scritto da Prof.ssa Virginia A. Cirolla

Le recenti ricerche neurobiologiche provano che credere in Dio aiuta il cervello a farci vivere meglio e migliora l'efficacia terapeutica nelle malattie oncologiche

Alla scoperta della neuroteologia e delle sue applicazioni in medicina

Neuroteologia nel trattamento delle malattie gravi e oncologiche Il campo delle neuroscienze, sempre più sviluppato e ramificato, ha ormai affermato con forza il ruolo centrale che ha il cervello non solo nel mantenimento della nostra salute psichica, ma anche di quella fisica. E’ in quest’organo, infatti, che vanno cercate le cause originarie delle patologie che ci colpiscono ma anche le vie per superarle. E in questo continuo sforzo di conservare l’equilibrio psicofisico, l’esercizio di una fede vissuta attivamente attraverso la preghiera, ma anche attraverso una relazione di aiuto con l’Altro, comprende attività che aiutano il cervello a produrre sostanze che si rivelano necessarie al nostro sistema immunitario.

Le novità della biologia ci dicono che il cervello si costruisce negli ultimi sei mesi di vita gravidica, e nei primi due anni. E' importante, in presenza di malattie gravi, affiancare tutta una serie di strategie che vanno dalla nutrizione, al supporto psicologico, alla motivazione psico-oncologica, a tutte le terapie omeopatiche che hanno un senso oncologico.

Le cose importanti sul piano biologico sono il cibo, che è la premessa di tutto, e il fitness, perché l’attività fisica è un'altra chiave di volta del sostegno della nostra biologia. Quando noi facciamo attività fisica noi liberiamo endorfine che sono un bagno di benessere del sistema immunitario. Quindi mens sana in corpore sano è un antico detto assolutamente riproponibile oggi.

Tutto passa attraverso il cervello. La cosa interessante è che il cervello è l’unico organo su cui noi possiamo lavorare. Quindi qualsiasi ideologia, che sia religiosa, politica o culturale, può avere un significato, l’ideologia è un evento importante nel momento della presa per mano e dello sviluppo della nostra vita. D’altra parte, però, l’ideologia su un piano biologico può essere anche inibitoria, quando non consente aperture che invece si traducono in una risposta biologica. lei apre delle novità biologiche nel suo cervello, apre e chiude nuove sinapsi, e tutto questo si traduce in una risposta di neurotrasmettitori che è prodotta dalle cellule della glia, che sono le cellule di sostegno dei neuroni. Questo è il vero senso del cervello, che è un organo fortemente attivo non solo perché pensa, ma perché produce: produce tutti i neurotrasmettitori che ha il sistema immunitario, produce tutte le proteine emozionali che vanno ai recettori e alle membrane cellulari, quindi può produrre nel bene o nel male. È tutto un mondo di empatia e di relazioni che va nutrito perché fa parte della nostra biologia. Questi famosi primi due anni del cervello sono proprio l’espressione dell’interattività col mondo esterno. In questo senso è interessante lo sviluppo della neuroteologia, così come anche della preghiera a distanza. Sono flussi di comunicazione che vanno verso l’individuo e vengono sviluppati per favorire determinate guarigioni. Anche questo è un mondo che esiste ed è molto battuto: a Bologna in Oncologia c’è un gruppo di preghiera a distanza che viene seguito e addestrato.

Per parlare di neuroteologia, la branca neuroscientifica che studia il rapporto tra vita cerebrale e fede avviene perché come intermediario tra uno stimolo e la reazione psichica e fisica si alza l’adrenalina. Lo studio del cervello avviene attraverso gli strumenti che utilizziamo solitamente nella clinica: la TAC, la risonanza magnetica, la PET ecc. mentre preghiamo si illuminano determinate aree del cervello. Tra l’altro questo succede sia nei credenti che nei non credenti, quando si parla di fede, ma è certamente nelle prime che queste aree sono più sviluppate.

La fede è un supporto che sicuramente muove nelle persone specifiche molecole, per esempio rinforza le difese immunologiche. In molti ospedali ci sono gruppi di preghiera. Questo è interessante perché chi crede, attraverso la fede si dimostra più forte nell’affrontare una malattia. La cosa bella è che hanno costituito gruppi di preghiera pregando per alcune persone, le quali poi risultano avere delle percentuali di guarigione maggiori rispetto alle persone per cui non si era pregato.

Il numero di ricerche nel campo della neuroteologia – molte di esse sono serie e alcune altre meno – è ormai vastissimo. La meditazione sembra in grado di ritardare lo sviluppo di alcuni segni di invecchiamento cerebrale, come è stato rilevato da Sara Lazar e colleghi della Harvard University; già in un articolo pubblicato su Neuro Report nel 2005, il confronto fra 20 meditatori esperti e 15 soggetti di controllo, aveva fatto registrare nei primi un maggiore spessore in varie aree della corteccia cerebrale.

In particolare, la corteccia prefrontale e la parte anteriore dell’insula di destra, erano da 4 a 8 millesimi di pollice più spesse nei meditatori che nei controlli. E’ interessante che i soggetti più anziani presentavano i maggiori incrementi di spessore: il contrario di quanto accade ordinariamente per effetto dell’invecchiamento.

I primi esiti di questa sperimentazione hanno già indotto alcuni ricercatori a valutare l’applicazione a scopo terapeutico degli effetti benefici del meditare. Newberg, ad esempio, ha avviato un’indagine sui pazienti oncologici e sulle persone che per varie cause sono andate incontro a perdita precoce della memoria. Negli ammalati di cancro si vuol verificare se la meditazione può alleviare lo stress e le sue conseguenze sui sintomi e sul decorso della malattia, e se può ridurre la tristezza e l’ideazione depressiva derivanti dallo stato fisico e dalla consapevolezza della gravità. Nei pazienti amnesici si vuol provare ad ottenere, mediante l’esercizio meditativo, un miglioramento di processi cognitivi elementari a supporto della neurofisiologia della memoria.

Se la “Spiritual Neuroscience” vuole rivendicare il diritto all’esistenza come branca distinta di studi, non può certo limitare i suoi interessi alle applicazioni terapeutiche della meditazione, ma deve approfondire ogni aspetto dell’influenza dell’esperienza spirituale sui processi cerebrali, dalle modificazioni fisiologiche nella correlazione mente-corpo, ad un diverso atteggiamento verso il mondo. Questo tipo di ricerca è solo agli inizi, e gli studi finora condotti non sono stati intrapresi sulla base di programmi e protocolli concepiti nell’ottica della dimensione spirituale intesa come realtà neurofunzionale. Ad esempio, è stata studiata l’influenza su parametri immunologici dell’assistere a guarigioni nel corso di cerimonie religiose, o sono stati valutati gli effetti sul sistema immunitario di un film dagli intensi contenuti di fede e speranza, ma non si è ancora provato a definire il pattern cerebrale neuroimmunologico che rende queste esperienze più efficaci nei credenti.

A questo riguardo le neuroscienze dello spirito stanno avviando un affascinante collegamento con la psiconeuroimmunologia, prendendo le mosse dagli effetti sul sistema immunitario degli stati mentali che rientrano nella definizione di affetto positivo (positive affect). “L’uso del termine “affetto” è consolidato in psichiatria, psicologia e neuroscienze in generale, nel significato che Aristotile attribuiva alla parola greca corrispondente al termine latino affectus, ossia stato interno derivante da una condizione esterna. Sebbene la letteratura scientifica sui rapporti fra fenomeni biologici e sentimenti, emozioni ed affetti, faccia costantemente riferimento alla categoria “positive affect” (PA), ossia affetto positivo, non esiste ancora una definizione unanimemente accettata. In “Psychoneuroimmunology” (Ader, 2007) Marsland, Pressmann e Cohen adottano la definizione di Clark (Clark et al., 1989): “si definiscono PA quei sentimenti che riflettono un livello di impegno piacevole con l’ambiente come la felicità, la gioia, l’eccitazione, l’entusiasmo e la contentezza”. Ma in molti studi per PA si intendono processi e manifestazioni psicologiche diverse e varie. In alcuni casi si tratta di costrutti cognitivi e motivazionali, quali l’auto-stima, l’ottimismo, l’estroversione, la propositività e la consapevolezza dell’abilità; in altri casi si tratta di complesse misure della qualità della vita e del benessere soggettivo.

“Gli stati di PA sono stati associati con cambiamenti significativi nel sistema immune (Pressman e Cohen, 2005). I primi studi avevano rilevato un aumento di immunoglobuline A (IgA) di tipo secretorio, presenti nel sistema immune delle mucose e reperite in secreti come la saliva (Hucklebridge et al., 2000; Lambert e Lambert, 1995; McClelland e Cheriff, 1997). Questi studi, non sempre di facile interpretazione, sono stati criticati per le procedure seguite. Un approccio meno controverso ha impiegato la somministrazione di antigeni e la verifica della formazione del relativo anticorpo (IgA secretoria) con e senza l’induzione di affetto positivo: due studi hanno dato esito positivo, documentando un aumento del livello di IgA prodotta sotto l’effetto di PA (Stone et al., 1987; Stone et al., 1994), uno non ha confermato questo risultato (Evans et al, 1993).

“Gli studi più recenti hanno associato il PA con l’aumento di subpopolazioni di leucociti, ma il complesso degli studi offre risultati contraddittori alla luce delle attuali conoscenze. In un caso il PA ha determinato un effetto simile a quello generato da un agente stressante acuto (Segerstrom e Miller, 2004).

“In passato l’induzione di PA aveva determinato l’aumento della risposta proliferativa linfocitaria allo stimolo con mitogeni (Futterman et al., 1992).

“L’induzione di un umore positivo, che potremmo paragonare alle sensazioni di chi si sente in uno stato di grazia può associarsi a livelli più elevati di alcune citochine (IL-2, IL-3) e più bassi di altre, quali interferon-γ e TNF-α (Mittwoch-Jaffe et al., 1995).

“E’ stato rilevato da vari ricercatori un aumento di cellule NK nell’induzione di PA, ma uno studio, condotto negli anni Novanta e non ancora smentito da ricerche successive, aveva fatto registrare un incremento di NKCA sia nell’induzione di stati affettivi positivi, sia in quella di stati affettivi negativi; in entrambi i casi sembra che l’effetto sia stato mediato dall’attivazione dell’ortosimpatico (Futterman et al., 1994). […]”. La determinazione, tuttavia, non manca in molti ricercatori, soprattutto fra quelli che più attivamente si stanno impegnando per ottenere il riconoscimento dell’indipendenza e del valore dello studio delle basi neurobiologiche della dimensione trascendente.

Beuaregard sostiene che l’esperienza spirituale possa migliorare le funzioni del sistema immunitario e curare o prevenire disturbi psichici come la depressione, attraverso una visione positiva della vita che innesca circoli virtuosi nelle interazioni sociali ed innalza la soglia di squilibrio omeostatico ad eventi frustranti e stressanti. La conoscenza degli elementi essenziali della fisiologia cerebrale della spiritualità potrà consentire la loro induzione in chiave terapeutica, modificando l’assetto funzionale di queicervelli che sembrano disposti a generare scompensi psichici: “Noi potremmo generare una salutare ed ottimale matrice cerebrale”

Una cosa è certa, nessuno oppone più resistenza a questo genere di studi e molti si attendono risposte utili sia per la scienza che per la fede.

D’altra parte, la precisa identificazione dei processi che consentono alle reti di cellule cerebrali di mediare esperienze mistiche, religiose e spirituali, se per i non credenti costituirà una conferma della natura biologica del fenomeno religioso, per i credenti potrà essere un motivo in più per credere in Dio: ritrovare impressa l’impronta indelebile della Sua immagine in quei sistemi neuronici che ci consentono, solo se lo vogliamo, di incontrarlo dentro di noi.


www.studiomedicocirolla.it


Prof.ssa Virginia A.Cirolla
MD,PhD in Experimental And Clinical Research Methodology in Oncology Department of Medical and Surgical Sciences and Translational Medicine "Sapienza" University of Rome
National President A.I.S.M.O. ONLUS
www.studiomedicocirolla.it
www.aismo.it

Profilo del medico - Prof.ssa Virginia A. Cirolla

Nome:
Virginia Angela Cirolla
Comune:
ROMA
Telefono:
0645477448 3396769115, 3930944388, 3335230409
Azienda:
A.I.S.M.O. ONLUS
Professione:
Ricercatore
Posizione:
PRESIDENTE NAZIONALE
Occupazione:
MEDICO CHIRURGO SENOLOGO/TITOLARE CENTRO DI FORMAZIONE ANFOS/DIRETTORE SANITARIO A.I.S.M.O. ONLUS
Specializzazione:
Oncologia Medica, Medicina alternativa, Chirurgia generale, Perf in Ecografia, Senologia, Master Format. ANFOS, Master Agopuntura, Dottorato Ricerca Oncologica
Contatti/Profili social:
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