Quando il cuore fa le bizze: la fibrillazione atriale

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Quando il cuore fa le bizze: la fibrillazione atriale

24-02-2016 - scritto da Paola Perria

La fibrillazione atriale è un disturbo cardiaco comune, scopriamo come individuarlo e curarlo.

Sintomi, rischi e cure della fibrillazione atriale.

Quando il cuore fa le bizze: la fibrillazione atriale

Secondo le stime più recenti del Ministero della Sanità, in Italia circa 700mila persone soffrono di fibrillazione atriale, un disturbo cardiaco di per sé benigno ma che, trascurato, potrebbe aumentare il rischio di ictus e infarto. Ad essere colpiti da questa disfunzione – generata, come vedremo, da un’alterazione del battito del cuore – sono soprattutto le donne over 60, ma il trend in crescita nella incidenza della malattia ci dice che uno stile di vita poco salutare e un’alimentazione errata possono aumentare il rischio anche nei giovani. Intanto, vediamo di capire che cosa intendiamo per fibrillazione atriale.

Tecnicamente si tratta della più comune forma di aritmia cardiaca, che  a sua volta è un’alterazione del ritmo con cui si contrae una parte del cuore, nello specifico l’atrio (entrambi o uno dei due), le cavità superiori del muscolo cardiaco.

In caso di aritmia, il battito invece di essere regolare appare scomposto, più rapido del normale (tachicardia) e irregolare. Tanto per capirci, se il battito normale di un individuo adulto (ritmo sinusale) è di 70-80 pulsazioni la minuto, quello di una persona affetta da fibrillazione atriale può aumentare fino alle 200 pulsazioni al minuto. A fronte di questa accelerazione, però, il sangue non viene spinto in modo efficace in circolo, generando sofferenza negli organi che non ricevono abbastanza sangue in modo continuativo.

Quali sono, pertanto, i sintomi della fibrillazione atriale che possono mettere in allarme?

La sensazione del proprio battito cardiaco che non “quadra” potrebbe, però, essere determinato da tutt’altre cause, magari benigne e transitorie, mentre potrebbe al contrario accadere che una fibrillazione conclamata non dia alcun sintomo di sé. In questi casi come si può arrivare a scoprire di avere questo disturbo? La risposta è semplice: effettuando regolari esami della pressione e del battito, perché solo con un monitoraggio della funzionalità cardiaca è possibile accertare la presenza di eventuali disfunzioni. Ulteriori indagini diagnostiche possono includere elettrocardiogramma (ECG) ed ecocardiogramma.

Ma quali sono le cause della fibrillazione atriale, e perché è importante curarla? Per quanto riguarda il primo quesito, relativo alle cause, esse possono essere diverse. Tra i principali fattori di rischio ci sono piccole anomalie congenite, ad esempio un accrescimento di tessuto tra i due atri o altre cardiopatie anche benigne, l’aver subito infarti del miocardio, e infiammazioni della membrana che avvolge il cuore (miocardite).

Naturalmente un fattore decisivo è costituito dall’età, perché anche il muscolo cardiaco invecchia e tende a “perdere colpi”, a maggior ragione se sottoposto a sforzi eccessivi per via di un peso superiore alla norma. Come l’obesità costituisce un pericolo per la salute del cuore, anche l’abuso di sostanze tossiche, dal fumo all’alcool passando, naturalmente, per le droghe, possono compromettere la funzionalità del muscolo principale del nostro corpo. Infine, chi soffre di malattie croniche come il diabete, di disfunzioni della tiroide (una ghiandola che tra le altre cose regola lo scambio dei minerali indispensabili per l’attività cardiaca), e di pressione alta è più a rischio di sviluppare un’aritmia cardiaca come la fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale può essere del tutto transitoria, e in questo caso non lascia strascichi, oppure permanente, ed è in questo caso che va assolutamente trattata onde evitare conseguenze serie per la salute. Infatti un’alterazione cronica del ritmo cardiaco può provocare, come conseguenza, un ristagno del sangue all’interno delle cavità del cuore, con possibile rischio di formazione di grumi, ovvero coaguli (trombi). Tali grumi, trasportati in circolo possono poi raggiungere gli organi interni, come il cervello o i polmoni, e provocare ictus ed embolie.

Ecco perché è così importante non trascurare i possibili sintomi di anomalie nel proprio ritmo cardiaco, le palpitazioni continue il senso di cuore il gola, perché potrebbero proprio essere spia di una fibrillazione atriale permanente.

Come si cura questa disfunzione? Dipende dai casi. Per alcuni soggetti la terapia d’elezione può essere quella farmacologica associata ad una modifica nel proprio stile di vita. Smettere di fumare, mangiare cibi sani che migliorino la circolazione e fare più moto possono essere delle buone abitudini per migliorare lo stato del proprio cuore, mentre la funzionalità del muscolo e l’alterazione del battito possono essere tenute sotto controllo attraverso l’assunzione di farmaci beta-bloccanti, antiaritmici e anticoagulanti (tra cui la cardioaspirina).

Un sistema  non farmacologico efficace per ripristinare la regolarità del ritmo sinusale del cuore può essere l’uso del defibrillatore, il quale, attraverso il posizionamento di due placche sul torace, invia piccole scosse elettriche che interrompono l’aritmia. Infine, in alcuni casi, può essere necessario sottoporre il paziente affetto da fibrillazione atriale cronica ad un intervento mini invasivo chiamato ablazione con radio frequenza o trans-catetere.

Si tratta di una pratica chirurgica che utilizza un catetere, dotato di 2-3 sondini sottilissimi, il quale viene introdotto nel corpo del paziente per via percutanea attraverso una vena femorale e poi fatto arrivare fino al cuore. Una volta giunto nelle cavità cardiache, dal catetere partono delle stimolazioni elettriche che hanno lo scopo di individuare l’anomalia (ad esempio il difetto congenito) e stimolare l’aritmia.
A questo punto avviene la terapia ablativa vera a propria. Il catetere diventa conduttore di energia elettrica a radiofrequenza che ne arroventa la punta, consentendo di ablare (ovvero bruciare) i tessuti del miocardio che causano l’aritmia senza, però, intaccare i tessuti sani intorno. Questa tecnica è in genere efficace e risolutiva, tuttavia, resta comunque la necessità di monitorare la funzionalità cardiaca regolarmente e assumere farmaci anticoagulanti.

 

Foto | via Pixabay.com 

Categorie correlate:

Malattie, cure, ricerca medica




A cura di Paola Perria, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo dal 2009, Master I livello in Gender Equality-Strategie per l’equità di Genere con tesi sulla medicina di genere.
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