Tubercolosi: una malattia niente affatto scomparsa

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Tubercolosi: una malattia niente affatto scomparsa

16-04-2015 - scritto da Angela Nanni

La tubercolosi è una malattia infettiva che uccide ancora. Ma se la diagnosi è precoce si può guarire bene.

Tubercolosi: se ne parla poco, è guaribile, ma va prestata sempre la massima attenzione.

La tubercolosi non è stata ancora debellata, anzi, è tuttora una delle malattie infettive più frequenti a livello mondiale, con la malaria e l'AIDS. Vi sono zone del mondo dove di questa malattia si muore ancora, e proprio per ricordare quanto è importante prevenirla e curarla, ogni anno il 24 marzo si celebra la giornata mondiale della tubercolosi, in ricordo del 24 marzo 1882 quando Robert Koch scoprì che questa malattia è veicolata dal Mycobacterium tubercolosis

 

Questo agente si trasmette per via aerea da una persona malata a chi vi è in stretto contatto, solitamente al chiuso in locali poco arieggiati. E' più raro che il contagio possa avvenire all'aperto, nel caso di incontri casuali e non prolungati. 

Di solito l’agente infettivo attecchisce più facilmente se trova un sistema immunitario particolarmente debole e si insedia di preferenza nei polmoni: qui può rimanere latente o dare vita alla malattia vera e propria e, in questo caso, se il paziente non viene adeguatamente curato, può essere contagioso, poiché starnutendo o tossendo può riversare i propri Mycobacteri nell’ambiente circostante.

 

Si parla di malattia vera e propria nel momento in cui i bacilli si moltiplicano nei polmoni. La buona notizia, comunque, è che non tutti coloro che si infettano sviluppano la malattia; anzi, il 90% degli infettati rimangono sani e non possono trasmettere agli altri la malattia. Solo il 10% degli infettati si ammala di tubercolosi, e questi pazienti e i loro familiari devono prestare particolare attenzione al trattamento e alle possibilità di contagio. La tubercolosi è realmente contagiosa quando è in uno stadio avanzato, cioè quando il paziente tossendo o starnutendo diffonde i bacilli che si sono insediati nei suoi polmoni. Il contagio viene dimostrato dalla positività al test cutaneo alla tubercolina (ed eventuale intradermoreazione secondo Mantoux, che rimane il test di riferimento secondo il Ministero della Salute).

 

L’Italia è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un Paese a bassa endemia per la tubercolosi (si stimano meno di 10 casi ogni 100.000 abitanti): la malattia, tuttavia, colpisce categorie di persone particolarmente vulnerabili come:

  • ragazzi di età compresa fra i 25 e i 34 anni immigrati da aree ad alta endemia di tubercolosi
  • persone di nazionalità italiana con età superiore ai 65 anni che hanno contratto l’infezione in passato, l'hanno conservata in maniera latente e la manifestano quando, a causa dell’avanzare dell’età, il loro sistema immunitario si dimostra particolarmente debole

 

Sono inoltre particolarmente esposti al rischio tubercolosi:

  • detenuti in carcere, sia a causa del sovraffollamento sia perché queste persone appartengono spesso a gruppi a rischio, come ad esempio immigrati, tossicodipendenti, affetti da HIV
  • tutti gli operatori sanitari a causa del lavoro che svolgono

 

La tubercolosi, almeno inizialmente, può manifestarsi in maniera subdola e con sintomi molto aspecifici come tosse, dolore durante la respirazione, stanchezza, spossatezza, febbre, perdita di peso. Sintomi insomma paragonabili a quelli di un'influenza. La malattia poi può evolvere in settimane, o addirittura mesi. La massima virulenza viene raggiunta dopo alcuni anni! Di solito il paziente si allarma realmente quando l’espettorato è striato di sangue.

 

Per la diagnosi di tubercolosi polmonare, saranno le radiografie e gli esami di laboratorio a fare chiarezza; per esami di laboratorio si intendono, ad esempio, esami microscopici del catarro o dell'espettorato per verificare la presenza e la crescita di bacilli al loro interno.

 

Il trattamento della tubercolosi è di tipo farmacologico, a base di antibiotici che agiscono sui germi patogeni, ed è ancora molto lungo. Ma i sei mesi che mediamente occorrono oggi per debellare anche i bacilli più resistenti ed evitare ricadute non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai due anni che si impiegavano negli anni '50... Gli antibiotici vanno assunti per tutto il periodo in maniera molto precisa, senza interruzioni e nelle esatte quantità prescritte dal medico. Commettere degli errori nella terapia potrebbe aumentare il rischio che si sviluppino dei ceppi batterici resistenti all'antibiotico, e quindi vanificare la cura e compromettere la salute del paziente. In Italia i ceppi resistenti sono il 3% del totale dei casi.

 

I pazienti con patologia effettivamente contagiosa (per la presenza dei bacilli nell’espettorato) vengono, di solito, isolati in ospedale fino a quando l’espettorato non contiene più germi. Mediamente si tratta di due o tre settimane di ricovero, trascorse le quali, se le condizioni generali del paziente lo permettono, è possibile il ritorno a casa. Quando il paziente torna a casa significa che non è più contagioso, ma deve comunque assolutamente proseguire con la terapia.

Dopo alcune settimane di trattamento farmacologico i pazienti possono tornare al lavoro o comunque a svolgere le loro normali attività quotidiane.

 

La "vecchia" vaccinazione contro la tubercolosi (BCG o Bacillo di Calmette-Guérin, che è sempre la stessa da quasi 100 anni, perchè tuttora la più efficace) oggi non viene più praticata, se non ai bambini che si trasferiscono in Paesi a rischio o che provengono da famiglie in cui vi sono particolari condizioni di rischio, mentre per quanto riguarda gli adulti le linee guida ne hanno da tempo messo in discussione l’efficacia ed evidenziato il cattivo rapporto costo/beneficio (fonte: Ministero della Salute). Diciamo che, oggi, il vaccino resta uno strumento utile ma non prioritario e che la prevenzione, che comunque resta l'arma più efficace contro la diffusione della malattia, dovrebbe venir fatta preferibilmente con iniziative volte a migliorare la qualità della vità delle fasce sociali più disagiate.



A cura di Angela Nanni, Farmacista iscritta all'Albo dal 2005 e Redattore medico scientifico freelance.
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ATTENZIONE: le informazioni che ti propongo nei miei articoli, seppur visionate dal team di medici e giornalisti di ForumSalute, sono generali e come tali vanno considerate, non possono essere utilizzate a fini diagnostici o terapeutici. Il medico deve rimanere sempre la tua figura di riferimento.



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