Aiuto! Mio figlio soffre di enuresi…

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Aiuto! Mio figlio soffre di enuresi…

21-05-2013 - scritto da enuresi

Il controllo diurno dello stimolo “a fare pipì”

L’associazione tra stimolo a urinare, avvertire le figure adulte della presenza di tale stimolo, trattenere lo stimolo sino al momento in cui ci si siede sul vasino

Aiuto! Mio figlio soffre di enuresi… I genitori, quando i loro figli si avvicinano a quell’età in cui si pensa potrebbero fare a meno del pannolino -magari non del tutto, solo di giorno, per alcune ore– cominciano a spiegare ai bambini che, quando si avverte lo stimolo a fare pipì, devono dirlo alla mamma o al papà o ad altre figure adulte di accudimento (nonni, maestra, baby sitter). In questo modo saranno aiutati ad andare in bagno e a sedersi sul vasino o sul water per fare la pipì senza bagnare il pannolino o le mutandine.

L’ associazione tra stimolo a urinare, avvertire le figure adulte della presenza di tale stimolo, trattenere lo stimolo sino al momento in cui ci si siede sul vasino, non avviene in modo automatico: il bambino apprende, in un certo lasso di tempo, tale sequenza e ciò richiede una certa maturità del sistema nervoso centrale.

All’inizio il bambino comincerà a dire che deve fare la pipì ma non è detto riesca a trattenere lo stimolo e, magari, si bagnerà. Successivamente potrebbe riuscire a dire che sente lo stimolo e, per trattenerlo, potrà saltellare, accucciarsi, al fine di evitare o ritardare la minzione (termine tecnico corrispondente al “fare la pipì”). Potrà accadere che il bambino, preso dal gioco o da un qualche altro suo interesse, pur avendo iniziato a controllare la minzione, si bagni un poco o del tutto.

Tutto il periodo nel quale si apprende a controllare lo stimolo della minzione è fatto di passi avanti e apparenti “fermate”, che si verificano quando il bambino non riesce ad esprimere il comportamento recentemente acquisito. E’ molto importante che, in questi casi, i genitori e le altre figure di accudimento non rimproverino il bambino quando si bagna.

Il controllo notturno della minzione
Quando i bambini riescono a controllare la minzione di giorno, i genitori iniziano a spiegare che, anche durante la notte, se il bambino sente lo stimolo a “fare pipì”, deve chiamare la mamma o il papà per andare in bagno. Questo tipo di richiesta si accompagna, in genere, all’instaurarsi dell’abitudine di condurre in bagno il bambino prima di andare a letto, in modo che si predisponga al sonno con la vescica vuota.

L’apprendimento del controllo notturno dello stimolo a “fare pipì” è, in genere, più complicato di quello diurno: richiede che il bambino avverta lo stimolo durante la notte, si svegli, chiami i genitori, trattenga la pipì, vada in bagno.

Quello che viene spesso erroneamente ritenuto un atto semplice e quasi automatico è, in realtà, un’ articolata sequenza di azioni. Il bambino riesce a controllare la minzione quando apprendere un comportamento complesso che presuppone una certa maturità neurologica.

E’ normale che, prima di arrivare a controllare completamente la minzione notturna, il bambino bagnerà ancora il letto: potrebbero essere singoli episodi, dapprima più frequenti e poi sempre meno. Se il bambino si bagnerà durante la notte i genitori dovranno rassicurarlo, per non fargli elaborare tale esperienza come un insuccesso.

Quando qualcosa non va…
Il controllo della minzione richiede che il sistema nervoso centrale del bambino sia adeguatamente sviluppato e ciò si verifica intorno ai tre anni. E’ considerato normale che al controllo della minzione si arrivi intorno ai 4-5 anni e si raggiunga prima di giorno che di notte.

Un bambino di cinque anni (se femmina) o di sei anni (se maschio) dovrebbe riuscire a controllare la minzione notturna.

Se ciò non accade il bambino potrebbe soffrire di enuresi notturna. E’ essenziale parlare della questione con il pediatra, possibilmente anche prima dell’età critica corrispondente ai 5-6 anni, facendosi consigliare dal medico.

L’enuresi, infatti, è un disturbo che non deve essere sottovalutato e che ha delle basi organiche: dipende, dal limitato rilascio notturno da parte dell’ipotalamo di un ormone (vasopressina), responsabile della quantità di urina prodotta durante la notte. Tale causa è spesso associata anche ad una limitata dimensione della vescica del bambino (in genere più piccola rispetto a quella dei coetanei) e ad una certa difficoltà a svegliarsi durante il sonno pur in presenza di uno stimolo significativo.

I bambini che soffrono di enuresi vanno sostenuti psicologicamente e supportati con adeguate terapie, comportamentali ed, eventualmente, farmacologiche. Il medico, oltre ad aiutare i genitori nell’ adozione delle terapie più appropriate, può consigliarli anche su come affrontare gli aspetti pratici collegati all’enuresi notturna.

In effetti i genitori di bambini che soffrono di enuresi possono essere disorientati, spaventati e non sapere bene cosa fare nell’ ordinaria quotidianità: mettere o meno il pannolino la notte, svegliare il bambino ad una certa ora mentre dorme, non fargli bere acqua prima di andare a letto, non fare nulla, ignorare il problema, insistere, premiare il bambino quando si sveglia asciutto…

I genitori, inoltre, si preoccupano perché sanno o intuiscono che il mancato controllo notturno della minzione può provocare una serie di limitazioni nella sfera sociale del proprio figlio (difficilmente un bambino con enuresi, infatti, andrà “a dormire” a casa di un compagno di scuola o ospiterà un compagno a casa propria, parteciperà ad una gita scolastica che preveda pernottamenti e simili), può essere vissuta dal bambino come un insuccesso ed influenzare, a lungo termine, il suo livello di autostima personale.

Per queste ragioni è essenziale che i genitori intervengano sollecitamente nei casi in cui sospettano che “qualcosa non vada per il verso giusto”, parlando del problema con il medico, specialista in grado di fornire un aiuto concreto sia a loro sia al bambino.

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Redazione Network for Health

ATTENZIONE: le informazioni che ti proponiamo, seppur visionate dal team di medici e giornalisti di ForumSalute, sono generali e come tali vanno considerate, non possono essere utilizzate a fini diagnostici o terapeutici. Il medico deve rimanere sempre la tua figura di riferimento.



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