CEFALEA OFTALMICA

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CEFALEA OFTALMICA

23-08-2011 - scritto da siravoduilio

La cefalea oftalmica e i suoi sintomi

La cefalea oftalmica con o senza aura ha dei sintomi che sono comunque patognomonici:







1)scotoma scintillante o teicopsia,ovvero un puntino luminoso che fa zig-zag dal centro alla periferia(o viceversa) e poi scompare.


2)prima,durante o dopo può esserci la cefalea(anche se esiste una cefalea oftalmica sine cefalea!).
Nei casi reiterati consiglio un farmaco ,che ha il destino nel nome,che è un'associazione tra caffeina ed ergotamina.

È un disturbo caratterizzato da forte mal di testa. Può essere preceduto da una fase chiamata 'aura' (emicrania con aura tipica) caratterizzata dalla presenza di disturbi visivi, ossia scotomi scintillanti (visione di flash e lampi di luce) e/o neurologici (disturbi della forza muscolare, della sensibilità e del linguaggio) per una durata media che va dai 5 ai 20 minuti (comunque, generalmente non più di 60 minuti). Vi sono forme di emicrania in cui la sintomatologia che si ha durante l’aura non è seguita dal mal di testa (aura emicranica non seguita da cefalea).

Gli attacchi emicranici sono spesso innescati da fattori e situazioni ricorrenti. Il primo approccio terapeutico consiste, quindi, nell’indirizzare il soggetto verso norme igieniche di vita e nell’invitarlo ad evitare comportamenti che possano scatenare la crisi. Inoltre, possono essere prescritti farmaci analgesici, antiemetici (contro la nausea), i derivati dell’ergot(Si tratta di agonisti dopaminergici: sono un gruppo di farmaci che comprendono bromocriptina, cabergolina, didroergocriptina, lisuride e pergolide. Sono farmaci autorizzati da lungo tempo che vengono principalmente utilizzati per curare una serie di malattie neurologiche.) e sostanze che inibiscono parzialmente la trasmissione tra neuroni (agonisti selettivi dei recettori serotoninergici 5-HT1).
Emicrania:
tipica dell'adulto anche se è possibile l'insorgenza anche in età pediatrica.

Attacco acuto diviso in 4 fasi:

1 prodromica (senso di leggerezza, torpore, irritabilità, introversione, o spiccato desiderio di particolari alimenti (dolci), così come una sensazione di noia associata a frequenti sbadigli e difficoltà ad esprimersi verbalmente.

2 dell'aura (insorgenza acuta con forte stress per il paziente) : fotopsia o sensazione di lampi, di visione confusa; possono essere riferiti anche bagliori attorno ad una zona in cui non si riesce a vedere nulla (scotoma scintillante). Vi può essere anche parestesie alle mani (sensazione di spilli + perdita della sensibilità), difficoltà a parlare (disfasia). fase 1 - fase 2 ( max 60 minuti). Durata da 5 a 60 minuti.

3 (cefalea) : sintomo cardine e maggiormete debilitante, localizzata ad un lato della testa (possibile forma bilaterale) con carattere pulsante e severo. Si associa a fotofobia, nausea, vomito e fonofobia (intolleranza ai rumori). Esacerbata dai movimenti fisici.

4 remissione: cessata la fase acuta, resta un senso di intorpidimento, svuotamento, di estrema prostrazione fisica e mentale con mialgia ed astenia (alcuni possono manifestare euforia).




Rimedi non farmacologici che si suddividono in:
a) abitudini di vita da correggere
b) alimenti da evitare
c) alimenti da assumere
d) integratori alimentari.

Abitudini di vita da correggere:

Il fumo di sigaretta, gli ambienti fumosi, il consumo di alcolici (in particolare alcuni vini rossi e i superalcolici), possono facilitare l’insorgenza di attacchi emicranici, pertanto vanno assolutamente evitati.
Altre situazioni che vanno evitate in quanto possono agire come trigger per l’attacco emicranico sono: luoghi scarsamente areati, cattiva luminosità ambientale, caldo eccessivo, rumori intensi, lo stress e il rilassamento dopo stress (cefalea del week end), la carenza di sonno.

Alimenti da evitare:
Le molecole, presenti in molti cibi, che possono scatenare un attacco emicranico sono: il glutammato monosodico, i nitriti, la tiramina, la feniletilamina, l’aspartame e il lattosio.
Quindi, sono da evitare soprattutto formaggi stagionati, latticini, cioccolato, frutta secca, minestre di dado, cibo cinese e uova.

Inoltre: agrumi, crostacei, frutti di mare, pesce, insaccati, carne in scatola, derivati del frumento (pane, pasta, ecc.) pomodori, cipolle, aglio, mais, mele, banane, latte.
Attenzione va fatta anche ai dolcificanti dietetici e alle cosiddette bevande “light”)
Va precisato che la reattività ai vari alimenti è individuale: ciascun paziente dovrebbe riconoscere ed eliminare dalla dieta gli alimenti capaci di scatenare le crisi emicaniche. Ovviamente, non è materialmente possibile, e nemmeno consigliabile, escludere tutti i cibi a rischio dalla dieta, mentre si consiglia di identificare l’alimento/i scatenante ed eliminarlo dalla dieta o, quantomeno, ridurne sensibilmente la quantità. Un criterio utile per valutare la propria tolleranza al singolo alimento è quello di verificare l’eventuale insorgenza di mal di testa a distanza di 3-6 ore dalla sua ingestione, iniziando a introdurre, in una dieta fatta esclusivamente di alimenti sicuri, un alimento alla volta, partendo da quelli a maggior rischio.

Un consumo moderato di caffè o di bevande contenenti caffeina (per es. coca-cola) riducono la frequenza e l’intensità delle crisi emicraniche. [/I]Attenzione però all’effetto rebound attribuito ad un eccesso di assunzione di caffeina.

I seguenti cibi sono considerati sicuri e vanno consumati preferenzialmente, in sostituzione degli alimenti da evitare: riso integrale, verdure cotte (escluso pomodori), frutta cotta o cruda (escluso agrumi, mele e banane)

Integratori alimentari
Esistono in commercio differenti integratori alimentari indicati per aiutare a prevenire gli attacchi emicranici. La letteratura suggerisce in particolare l’assunzione di estratti di Ginkgo Biloba, di cui esistono moltissimi preparati reperibili in farmacia. La quantità suggerita è di 100-200 mg di estratto standardizzato al giorno. Può essere utile associarli a vitamina B2 e coenzima Q10 [D'Andrea G,et al., Neurol Sci. 2009;30 Suppl 1:S121-4].


Personalmente, sconsiglio il fai da tè con infusi artigianali come quelli ottenuti con foglie di partenio o polvere di zenzero per esempio, di cui non si conosce l’esatta composizione e la presenza di impurità potenzialmente dannose per il paziente affetto da emicrania.
Almeno un quarto dei soggetti affetti da emicranie ricorrenti trova giovamento da queste semplici norme dietetico-comportamentali. Sono indicazioni che, comunque, tutti i soggetti affetti da cefalea/emicranica dovrebbero seguire, ricordando che i rimedi non-farmacologici non sono intesi a sostituire i farmaci. La finalità è, invece, quella di rendere più efficaci i trattamenti farmacologici volti a prevenire gli attacchi e di limitare il ricorso ai trattamenti specifici con triptani, che, seppur generalmente tollerati, possono ugualmente indurre reazioni avverse anche gravi.

I triptani sono sostanze serotoninergiche che agiscono preferenzialmente sui recettori 5-HT1D (ma non selettivamente, infatti possiedono, a secondo della molecola, effetti agonisti anche sui recettori 5-HT1B, 5-HT1A e 5-HT2A).
Il trattamento sintomatico: si deve ricorrere a farmaci a rapida azione, efficaci sul sintomo principale (dolore), di semplice impiego, con buona tollerabilità.
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L’impiego degli alcaloidi dell’ergot (ergotamina, diidroergotamina) è ormai in abbandono.

Il trattamento preventivo: è consigliato quando il paziente accusa più di due crisi emicraniche al mese, parzialmente o totalmente disabilitanti, della durata complessiva di almeno quattro giorni. Il trattamento preventivo va effettuato a cicli di 3-4 mesi con intervalli di almeno un mese, tra un ciclo e l’altro, dovrebbe essere limitato ad un solo farmaco, lasciando al neurologo la possibilità di ricorrere all’associazione di farmaci diversi.

Il compito di gestire i farmaci meno maneggevoli e più gravati di effetti collaterali (antidepressivi triciclici, ergot-derivati, anticomiziali che agiscono sulla trasmissione GABA-ergica, quali acido valproico, gabapentin, topiramato) dovrebbe essere demandato al neurologo




La terapia chirurgica possibile dell'emicrania cronica









http://www.forumsalute.it/community/forum_93_articoli/thrd_161334_neuroftalmologia_1.html


A chi non è più giovanissimo parlare di terapia chirurgica dell’emicrania fa venire in mente un fantasioso (e demolitivo) intervento chirurgico inventato da un otorinolaringoiatra piacentino: l’etmoidosfenoidectomia microvascolare decompressiva. Nonostante lo scarso razionale scientifico, l’intervento fu eseguito per molti anni e la sala d’attesa del medico che lo effettuava era sempre piena. Questo precedente dovrebbe costituire un formidabile caveat nei confronti di procedure invasive dotate di uno straordinario effetto placebo in una patologia (l’emicrania) in cui anche le terapie mediche possiedono uno straordinario effetto placebo, intorno al 40%. Eppure…, eppure questa volta oltre all’effetto placebo ci potrebbe essere della sostanza. Parliamo del posizionamento di neurostimolatori dei nervi occipitali, una tecnica messa a punto negli ultimi anni per il trattamento di alcune cefalee croniche, tra cui l’emicrania cronica, la cefalea a grappolo cronica e l’emicrania continua.La stimolazione dei nervi occipitali (SNO) ha un plausibile background scientifico: si sa che il complesso trigeminocervicale, in cui confluiscono fibre afferenti sia trigeminali sia provenienti dal territorio posteriore del capo e dal collo, specialmente dall’area innervata da C2, gioca un ruolo nella fisiopatologia dell’emicrania cronica (1).

La mescolanza di fibre afferenti trigeminali con quelle di provenienza cervicale sottende il fenotipo clinico di diverse cefalee essenziali, tra cui l’emicrania: spesso gli emicranici lamentano dolore anche alle regioni posteriori del capo e del collo, talvolta sotto forma di tensione dei muscoli cervicali (fenomeno che probabilmente è alla base della diffusa credenza popolare che l’artrosi cervicale sia una causa frequente di cefalea). Già alcuni anni fa uno studio condotto tramite PET aveva dimostrato che la SNO è in grado di modulare l’attività neuronale in aree chiave della fisiopatologia dell’emicrania, quali il tronco del’encefalo (area dorsale rostrale) e l’ipotalamo (pulvinar) (2). Il pulvinar in particolare è un’area che si “accende” quando un dolore cronico viene alleviato (3).

Nello studio succitato (2) il pulvinar aumentava la propria attività quando la SNO era in funzione: il paziente avvertiva parestesie nell’area innervata dai nervi occipitali e contemporaneamente il dolore emicranico cessava. Sembra quindi che una sovrasaturazione di stimoli sensitivi non dolorosi sia in grado di inibire input dolorifici provenienti non solo dalle regioni posteriori del capo ma anche, a causa della convergenza delle fibre, dai territori innervati dal trigemino.Chi sono i potenziali beneficiari di questo nuovo trattamento? Limitandoci all’emicrania, sono i pazienti con emicrania cronica, una complicanza dell’emicrania che è definita, secondo l’International Classification of Headache Disorders (ICHD-II) (4), dalla presenza di almeno 15 giorni al mese di cefalea con caratteristiche emicraniche per più di 3 mesi, in assenza di uso eccessivo di sintomatici. Tale definizione è stata criticata perché ritenuta troppo restrittiva tanto che, a soli due anni di distanza dalla pubblicazione della ICHD-II, sono stati proposti nuovi criteri che consentono di includere un maggior numero di pazienti (Tabella 1).Tabella 1.

Criteri rivisti dell’International Headache Society per la diagnosi di emicrania cronica (modificata da 5).A.Cefalea (di tipo tensivo e/o emicrania) per ≥15 giorni al mese per almeno 3 mesi.B.Si manifesta in un paziente che ha avuto almeno 5 attacchi che soddisfacevano i criteri diagnostici dell’emicrania senz’aura.C.In ≥8 giorni al mese per almeno 3 mesi la cefalea ha caratteristiche emicraniche oppure risponde ai farmaci specifici antiemicranici (triptani o ergotaminici) prima di poter sviluppare caratteristiche emicraniche.Quanto è diffusa l’emicrania cronica? Le stime variano tra l’1% e il 3% della popolazione (6), una prevalenza molto inferiore rispetto all’emicrania episodica (che nei Paesi occidentali colpisce il 12% circa della popolazione), ma superiore a quella di comuni disturbi neurologici come l’epilessia. In base a questo range di prevalenza, in Italia sarebbero affetti da emicrania cronica da 600.000 a 1.800.000 individui. Non tutti i pazienti affetti da emicrania cronica, ovviamente, sono resistenti alle terapie farmacologiche e quindi potenziali candidati ad un trattamento chirurgico. E’ molto difficile stimare quanti siano i pazienti con un’emicrania refrattaria ai comuni rimedi e solo recentemente è stato fatto un serio tentativo di formalizzare i criteri per coniare una definizione operativa di emicrania refrattaria ai trattamenti (Tabella 2).

Tabella 2. Criteri per la definizione di emicrania refrattaria ai trattamenti dell’American Headache Society (modificata da 7).Cefalee (emicrania o emicrania cronica) che causano una significativa interferenza con le funzioni o con la qualità di vita nonostante la modifica dei fattori scatenanti, dello stile di vita e trial adeguati di farmaci per gli attacchi e di profilassi di provata efficacia:1.Tentativi terapeutici falliti con farmaci preventivi, da soli o in combinazione, appartenenti ad almeno due delle seguenti classi:a.Beta-bloccantib.Antiepiletticic.Antidepressivi triciclicid.Calcio-antagonisti2.Tentativi terapeutici falliti con farmaci sintomatici appartenenti alle seguenti classi, se non controindicati:a.Sia un triptano che diidroergotamina intranasale o iniettabile;b.FANS oppure analgesici di combinazione;Se la prevalenza dell’emicrania refrattaria nella popolazione generale è ignota, recentemente è stato fatto qualche tentativo di stima in ambito specialistico. In una casistica di 370 pazienti afferiti consecutivamente ad un Centro Cefalee in Spagna, l’emicrania refrattaria, definita secondo i criteri della Tabella 2, rappresentava il 5% dei casi ( Anche se si tratta di una popolazione numericamente ridotta, sono pazienti per iquali ogni sforzo terapeutico è giustificato: stiamo parlando di persone veramente sofferenti, con una qualità di vita inferiore a quella rilevata in patologie ben più “blasonate”, che non di rado hanno dovuto rinunciare al lavoro e ad una normale vita di relazione a causa della cefalea. In questo ristretto ambito, anche le terapie chirurgiche hanno il loro spazio.

Tra di esse, la più promettente è senz’altro la SNO. Essa consiste nel posizionamento di due elettrodi superficialmente alla fascia e allo strato muscolare a livello di C1, in prossimità delle fibre nervose di C2 e C3, che decorrono nei nervi grande e piccolo occipitale (Fig. 1). L’intervento viene condotto in anestesia leggera, in modo da poter facilmente risvegliare il paziente la cui collaborazione è essenziale per verificare il corretto posizionamento degli elettrodi. Se la posizione è corretta, infatti, il paziente avverte un formicolio alla nuca ipsilateralmente all’elettrodo. In genere si effettua un periodo di prova, per verificare l’efficacia dell’apparecchio, quindi, se il paziente ne ha tratto beneficio, si impianta il neurostimolatore in una tasca sottocutanea addominale. Il paziente ha la possibilità di accendere e spegnere l’apparecchio e di variarne la potenza tramite un telecomando.

Fig. 1. Stimolatori dei nervi occipitali correttamente posizionati attorno ai nervi occipitali.
Recentemente sono stati condotti due studi, con due diversi modelli di stimolatore, che hanno entrambi fornito buoni risultati. Nello studio ONSTIM (9) sono stati valutati 66 soggetti affetti da emicrania cronica intrattabile, randomizzati in tre gruppi: pazienti con SNO, pazienti con stimolazione sham (impianto degli elettrodi, che venivano tuttavia accesi solo un minuto al giorno) e terapia medica. Il 39% dei pazienti con SNO contro il 6% di quelli con stimolazione sham e lo 0% di coloro che avevano effettuato un trattamento medico sono risultati responders alla terapia (vale a dire hanno sperimentato una riduzione ≥50% dei giorni mensili con cefalea oppure una riduzione ≥3 punti dell’intensità media del dolore misurata su una scala 0-10 rispetto al periodo basale). In un altro studio effettuato su una casistica più ampia (153 soggetti) (10), la SNO ha significativamente migliorato, rispetto al gruppo di controllo (in cui in cieco veniva impiantato ma non attivato lo stimolatore) sia il numero di giorni con cefalea che la disabilità correlata all'emicrania che la qualità di vita (67% contro il 17% nei controlli) a 12 settimane. In entrambi gli studi gli eventi avversi seri sono stati rari; l'evento avverso più frequente è stata la migrazione degli elettrodi, seguita da rottura degli elettrodi e infezioni locali.In conclusione, benché siano necessari ulteriori studi, la SNO si prospetta già come una realtà interessante, in grado di fornire risposte ad una parte almeno di quel gruppo disfortunati pazienti affetti da emicrania cronica intrattabile che si trascinano da un neurologo all'altro, da un omeopata a un osteopata, da un agopuntore a un chiropratico senza trovare sollievo al loro dolore quotidiano.


__________________

Un caro saluto
Prof.Duilio Siravo
siravo@supereva.it
http://drsiravoduilio.beepworld.it
Cell.:3385710585
PROF.DOTT. DUILIO SIRAVO
http://drsiravoduilio.beepworld.it



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