I cibi no per il fegato e il fegato grasso

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I cibi no per il fegato e il fegato grasso

11-12-2018 - scritto da Paola Perria

I cibi che possono minacciare la salute del fegato e peggiorare una condizione di fegato grasso.

Dieta per il fegato grasso e alimenti da mangiare con moderazione.

 

E’ vero che il fegato non ha “cibi amici”, cioè in sé totalmente benefici indipendentemente dalle quantità, così come “cibi nemici”, ossia tossici o nocivi anche se consumati in piccolissime quantità una volta ogni tanto. Ma è certo che esistono cibi pericolosi per accumulo, quando cioè diventino la base dell’alimentazione quotidiana.

 

LA STEATOSI EPATICA: QUANDO IL FEGATO "INGRASSA"

Anche definita fegato grasso, la steatosi epatica è una condizione molto più diffusa di quanto non si pensi, e potenzialmente pericolosa per la salute del fegato. Ci riferiamo qui alla steatosi epatica non alcolica, quindi non associata ad alcolismo, ma piuttosto definibile come condizione derivante da una predisposizione genetica combinata con cattive abitudini alimentari. In cosa consiste? In un accumulo di grassi, in particolare trigliceridi, nelle cellule epatiche, che non sono più in grado di smaltire questi eccessi.

 

La conseguenza è una tendenza all’infiammazione che alla lunga può condurre a fibrosi, ovvero la progressiva sostituzione delle cellule sane con tessuto cicatriziale, che non è più in grado di svolgere il lavoro per cui l’organo è preposto.

 

La steatosi epatica non si verifica solo nelle persone in sovrappeso, con l’addome dilatato e pannicoli adiposi ben evidenti, ma anche in chi è all’apparenza normopeso. Sembra che persino i bambini ne siano colpiti, e nel loro caso non basta certo l’eccesso di merendine a giustificare tale anomalia.

 

Evidentemente si tratta di una tendenza generale – un italiano su tre in età matura ne è afflitto, senza saperlo - dovuta a una dieta troppo sbilanciata a favore di carboidrati e grassi, associata ad uno stile di vita sedentario: l’inattività è infatti deleteria per la salute generale e per il metabolismo almeno quanto lo sono troppi panini imbottiti e patatine fritte.

 

Il mix micidiale apre dunque le porte alla steatosi, che proprio in quanto asintomatica per anni, rappresenta un fattore di rischio insidioso.

 

 

LA DIETA PER IL FEGATO GRASSO

Cosa possiamo fare per aiutare il fegato a rigenerarsi, come del resto è biologicamente programmato per fare? Le regole d’oro alimentari sono, in effetti, semplici scelte di buon senso:

  • Pochi grassi, meglio se “buoni” come l’olio extravergine d’oliva, gli omega 3 del pesce e la frutta secca.
  • Tante fibre, minerali e vitamine con effetto antiossidante ed epatostimolante contenute in frutta e verdura di stagione.
  • Ogni tanto una bella “smossa” al metabolismo epatico con una dieta detox a base di erbe e ortaggi amari.
  • Al bando il cibo spazzatura. Questa è una nota dolente quando si ha a che fare con bambini e adolescenti, che spesso si nutrono SOLO di junk food, ma è assolutamente necessario educarli, con pazienza e tenacia, alla cultura del cibo sano.
  • Semaforo giallo/rosso per gli alcolici.
  • Il fritto non più di una volta a settimana.
  • Riduzione drastica del consumo di zuccheri aggiunti.
  • Praticare regolarmente attività fisica. Non ci sono scuse: per un fegato sano c’è bisogno di un corpo sano, e un corpo sano è un corpo allenato.

 

I CIBI CHE FANNO MALE AL FEGATO, DA MANGIARE CON MOLTA PRUDENZA

Junk food. Praticamente tutto il cibo che viene incluso nella definizione di cibo spazzatura lo è perché ricco di quelle sostanze che il fegato fa una gran fatica a metabolizzare: grassi saturi, conservanti, sale e zuccheri aggiunti. Il termine cibo spazzatura comprende, quindi: panini imbottiti con carne e affettati, patatine fritte e prefritte, specie se in busta, merendine industriali e snack salati, pizzette e via discorrendo. Un mangiare “veloce” che però rallenta e intasa il fegato.

 

Alcol. Le bevande alcoliche, e in particolare i superalcolici, sono estremamente dannose per il fegato quando consumate regolarmente in dosi consistenti. La molecola dell’alcol è infatti molto piccola, e riesce a penetrare all’interno delle cellule epatiche portandole lentamente a distruzione. Bere con moderazione è quindi il modo giusto di relazionarsi agli alcolici come il vino, ad esempio, mentre i superalcolici dovrebbero proprio essere banditi.

 

Zuccheri. Abbiamo visto come tra i cibi spazzatura ci siano anche i dolci confezionati. Ma attenzione: dannosi per il fegato sono in generale tutti gli zuccheri raffinati, anche se genuini (nel senso di fatti in casa), quando consumati in eccesso. Nessun problema per un gelato o una fetta di torta di mele ogni tanto, ma quando la quantità totale di zuccheri in un giorno è superiore al 10% dell’apporto energetico totale indicato dall’OMS come valore soglia da non oltrepassare, alla lunga possono essere guai: non solo rischiamo di ingrassare, ma possiamo compromettere la salute di fegato e pancreas, esponendoci alla possibilità di ammalarci di diabete. Il discorso vale anche per i bambini, a maggior ragione se sedentari. Il consiglio dei nutrizionisti è di privilegiare il dolce naturale dei cibi (come quello della frutta e degli amidi contenuti nei legumi, nelle patate, nelle castagne ecc.) e ridurre le aggiunte e tutti gli alimenti addizionati di zucchero tra cui bibite, dolci, gelati, biscotti e cereali zuccherati.

 

Sale. Un eccesso di sodio nel piatto ha un effetto infiammatorio sul fegato danneggiando le cellule. Quindi, meglio salare poco le pietanze e soprattutto limitare a rare occasioni il consumo di cibi industriali e salumi, insaccati, pizza e altri alimenti in genere molto sapidi, preferendo l’uso delle spezie per insaporire, tra cui cumino, curcuma e cannella, che oltre a conferire un gusto deciso alle ricette sono anche benefiche per la salute epatica.

 

 

FRITTI SI' O FRITTI NO?

"Fritta è buona anche la suola di una scarpa", recita un vecchio adagio a proposito di una delle modalità di cottura più apprezzate da grandi e piccini. Certo il fritto fa gola, è una leccornia, appaga come poche altre cose al mondo. Le patatine fritte, le verdure impastellate e fritte, le frittelle di mele, il carciofo fritto alla giudìa della tradizione gastronomica romanesca, le zeppole dolci e salate, il fritto piemontese, i calamari passati nella semola e fritti… insomma, non c’è regione d’Italia che non colga alimento e occasione per scaldare l’olio in una bella padella e dare il via alle polveri. Esiste, però, un grosso pregiudizio a proposito di questo metodo di cottura, che un po’ ci guasta la festa: che il fritto faccia male al fegato.

 

Sarà vero? In parte sì, ma solo in parte. Di recente due studi hanno riabilitato il fritto, assicurando che consumarlo una o due volte a settimana può fare bene alla salute anche in soggetti obesi o con un metabolismo rallentato. Perché? Sembra, infatti, che proprio il cibo fritto stimoli il fegato a produrre bile e accelerare il processo di demolizione dei grassi. Stupiti? Diciamo che vale un po’ il discorso dei muscoli: se non introduciamo nel nostro allenamento quotidiano qualche esercizio un po’ diverso dal solito, che magari implichi un grado di difficoltà superiore, tendiamo a “sederci” e a ricavare minori benefici dalla ginnastica. Ecco, in un corpo sano è necessario ogni tanto stimolare gli organi della digestione con cibi che li costringano a lavorare di più, come appunto i fritti.

 

Entrambi gli studi, però, pongono l’accento sia sulle modalità, intendendosi il tipo di grasso scelto per friggere, che sulla frequenza del consumo.

 

Consumare alimenti fritti ogni giorno, soprattutto se si tratta di un fritto scadente, è più che sconsigliato. Ma se una volta alla settimana programmiamo un fritto sano, scegliendo alimenti freschi e di ottima qualità come gli ortaggi mediterranei, friggendo in un olio vegetale che abbia un punto di fumo elevato, in particolare l’olio extravergine d’oliva, ci saremo tolti uno sfizio e avremo appagato il palato, senza compromettere la salute del fegato.

 

La temperatura ottimale per immergere gli alimenti nell’olio è di 180° C per preservarne una buona parte dei principi nutritivi. Altro suggerimento utile è cuocere piccole quantità di volta in volta e scolare bene affinché l’alimento non si impregni di unto e rimanga asciutto e croccante.

 

A questo punto abbiamo già tutti l’acquolina in bocca ma… attenzione! Le ricerche parlano di un fritto fatto in casa, come facevano le nostre nonne, con ortaggi o tuberi freschi di orto e olio extravergine di ottima qualità. Il che elimina, e non poteva essere altrimenti, il cibo spazzatura e i fritti industriali, ma anche il fritto nel burro e in oli vegetali di altra origine. E naturalmente vanno fatte salve le indicazioni di cui sopra: niente o pochissimo sale aggiunto, e occhio alle quantità.

 

Alcune fonti utilizzate:

https://www.doveecomemicuro.it/notizie/aggiornamenti/fibrosi-epatica 

https://www.humanitas.it/malattie/steatosi 

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/steatosi-epatica-e-la-quantita-di-cibo-fare-la-differenza

https://www.educazionenutrizionale.granapadano.it/it/area-medici/articoli-di-aggiornamento-scientifico-sullalimentazione/target-pediatrico/le-nuove-linee-guida-delloms-per-lo-zucchero/

https://www.liversupport.com/four-spices-that-aid-weight-loss-and-liver-health/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21142948

https://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2016/01/22/news/fritto_fa_bene_alla_salute_olio_extravergine_prevenzione_malattie-131818387/



A cura di Paola Perria, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo dal 2009, Master I livello in Gender Equality-Strategie per l’equità di Genere con tesi sulla medicina di genere.
Profilo Linkedin di Paola Perria
 

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