I test per l'intolleranza alimentare
Orientarsi tra i vari test per allergie e intolleranze alimentari non è semplice. A rimetterci sono spesso le persone che soffrono di questi problemi.
Scopri i test diagnostici per le intolleranze alimentari.
Quando si parla di intolleranze alimentari e di test per diagnosticarle, si rischia sempre di fare confusione. Quello delle reazioni avverse agli alimenti è, infatti, un capitolo della medicina piuttosto spinoso a causa delle difficoltà che si incontrano per definire e distinguere questi disturbi dalle allergie alimentari.
Difficoltà che si presentano anche durante la scelta del test da eseguire per capire se siamo di fronte ad un’allergia o ad un’intolleranza alimentare. Di quanti e quali test per le intolleranze alimentari e le allergie dispone, oggi, il medico per effettuare una diagnosi?
I TEST PER LE ALLERGIE ALIMENTARI
Le allergie alimentari sono accompagnate dalla produzione di molecole particolari, le immunoglobuline E o IgE, che riconoscono e “attaccano” l’alimento specifico contro cui vengono prodotte. La reazione allergica si manifesta dopo pochi secondi o minuti con forte gonfiore, respiro difficoltoso, eruzione cutanea, prurito e in casi molto violenti shock anafilattico.
La presenza di IgE può essere rilevata attraverso due esami:
- Lo skin prick test, o test cutaneo, effettuato in tutti gli ambulatori di allergologia. Sull’avambraccio del paziente vengono posizionate delle gocce, ciascuna contenente un estratto dell’allergene, e in corrispondenza di esse viene punta la pelle per permettere all’allergene di raggiungere le cellule del sistema immunitario. Se dopo circa 15 minuti compare un pomfo circondato da eritema e che provoca prurito, una reazione del tutto simile ad una puntura di zanzara, il test è considerato positivo e la sostanza contenuta nella goccia viene identificata come allergene responsabile della sintomatologia allergica;
- Un esame del sangue per ricercare le IgE specifiche per gli alimenti che danno frequenti reazioni allergiche (grano, uovo, latte, merluzzo, gambero, noce, arachide, soia) o per altri alimenti.
I TEST PER LA CELIACHIA
L’intolleranza al glutine di tipo celiaco, o celiachia, in Italia colpisce circa l’1% della popolazione e consiste in una reazione immunologica contro una proteina del grano, il glutine, che nel tempo può causare danni alla mucosa intestinale.
Per effettuare una diagnosi di celiachia esistono diversi test:
- Uno screening sierologico, solitamente il test di partenza, dove attraverso un prelievo di sangue si vanno alla ricerca di alcuni anticorpi specifici (anti-transglutaminasi e in alcuni casi anche anti-gliadina e/o anti-endomisio) prodotti dal sistema immunitario dei soggetti affetti da celiachia. Se questi anticorpi risultano presenti, è probabile che il soggetto sia effettivamente celiaco e si procede, di norma, con l’effettuare una biopsia intestinale di conferma;
- Biopsia della mucosa intestinale, un esame non doloroso ma fastidioso che tramite gastroscopia permette di valutare la presenza di alterazioni morfologiche tipiche del morbo celiaco a livello del duodeno, con il prelievo di un frammento della parete intestinale;
- Esame genetico per la ricerca di mutazione dei geni HLA DQ2 e DQ8, che predispongono alla celiachia. Questo test può identificare una predisposizione a sviluppare la celiachia, ma non tutti i soggetti predisposti poi effettivamente lo diventeranno. Al contrario, l’assenza di questa predisposizione genetica riduce drasticamente la probabilità che il soggetto sia o possa diventare celiaco con il passare degli anni.
Sia lo screening sierologico che la biopsia sono influenzati dall’assunzione di glutine e possono dare esito negativo se il soggetto ha già ridotto o eliminato il glutine dalla propria alimentazione. In tal caso, la reazione immunologica nei confronti del glutine si arresta e si possono avere dei “falsi negativi”. Il test genetico, invece, non è influenzato dalla dieta.
La celiachia non va confusa con l’ipersensibilità al glutine di tipo non celiaco, un disturbo più diffuso della celiachia e che è causata da una diversa reazione immunitaria.
I TEST PER L'INTOLLERANZA AL LATTOSIO
L’intolleranza al lattosio è piuttosto comune, anche se spesso trascurata sia dai medici che dagli organi di informazione. Mentre i neonati tollerano il lattosio, che è presente anche nel latte materno e l’eventuale intolleranza avrebbe effetti molto gravi, dai 2 anni di età in poi buona parte dei soggetti adulti perde la capacità di digerire questo zucchero.
Come viene diagnosticata l’intolleranza al lattosio? I test per le intolleranze disponibili comprendono:
- Breath test, o test del respiro, che consiste nel soffiare in una provetta dopo aver ingerito una quantità nota di lattosio sciolto in acqua. Attraverso l’analisi della composizione dell’aria espirata sia prima che dopo l’assunzione di lattosio in soluzione acquosa, è possibile capire se il lattosio è stato digerito adeguatamente oppure no. Purtroppo, il breath test è piuttosto lungo, perché il soggetto deve soffiare una prima volta prima di ingerire il lattosio e successivamente ogni 30 minuti fino a 3 ore di distanza dall’assunzione della soluzione acquosa di lattosio;
- Esame genetico, con cui si va ad effettuare lo studio della sequenza genetica del gene che codifica per l’enzima lattasi, che dovrebbe digerire il lattosio. Se questa sequenza è alterata, è molto probabile che il soggetto nel corso della propria vita possa andare incontro alla cosiddetta non-persistenza dell’enzima lattasi, in cui l’organismo riduce progressivamente la produzione di questo enzima con il risultato che il soggetto non riuscirà più a tollerare il lattosio.
QUANDO L'INTOLLERANZA PORTA ALL'ESCLUSIONE
Purtroppo, sono disponibili test attendibili e affidabili solo per un limitato numero di intolleranze alimentari. Negli altri casi, si rischia di effettuare test per le intolleranze alimentari senza validità scientifica, cioè non sono sostenuti da studi che dimostrano l’efficacia nel diagnosticare una particolare intolleranza.
Basarsi su questo tipo di test per cambiare la propria alimentazione o iniziare una terapia può invece essere molto rischioso e l’Accademia Europea di Allergologia ed Immunologia Clinica (EAACI) ha assunto una posizione molto dura nei loro confronti, sconsigliando il loro impiego nella pratica clinica. Meglio, quindi, formulare una diagnosi sulla base della storia clinica della persona con intolleranza alimentare, sulla una valutazione diretta delle sue condizioni fisiche.
Un esempio di intolleranza alimentare senza un test diagnostico validato è l’intolleranza ai carboidrati complessi, contenuti soprattutto nei cibi industriali e raffinati, ma anche nella frutta, nella verdura e nei legumi, il cui accumulo nell’intestino provoca fermentazione, irritazione, gas, gonfiore addominale, diarrea e costipazione.
Come identificare l’alimento contenente carboidrati complessi responsabile dell’intolleranza? In questi casi, il medico ricorre alla dieta di esclusione, dove i cibi sospetti di causare i sintomi gastrointestinali vengono esclusi temporaneamente dalla tavola. Successivamente, gli alimenti vengono reinseriti, uno alla volta e gradualmente, fino all’eventuale ricomparsa dei sintomi.
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Dr. Filippo Fassio
Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica