Il declino cognitivo nel gatto

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Il declino cognitivo nel gatto

03-09-2013 - scritto da Cinzia Iannaccio

Gatti sempre più longevi, con malattie associate alla vecchiaia

La demenza senile nel gatto, sintomi e rimedi

Il declino cognitivo nel gatto I gatti sono sempre più longevi: non pochi di loro superano anche abbondantemente i 20 anni. Come per l’essere umano, vivere più a lungo significa anche andare incontro ad un numero maggiore di patologie legate alla vecchiaia, come nel caso del declino cognitivo del gatto, che assume una sintomatologia ed un’evoluzione patologica tipica della demenza senile umana e della sua forma più diffusa: l’Alzheimer. Ma quali sono i sintomi nel gatto? Quando cominciano e cosa fare?

Si può parlare di deficit, declino o disfunzione cognitiva del micio, o anche di demenza senile ma i segni inequivocabili sono sempre gli stessi e cominciano a svilupparsi dopo i 10 anni di vita:


  • Senso di disorientamento in ambienti che dovrebbero essere noti (non di rado il gatto che esce di casa, si smarrisce, o quello in casa non trova la lettiera e fa i bisogni dove capita)

  • Perdita di interesse nel gioco

  • Sonnolenza eccessiva

  • Sballati cicli di sonno/veglia

  • Il gatto fissa lo sguardo nel vuoto per lunghi periodi

  • Inappetenza e disinteresse per cibo ed acqua

  • Bisognini fuori dalla lettiera (non solo perché non ricorda dove si trova ma anche perché perche il concetto stesso di fare i bisogni in un punto specifico)

  • Lunghi miagolii e vocalizzi, soprattutto la notte
Molti di questi sintomi possono essere riconducibili ad altre problematiche legate all’età avanzata: le urine fuori dalla lettiera ad esempio possono dipendere anche da incontinenza urinaria o dai dolori dell’artrite che non permettono al felino di entrare nella lettiera stessa. Per questo a volte i primi segnali del declino cognitivo nel gatto si trascurano o vengono interpretati come sintomo di altre malattie, non strettamente neurologiche.

Importante è analizzare il comportamento generale del felino, che in caso di deficit cognitivo sembra vivere in un mondo a se stante (non risponde agli stimoli dell’ambiente e a quelli fisiologici del mangiare e del dormire). Queste alterazioni però possono essere provocate anche da malattie del metabolismo, da infiammazioni cerebrali o da traumi e tumori.

Una risonanza magnetica può aiutare nella diagnosi, anche se non sempre si dimostra risolutiva del caso. Per stabilire con certezza che il gatto sintomatico ha un declino cognitivo di origine neurologica occorrerà quindi andare ad esclusione delle altre patologie.

A volte il veterinario può prescrivere un farmaco anti ansia, la fluoxetina, in grado di migliorare alcuni sintomi della disfunzione cognitiva: per i gatti non esiste una terapia valida contro il deficit neurologico come il farmaco L-deprenyl (selegilina) che invece sembra essere efficace sui cani, per rallentare il declino dei neuroni .

In molti però concordano come sia possibile ritardare il progredire dei disturbi della senilità felina con una serie di accortezze: alimentare il gatto anziano con una dieta ricca di vitamina E ed antiossidanti, evitare di portare un altro animale in famiglia la cui presenza potrebbe essere stressante per il micio, facilitare in tutto i suoi movimenti e spostamenti nell’ambiente domestico. Per il resto sono importanti dei controlli veterinari di routine, perché anche in questo caso, prima si individua la patologia e più facile sarà la cura.

Foto: Flickr
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Animali, cane, gatto, cuccioli




A cura di Cinzia Iannaccio, Giornalista professionista iscritta all'Albo dal 2007, blogger, specializzata nel settore della salute e del benessere.
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