La sindrome premestruale: tensione mammaria, pelvica e psichica
La sindrome premestruale è una patogenesi multifattoriale ma con almeno un sintomo predominante
La sindrome premestruale rappresenta probabilmente il disturbo funzionale, non propriamente patologia, più lamentato ciclicamente dalle donne.
Si tratta di un insieme (da cui la definizione di "sindrome") di manifestazioni a carattere benigno che interessano vari organi od apparati ed il cui unico elemento comune è la comparsa ciclica legata al ciclo mestruale.
L'incidenza è valutabile attorno al 40% delle donne, ovviamente in età fertile.
Le varianti cliniche sono svariate, praticamente i sintomi possono presentarsi in modo sensibilmente diverso da soggetto a soggetto per cui è più corretto parlare di "sindromi premestruali"; tuttavia si riscontrano almeno tre tipi di sintomi di cui almeno uno predomina in modo soggettivo:
Tensione mammaria: è una mastodinia talvolta esacerbata dai movimenti o dalla postura accompagnata ad aumento della sensibilità dei capezzoli; in una mammella fibrocistica tale sintomatologia è accentuata.
Tensione pelvica: con pesantezza, costipazione dell'alvo, meteorismo associati tra loro ed accompagnati da dolore o dolorabilità a livello sacrale.
Tensione psichica: è un periodo caratterizzato da riduzione della "performance"; come ampiamente documentato a livello statistico si osserva un aumento significativo di comportamenti anomali come incidenti domestici e del traffico, tendenza alla depressione fino, al limite, al suicidio; nella pratica quotidiana tali disturbi si manifestano frequentemente come irritabilità, astenia e sonnolenza.
La fisiopatologia rimane in gran parte sconosciuta, sicuramente polifattoriale; Ippocrate parla di "sangue agitato che cerca una via fuori dal corpo".
L'aumento della permeabilità capillare è probabilmente la causa comune dei vari sintomi in quanto responsabile dell'edema interstiziale diffuso; la teoria dell'iperstrogenismo non regge alla prova biochimica, mentre è probabile che una modesta insufficienza luteale, con relativa minor increzione di progesterone, non riesca ad annullare in periferia l'azione degli estrogeni, per così dire liberi di esplicare la loro indiscussa azione di ritenzione idrosalina.
Il ruolo della Prolattina è discusso: è certo che i sintomi sono alleviati da agonisti dopaminergici, ma l'azione potrebbe anche non essere diretta sul sistema ipotalamo-ipofisario, ma come diuretico a livello renale.
La carenza di Vitamina B6 potrebbe svolgere azione facilitante, in quanto rappresenta il coenzima della sintesi di serotonina (comportamento ed affettività) e Dopamina (Prolattina e Vasopressina).
Lo stress che accompagna la fase premestruale determinerebbe inoltre un'iperincrezione di ormoni surrenalici che inducono una deplezione di Magnesio con alterazione della permeabilità anche a livello nervoso oltre che ad un'alterazione della secrezione dei neuromediatori (serotonina e dopamina) sunnominati. Questo aspetto sarebbe avvalorato dall'osservazione che la sindrome è più evidente in donne che abbiano subito stress psicofisici.
Si deve poi aggiungere che la maggioranza delle donne in età fertile vive in uno stato di relativa sideropenia per la difficoltà (anche dietetica) di reintegrare il ferro perduto mensilmente, è noto che l'anemia sideropenica si manifesta anche con astenia ed irritabilità.
Non esiste quindi una terapia specifica e causale della Sindrome in quanto si è visto come la patogenesi sia multifattoriale: i farmaci più usati, e spesso per autoprescrizione o "passaparola", sono i FANS che agendo sulle prostaglandine aumentano la soglia dolorosa, gli ansiolitici e gli antidepressivi blandi di estrazione vegetale che agiscono prevalentemente sul sintomo ansia e gli estroprogestinici che inibiscono l'asse ipotalamo-ipofisi-ovaio con dosi di ormoni inferiori al pattern di secrezione endogena.
Dr. Massimo Murari
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