L’obesità infantile aumenta il rischio di Alzheimer

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L’obesità infantile aumenta il rischio di Alzheimer

25-05-2015 - scritto da Paola Perria

Bambini troppo cicciottelli accumulano la proteina Beta-amiloide che, alla lunga e in grosse concentrazioni, aumenta il rischio di Alzheimer.

L’Alzheimer si previene fin da bambini combattendo la tendenza al sovrappeso.

L’obesità infantile aumenta il rischio di Alzheimer

E’ ormai appurato che l’obesità infantile costituisca fattore di rischio per molte gravi patologie dell’età adulta, tra cui, è scoperta recente, anche il terribile morbo di Alzheimer che conduce alla demenza. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma su un ampio campione di bambini e adolescenti, ha riscontrato nei soggetti obesi o in forte sovrappeso concentrazioni superiori alla norma della proteina Beta 42 amiloide la quale, accumulandosi nel cervello, forma delle placche che “soffocano” i neuroni provocandone la progressiva morte. Insomma, una chiara predisposizione alla demenza senile riscontrabile già in tenera età a causa dell’eccesso adiposo.

Non solo, quindi, diabete e malattie cardiovascolari: all’obesità infantile e adolescenziale si associa anche un maggior rischio di Alzheimer, è questo l’allarme lanciato dai pediatri del Bambin Gesù.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics, ha coinvolto 440 minori – nello specifico 101 bambini tra 1 e 10 anni e 339 teenager – suddivisi tra normopeso, sovrappeso e obesi. Erano proprio questi ultimi, in cui all’eccesso adiposo si univa la sindrome metabolica da insulino-resistenza (che predispone al diabete di tipo 2), ad avere concentrazioni maggiori di Beta-amiloide e quindi un maggior rischio di Alzheimer una volta diventati adulti.

Tuttavia, i ricercatori hanno osservato che alti livelli di questa proteina erano presenti solo negli adolescenti obesi che in tale condizione erano stati fin dall’infanzia, e che quindi avevano sviluppato la sindrome metabolica da diversi anni. Nei bambini più piccoli, invece, ancora questa alterazione non era riscontrabile seppur in presenza di eccesso ponderale. Questo significa che, affinché aumentino le probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer da adulti, è necessaria una lunga “storia “ di obesità, e questo rappresenta senza dubbio un elemento positivo su cui lavorare per invertire la tendenza, come spiega l’endocrinologa Melania Bianco, una delle curatrici dello studio:

“L'obesità in sé non è una patologia vera e propria, è piuttosto un insieme di fattori di rischio: di sviluppare malattie cardiovascolari, cancro e oggi sappiamo anche demenza progressiva e Alzheimer. L'associazione tra obesità, diabete mellito e morbo di Alzheimer è nota. Si parla del morbo di Alzheimer anche come diabete di tipo 3, ma è importante aver dimostrato, per la prima volta, che la storia naturale di questa terribile malattia incomincia precocemente, già durante l'adolescenza. Ancora una volta, i risultati delle nostre ricerche indicano quanto gravi possano essere le conseguenze dell'obesità pediatrica e quanto importante sia la prevenzione

Da questo studio, quindi, emerge l’urgenza di studiare strategie sempre più efficaci nel provenire e combattere il pernicioso trend dell’obesità minorile, a partire da una maggior attenzione all’educazione alimentare anche nelle scuole. Ma una cosa è certa, è in famiglia che si viene “iniziati” alla nutrizione, e un cattivo rapporto con il cibo (che diventa sovente mezzo per sopperire a mancanze, colmare vuoti e  ottenere facili gratificazioni), o scarsa importanza attribuita a ciò che si porta in tavola possono aprire le porte all’obesità e alle malattie correlate. Spesso i bambini cicciottelli vengono presi in simpatia dagli adulti, li si “vizia” con indulgenza, senza rendersi conto che il loro aumento di peso è lungi dall’essere un segnale di buona salute.

Senza, quindi, drammatizzare, è bene cercare di trasmettere ai bimbi, fin da subito, il valore del cibo, insegnando loro l’importanza di scegliere materie prime di qualità, di non sprecare e di mangiare quanto si ha fame, durante i pasti “comandati” (colazione, pranzo, cena e  2 spuntini) senza piluccare cibo spazzatura a qualunque ora, magari per pura noia.

 

Fonte | ospedalebambinogesu.it 

Foto | via Pinterest 

 



A cura di Paola Perria, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo dal 2009, Master I livello in Gender Equality-Strategie per l’equità di Genere con tesi sulla medicina di genere.
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