Perché le gambe diventano brutte

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Perché le gambe diventano brutte

15-03-2010 - scritto da Viviana Vischi

Le gambe brutte spesso dipendono da un problema del microcircolo

Dalla cattiva circolazione del sangue i danni estetici più evidenti alle gambe

11/10/2004 - Una recente indagine statistica epidemiologica compiuta in Francia su 22.000 donne di varia età e condizione sociale, ha messo in evidenza come oltre il 70% presenti qualche affezione della normale funzionalità degli arti inferiori legata alla stasi venosa.
La stasi, termine con il quale si intende un rallentamento della velocità del flusso sanguigno, che dai piedi scorre verso l'alto fino a raggiungere la cavità addominale, è dunque una vera e propria malattia sociale.

Biblioteche intere sono state scritte sulla "malattia venosa", ma ben pochi si sono soffermati su problematiche meno "mediche" e senza dubbio più importanti, dal punto di vista del benessere soggettivo, della vita di relazione, delle ripercussioni intime e talora profonde che le "gambe stanche e pesanti" possono avere sulla psiche femminile.

Non va inoltre dimenticato un assioma fondamentale: "gambe stanche e pesanti" vuol dire, con il tempo, anche "gambe brutte".
Questo passaggio dal campo flebologico al campo estetico può sembrare non corretto e forse poco aderente alla comune mentalità, ma se si ripercorre tutta la lunga strada alla fine della quale si trova l'inestetismo, apparirà chiaro come le sue cause siano molto lontane nel tempo e tutte quante convergano verso i "più piccoli vasi sanguigni".

E' ormai acquisizione comune che un organo o un tessuto, per mantenersi sano, integro e poter svolgere appieno le sue funzioni, deve ricevere un nutrimento adeguato e soprattutto deve essere in grado di smaltire le scorie che derivano dal suo lavoro energetico.

Nel caso delle gambe la situazione è molto più complicata. La stazione eretta, dopo che le scimmie sono scese dall'albero, ha creato condizioni idrodinamiche molto diverse da quelle dei quadrupedi in cui tutto il peso del corpo è uniformemente distribuito su quattro zampe.
Nessun animale soffre di varici o ha le gambe gonfie. Questa è prerogativa dell'uomo ed in modo particolare del sesso femminile.

Il sangue pesa e così pesa anche la colonna di sangue che dalle grosse vene della coscia tende per forza di gravità a scendere verso il basso.
E' solo il tono delle vene e la spinta che proviene dalla muscolatura del polpaccio e dalla pianta del piede, aiutata molto dalle inspirazioni toraciche, a fare in modo che il flusso non si inverta e le valvole venose servono proprio per impedire che si verifichi questa inversione.
Il sesso femminile è in una situazione precaria rispetto all'uomo. Questo per ragioni anatomiche, perchè l'utero è provvisto di un ricchissimo plesso venoso collegato alle vene della coscia.

Qualunque ostacolo dello scorrimento del sangue nel plesso venoso periuterino, e ci riferiamo alla gravidanza, alla fase premestruale e talora ai fibromi o miomi uterini, si ripercuote inevitabilmente sul flusso di ritorno venoso delle gambe.
La natura ha voluto così. Tuttavia, è ancora molto poco diffusa la nozione che ci vogliono molti anni prima che un disturbo della circolazione sanguigna di ritorno provochi danni tali da essere soggettivamente apprezzati; altri anni ci vogliono ancora prima che la paziente si decida a consultare un medico per i disturbi che prova.

La storia è quindi molto lunga. Comincia con alterazioni della velocità e del volume di flusso nella "circolazione invisibile", cioè nei capillari e nelle venule post-capillari, impossibili a discernersi ad occhio nudo. Questo è molto pericoloso perchè è proprio a questo livello che si svolgono gli scambi nutritivi tra il sangue e i tessuti.

Nel caso delle gambe e delle cosce avviene un fatto strano, a prima vista incredibile: non è la pelle la prima a soffrire, a risentire del danno microcircolatorio. Sono invece i muscoli della gamba e poi il tessuto adiposo di tutto l'arto inferiore, coscia compresa, a subire i primi danni. Solo dopo che si sono instaurate alterazioni del muscolo e del tessuto adiposo cominciano a manifestarsi i primi segni della distrofia cutanea.
In altre parole, se fino a poco tempo fa prevaleva il concetto a "sandwich" o meglio a "pizza", il che vuol dire che prima viene la pelle, poi ciò che sta subito sotto (il grasso), e per ultimo il muscolo che sta in profondità, oggi la tendenza è di favorire il criterio "a fette di salame: tutta la gamba e tutto l'arto inferiore, dalla profondità fino all'epidermide, è interessato dalla stasi e le alterazioni cominciano dal profondo per arrivare alla fine verso l'alto, alla superficie della pelle.

Ciò vuol dire, in pratica, che quando ci si accorge di avere la pelle delle gambe non più liscia e vellutata, con una superficie che non è più uniforme ma presenta ondulazioni, piccoli infossamenti, appare più sottile e qualche volta tesa e lucida, è già quasi troppo tardi. Molti anni sono trascorsi da quando è cominciata la "tempesta" microcircolatoria.
Queste nuove acquisizioni hanno completamente sovvertito il nostro modo di pensare e di concepire il problema delle gambe stanche e pesanti.



A cura di Viviana Vischi, Giornalista professionista iscritta all'Albo dal 2002, Direttore Responsabile di diverse testate giornalistiche digitali in campo medico-scientifico.
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