Riabilitazione dell'ictus in famiglia

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Riabilitazione dell'ictus in famiglia

14-02-2013 - scritto da Viviana Vischi

La terapia per il recupero dopo un ictus con il metodo Perfetti mira a rendere le famiglie in grado di poter gestire autonomamente il malato

L'importanza di un percorso di riabilitazione ictus in famiglia

Riabilitazione dell'ictus in famiglia Negli ultimi anni si è sempre più diffusa e consolidata la consapevolezza che il reale problema dell'ictus non risiede nei muscoli ma nel cervello. Certo, la vittima di emiplegia potrebbe avere alquanto da ridire in proposito, dal momento che a causa della paralisi di una delle due metà del suo corpo soffre quotidianamente di consistenti problemi motori, ma il danno muscolare è solo quanto riusciamo a percepire in superficie.

Da questo punto di vista la riabilitazione tradizionale, ancora molto diffusa, presenta diverse lacune, poiché punta esclusivamente sugli aspetti secondari dell'ictus, concentrandosi sui muscoli, spesso forzando la ripresa del cammino. Forzatura che va rilevata anche nell'utilizzo di tutori per fissare gli arti e nella somministrazione di botulino per cercare di ridurre l'ipertono e la spasticità.

Nonostante la sua inadeguatezza, questo tipo di riabilitazione viene ancora offerto in tantissime strutture, pubbliche o private che siano, costituendo inoltre il perno intorno al quale ruota l'offerta di riabilitazione nell'ambito di numerosi sistemi sanitari nazionali.

Ma se la radice del problema si trova nel cervello è su di esso che dobbiamo intervenire. La Riabilitazione Neurocognitiva o Metodo Perfetti (dal nome del suo fondatore) si focalizza appunto su questo aspetto, proponendosi di incidere sulla base del problema. Il movimento e il linguaggio, che può ugualmente venire danneggiato da un ictus (si parla in questo caso di afasia o di aprassia), sono solo i terminali del processo che li rende possibili e quindi cercare di incidere direttamente su di essi è come cercare di far ripartire un'auto col motore in panne sforzandosi di farne girare soltanto le ruote.

Se è il cervello ad essere stato danneggiato e sono stati i danni che ha subito a determinare l'emiplegia in chi ha subito l'ictus, ecco allora che gli esercizi di riabilitazione devono essere rivolti alle funzioni cerebrali alterate: percezione, attenzione, sensibilità e memoria. Solo questo può preludere al ritrovo di un movimento che sia qualitativamente soddisfacente e non una goffa e forzata imposizione a un malato che così non può che vedere aumentato nell'altro se non la sua frustrazione.

Molto importante quindi in tal senso potrebbe rivelarsi la scelta di intraprendere un percorso di riabilitazione ictus in famiglia, per una serie di motivi che verranno di seguito enucleati.

Innanzitutto, pur parlando di qualità, ciò comporterebbe degli enormi vantaggi anche in senso quantitativo: un paziente che si sottopone ad una terapia in una qualsiasi struttura giova di circa un'ora al giorno di trattamento, dovendo però convivere con il suo corpo tutte le restanti ore del giorno, in cui non verrebbe seguito da nessuno. Potendo disporre delle cure dei familiari coi quali condivide l'ambiente domestico, il paziente conterebbe su un'assistenza molto più continuata.

Certo, mettendosi nei panni dei familiari, è facile comprendere come questi potrebbero sentirsi inadeguati nell'affrontare un simile compito: già l'insorgere di per sé dell'ictus grava la famiglia di un problema di difficile gestione col quale ci si trova a dover condividere improvvisamente, da un giorno all'altro, e non si dispone certo della sicurezza tale da potersi immaginare al posto di un professionista. Va bene apprendere da quest'ultimo gli esercizi da ripetere a casa ma poi come riprodurli in maniera adeguata? Come comportarsi di fronte all'insorgenza di eventuali imprevisti?
Ovviamente si verrebbe seguiti da uno specialista del settore, che fornirebbe la sua consulenza a chi decidesse di intraprendere questo percorso.

In ogni caso, pur di fronte a tutti i possibili problemi, i vantaggi – e di conseguenza i risultati – sarebbero enormi, poiché il fattore decisivo, dal momento che si parla pur sempre di cervello, sarebbe costituito dal calore e dalla fiducia che il paziente percepirebbe lavorando all'interno del suo ambiente familiare, tra le rassicuranti mura domestiche, relazionandosi giorno dopo giorno con i propri cari e non con specialisti sconosciuti, per quanto bravi e professionali. Le energie sprigionate da una famiglia intera che si dedica al recupero della persona amata sarebbero innumerevoli e convogliarle in esercizi rivolti ai reali centri alla base del movimento darebbe risultati positivi al di là di ogni immaginazione.
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Malattie, cure, ricerca medica




A cura di Viviana Vischi, Giornalista professionista iscritta all'Albo dal 2002, Direttore Responsabile di diverse testate giornalistiche digitali in campo medico-scientifico.
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