Toxoplasmosi in gravidanza, quali conseguenze per il bambino?
La toxoplasmosi è pericolosa se contratta in gravidanza: scopriamo perché
La pericolosità della toxoplasmosi è maggiore se contratta nei primi mesi della gravidanza
La toxoplasmosi è una malattia provocata da un parassita, il toxoplasma gondii, molto diffuso. Solitamente è asintomatico e non pericoloso, fatta eccezione di due categorie di persone: gli immunodepressi e le donne incinte. La toxoplasmosi in gravidanza è infatti una delle preoccupazioni più grandi che si hanno per le sue pericolose conseguenze sulla salute e sulla vita del bimbo che si porta in grembo.Diciamo subito che non per questo occorre allontanare i gatti da casa, considerati da sempre, anche abbastanza erroneamente, una fonte essenziale di trasmissione: con delle comuni norme igieniche si può evitare il contagio dal micio ma ancora di più dagli alimenti (la toxoplasmosi è la più comune tossinfezione alimentare). In caso di infezione inoltre occorre dire che non tutte le donne la passano ai bambini e che la percentuale che questo accada è bassa: aumenta però col progredire della gravidanza. Ovvero nel primo trimestre sarà molto difficile infettare il feto, mentre sarà più probabile negli ultimi mesi. Di contro però la pericolosità della toxoplasmosi è maggiore se contratta nei primi mesi della gravidanza. Ma quali dunque i rischi concreti?
Le conseguenze della toxoplasmosi contratta in gravidanza dai bambini (ovvero con trasmissione materno fetale) possono essere molto lievi oppure gravissime. Tra queste troviamo purtroppo l’aborto spontaneo, o la morte del bimbo alla nascita o subito dopo. Se si continua invece la gravidanza ed il bimbo sopravvive, si può incorrere nella cosiddetta toxoplasmosi congenita: questa può influenzare il cervello del bambino, provocando ritardo mentale, disturbi del movimento, paralisi cerebrale ed epilessia. Può colpire anche altri organi, di solito gli occhi, causando difficoltà nella visione e, in alcuni casi addirittura la cecità.
La maggior parte dei bambini affetti da toxo congenita nascono asintomatici e svilupperanno problemi di vario tipo solo durante la crescita (anche dopo molti anni, o dopo pochi mesi). Altri invece appena venuti al mondo saranno caratterizzati da alcuni sintomi come l’ittero, il fegato ingrossato (epatomegalia), la milza ingrossata, valori di piastrine nel sangue bassi, e/o linfadenopatia.
Grazie ad alcuni test da effettuare durante la gravidanza in caso di sospetto (amniocentesi ad esempio) è possibile fare una diagnosi precoce ed attuare da subito una terapia antibiotica (a partire dal secondo trimestre) in grado di ridurre il rischio di danni al bambino. Anche un’ecografia può essere rivelatrice, purtroppo di alcune anomalie fetali dovute all’infezione. Dopo la nascita se il neonato risulta essere positivo ai test per la toxoplasmosi, la cura sarà egualmente antibiotica, ma non sarà purtroppo in grado di guarire eventuali danni organici già provocati dal toxoplasma gondii.
Foto: Elvis Huang per Flickr