AMAUROSI FUGACE-AMAUROSIS FUGAX

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AMAUROSI FUGACE-AMAUROSIS FUGAX

09-11-2011 - scritto da siravoduilio

AMAUROSI FUGACE-AMAUROSIS FUGAX

L’amaurosi fugace altrimenti detta cecità monoculare transitoria è un disturbo riguardante la vista, dove temporaneamente si perde l'uso della vista ad un occhio.


Tale anomalia nell'individuo è dovuta di solito ad una forma di embolia retinica oppure ad una grave stenosi, ovvero il restringimento che causa l'occlusione, della carotidea omolaterale.
L'occlusione perdura in tal modo facendo nascere la caratteristica retina color bianco latte, con una fovea di un rosso scuro.
Tale anomalia può portare all’Ictus.
Si tratta di una cecità transitoria causata dall’ischemia retinica.
L’amaurosi fugace suggerisce l’ischemia retinica o del nervo ottico, causata dal restringimento dell’arteria carotide, di solito alla biforcazione dell’arteria carotide comune. Poiché l’ateroma rappresenta la causa principale della riduzione del vaso, i pazienti > 50 anni sono più sensibili. L’ostruzione dell’arteria carotide sinistra è sei volte più frequente di quella dell’arteria carotide destra. I blackout si presentano come offuscamento della visione in un occhio con un lento recupero che inizia dopo 5-10 min. La visione chiara sarà ripristinata in ordine inverso dal quadro di insorgenza. Diversi episodi di blackout possono precedere un attacco di neuropatia ottica ischemica oppure possono verificarsi episodi per anni senza gravi sequele. I blackout possono essere bilaterali, se associati a pressione arteriosa bassa.
Quando un blackout è accompagnato da emiplegia sul lato opposto rispetto all’occhio colpito (attacco ischemico transitorio), la stenosi carotidea sul lato dell’occhio colpito deve essere fortemente sospettata. Il riconoscimento precoce della stenosi carotidea è importante poiché, senza un intervento medico e chirurgico appropriato, molti pazienti affetti sviluppano perdita della vista permanente o emiplegia.
La sindrome dell’arco aortico può essere sospettata se blackout sempre più frequenti sono correlati alle modificazioni della postura, come accade sedendosi o alzandosi in posizione eretta.
Sintomatologia

La persona affetta da amaurosi fugace può elencare i sintomi dell'insufficienza carotidea ma anche dell'embolia. Questo perché la persona non conoscendo l'apparato visivo riferisce fra i sintomi nell'anamnesi, come se il tutto provenisse da uno dei due occhi mentre in realtà il disturbo parte nell’emicampo destro o sinistro di entrambi gli occhi. Inoltre vi possono essere diplopia, vertigine, intorpidimento ipostenia.

Eziologia

L'interruzione della corrente sanguigna alla corteccia visiva porta ad improvvisi disturbi alla vista, offuscamento, lampi continui di luce, ed altri che possono portare la persona afflitta ad un'errata interpretazione degli stessi.

Terapia

Somministrazione di farmaci quale la nifedipina o similari.

L’aterosclerosi è la causa maggiore di ictus ischemico. Nella razza bianca, l’aterosclerosi del letto cerebrovascolare è più frequente all’origine della carotide interna e delle arterie vertebrali al collo e delle arterie vertebrali intracraniche e della basilare. Le grandi arterie intracraniche (arteria cerebrale media, anteriore e posteriore) e le loro branche superficiali di convessità sono colpite molto più raramente (v. FIGURA 44-2).
Nella razza bianca, l’aterosclerosi della porzione extracranica della carotide interna e delle arterie vertebrali ha il doppio della frequenza negli uomini rispetto alle donne ed è in stretto rapporto alla patologia occlusiva coronarica e vascolare periferica, nonché all’iperlipidemia. Episodi di angina pectoris, infarto miocardico e claudicatio vascolare in pazienti colpiti da TIA sono altamente indicativi di aterosclerosi extracranica.
Nelle popolazioni africane e in quelle asiatiche l’aterosclerosi del tratto extracranico della carotide interna e delle arterie vertebrali è meno frequente rispetto a quelle bianche, ma è più comune l’aterosclerosi delle arterie intracraniche maggiori. Tra gli africani e gli asiatici, l’aterosclerosi intracranica non presenta una forte preponderanza maschile, non è correlata epidemiologicamente con la coronaropatia e con la patologia vascolare periferica e insorge a un’età più giovanile rispetto all’aterosclerosi extracranica. La prevalenza dell’aterosclerosi, inoltre, è più elevata tra i diabetici e gli ipertesi.
A volte le occlusioni vascolari sono il risultato di alterazioni ematiche, che possono essere isolate o sovrapposte a stenosi vascolare. La policitemia e la trombocitosi rappresentano cause principali di occlusione vascolare. Lo stato ipercoagulativo che complica le neoplasie maligne e altre patologie sistemiche, può condurre a ostruzione di vasi stenotici.

Sintomi e segni

Il sintomo d’esordio più comune è rappresentato da almeno un episodio pregresso di TIA, generalmente di breve durata; ma i TIA, se non trattati, possono ripetersi per settimane o mesi. Alcuni pazienti manifestano un ictus a insorgenza improvvisa, causato probabilmente dall’embolia di un coagulo o di una placca intra-arteriosi di zone di aterosclerosi extracranica, con migrazione distale e blocco degli efferenti intracranici. Anche la cefalea è un sintomo comune e probabilmente è provocata dalla dilatazione dei circoli arteriosi collaterali. I sintomi e i segni specifici sono correlati all’anatomia dell’arteria colpita e all’area che questa rifornisce. Possono essere sensitivi, motori o misti.
Arteria carotide interna nel collo: cali temporanei del flusso arterioso provocano crisi di cecità mono-oculare transitoria (amaurosis fugax) omolaterali alla lesione. Queste crisi abitualmente vengono descritte come un’ombra o una tendina calati su un lato del campo visivo. Durano in genere dai 30 s a pochi minuti e qualche volta sono scatenati dall’improvviso ortostatismo o se il paziente si inchina rapidamente e dall’esposizione a luce intensa.
L’ischemia emisferica provoca debolezza e intorpidimento degli arti e dell’emivolto controlaterali. La mano e il braccio sono interessati più frequentemente del viso o della gamba, ma le parti colpite variano ad ogni crisi. L’afasia è frequente in caso di interessamento della carotide interna sinistra. Se insorgono sia l’amaurosi monoculare transitoria che le crisi di debolezza o l’intorpidimento degli arti controlaterali, la diagnosi è quella di patologia dell’arteria carotide interna del collo o del sifone carotideo, prossimalmente all’arteria oftalmica. Le placche ateromatose e le stenosi sono più gravi all’origine della carotide interna, cioè dove essa si diparte dalla carotide comune. La Tabella 44-5 elenca alcuni dei segni di aterosclerosi della carotide interna.
Arteria succlavia: l’aterosclerosi colpisce in genere le arterie succlavie prossimalmente all’origine delle arterie vertebrali. L’arteria succlavia di sinistra si stenotizza più frequentemente della destra. I sintomi più comuni interessano l’arto superiore ischemico, che spesso duole, è freddo e facilmente affaticabile. Il polso radiale nell’arto ischemico in genere è flebile o rallentato e la pressione arteriosa è più bassa di quella del braccio opposto. A volte, è udibile un soffio nella fossa sopraclavicolare. I TIA da occlusione dell’arteria succlavia sono molto più comuni dell’ictus; provocano vertigini, visione sfocata, diplopia e atassia; talvolta sono scatenati durante lo sforzo fisico del braccio ischemico. I pazienti affetti da aterosclerosi dell’arteria succlavia non hanno sintomi fino a che non sottopongono a sforzi intensi il braccio ischemico (p. es., durante una partita di golf). Il trattamento chirurgico, in genere, non è indicato.
Arteria vertebrale: caratteristiche dell’ischemia dell’arteria vertebrale al collo sono le vertigini, la diplopia e la visione offuscata. Tali sintomi si manifestano quando il paziente assume determinate posizioni con la testa. I reperti clinici sono sovrapponibili a quelli della patologia dell’arteria succlavia, eccetto che l’arto superiore non è ischemico, con polso e pressione arteriosa uguali al controlaterale. Alcuni pazienti affetti da occlusione dell’arteria vertebrale al collo sviluppano improvvisamente un ictus del circolo posteriore; l’ischemia è provocata dall’occlusione dell’arteria vertebrale intracranica oppure dell’arteria cerebrale posteriore o dei suoi rami. L’occlusione è causata da materiale embolico proveniente dal tratto prossimale dell’arteria vertebrale. La sede più comune di aterosclerosi dell’arteria vertebrale è all’origine oppure nei primi centimetri di essa. Il tratto distale al collo di questa arteria è predisposto alla lacerazione o alla dissezione da trauma, movimenti improvvisi o per manipolazioni cervicali.
L’occlusione o la stenosi grave del tratto intracranico dell’arteria vertebrale sono causa di arresto del flusso nell’arteria cerebellare posteriore inferiore, con conseguente ischemia della porzione laterale del bulbo e del cervelletto. I principali sintomi e segni dell’ischemia laterale del bulbo sono riportati nella Tabella 44-6. L’ischemia cerebellare si manifesta con alterazioni della marcia, atassia, disturbi dell’equilibrio e nausea. Infarti cerebellari estesi possono essere causa di ipertensione della fossa cranica posteriore e di coma da compressione del tronco encefalico. Questa complicanza, potenzialmente mortale, viene trattata mediante decompressione chirurgica dell’area lesionata e con la rimozione del tessuto necrotico.
Arteria basilare: i sintomi e i segni più frequenti dell’aterosclerosi della basilare sono riportati nella Tabella 44-7. L’occlusione della basilare può essere fatale a meno che non si sia sviluppato un circolo collaterale. L’arteria basilare vascolarizza il ponte; la regione più vulnerabile all’ischemia è quella della base del ponte, nella quale decorrono le vie motorie lunghe. L’ischemia in questa sede provoca ipostenia del tronco e degli arti bilateralmente, con iperreflessia e comparsa del segno di estensione plantare. A volte insorgono, quali sintomi premonitori, vertigini e diplopia, specie se l’occlusione inizia nell’arteria vertebrale e si estende alla basilare.
Carotide intracranica: quando il tratto intracranico della carotide è stenotico, prossimalmente all’arteria oftalmica, la sindrome che ne deriva risulta simile a quella della stenosi della carotide all’origine. Non si rileva il soffio sistolico al collo e i risultati delle indagini invasive della carotide interna sono normali. La stenosi carotidea intracranica, distalmente all’arteria oftalmica, comporta crisi ischemiche emisferiche che si manifestano con ipostenia e anestesia dell’emisoma controlaterale, o emi-inattenzione visiva, ma senza cecità monoculare transitoria. Mancano, inoltre, i segni e i reperti ultrasonografici del ridotto flusso arterioso oftalmico. L’afasia è frequente nei pazienti affetti da ischemia emisferica sinistra; mentre la perdita dell’abilità grafica, della capacità copiativa e l’emi-inattenzione visiva sinistra si evidenziano più comunemente nei pazienti colpiti da ischemia emisferica destra.
Arteria cerebrale anteriore, media e posteriore: la patologia dell’arteria cerebrale media in genere è più grave nel segmento prossimale o a livello del suo ramo superiore. L’arteria cerebrale anteriore è meno colpita e, in genere, le alterazioni interessano il suo segmento prossimale. Le patologie dell’arteria cerebrale posteriore abitualmente colpiscono il tratto prossimale.
I danni dell’arteria cerebrale media causano ipostenia e parestesie degli arti controlaterali, del tronco e specialmente dell’emivolto. Abitualmente, in caso di lesioni dell’arteria cerebrale media di sinistra, insorge afasia; nei danni dell’arteria cerebrale media di destra, insorgono agnosia visuspaziale ed emi-inattenzione sinistra (mancanza di attenzione per le attività che si svolgono nel lato sinistro).
Lesioni dell’arteria cerebrale anteriore causano ipostenia e parestesie dell’arto inferiore, con ipostenia della spalla, controlaterali. Talvolta il paziente mostra perdita di interesse, è abulico e incontinente.
I sintomi fondamentali dell’aterosclerosi dell’arteria cerebrale posteriore sono di tipo campimetrico. Possono insorgere crisi transitorie di emianopsia o scotomi. L’emianopsia è generalmente improvvisa. Quando l’area ischemica è estesa e coinvolge il territorio temporale irrorato dall’arteria cerebrale posteriore, si verifica la comparsa di perdita di memoria e agitazione psico-motoria.

Diagnosi

In ogni paziente colpito da TIA o da ictus vanno eseguiti regolarmente l’esame emocromocitometrico, il tempo di protrombina, la conta delle piastrine e la determinazione dei livelli del fibrinogeno. Sono importanti anche l’ECG e l’ecocardiografia, specie in pazienti affetti da cardiopatia.
TC e RMN: questi metodi d’indagine vanno prescritti regolarmente in tutti i pazienti colpiti da ictus. La TC la RMN evidenziano il territorio vascolare colpito, in caso di infarto, e permettono di differenziare l’ischemia dall’emorragia. Immagini negative indicano una probabile reversibilità dell’ischemia; l’infarto esteso ha prognosi grave. La distribuzione dell’infarto permette di individuare la probabile localizzazione del danno vascolare. La TC e la RMN mostrano, inoltre, le zone affette da edema e le dislocazioni del contenuto endocranico.
Ecografia: l’ultrasonografia duplex dell’origine al collo delle carotidi interne e delle arterie vertebrali è altamente specifica nell’evidenziare gravi lesioni occlusive. L’ultrasonografia color Doppler individua in modo accurato le occlusioni delle suddette arterie.
Il Doppler transcranico fornisce informazioni utili circa la velocità del flusso delle grandi arterie intracraniche; tale metodica mostra se occlusioni extracraniche riducono il flusso endocranico e individua patologie occlusive nelle principali arterie intracraniche.
Angiografia: l’angiografia tomografica computerizzata (Angio-TC) e l’angiografia in risonanza magnetica (Angio-RMN) possono essere utilizzate per la diagnosi di patologie intracraniche ed extracraniche e degli aneurismi. La combinazione dell’ultrasonografia extracranica ed intracranica, dell’Angio-TC o dell’Angio-RMN è molto efficace nel documentare le lesioni occlusive delle grandi arterie.
L’angiografia mediante cateterismo arterioso rappresenta l’indagine definitiva per lo studio morfologico delle arterie e delle vene extracraniche ed intracraniche. Mediante piccole quantità di contrasto si ottengono immagini digitali ad alta risoluzione.
Nei pazienti giovani l’angiografia è indicata solo nei casi in cui è programmato un intervento chirurgico. Nell’anziano, l’angiografia va riservata ai casi in cui l’esame clinico e le indagini non invasive non forniscano una diagnosi chiara. Comunque, nella maggioranza dei casi, l’ultrasonografia, l’Angio-TC e l’Angio-RMN forniscono informazioni sufficienti tanto da non rendere necessaria l’angiografia, limitando l’angiografia standard allo studio di uno o due vasi.
L’angiografia è gravata da rischi precisi (quali ictus, lesioni dell’arteria cateterizzata, reazioni allergiche); con una percentuale combinata di morbilità e mortalità dell’1%. Questa indagine è particolarmente rischiosa per i pazienti affetti da diabete o insufficienza renale. I rischi possono essere ridotti mediante un’adeguata terapia idrica e limitando alla quantità minima richiesta il contrasto e il numero delle infusioni. Essenziali nel ridurre i pericoli sono l’esperienza dell’angiografista e le informazioni cliniche fornite dal medico responsabile del paziente. L’angiografista inizialmente inietta l’arteria che è più probabilmente sede della lesione. Una volta acquisiti dati sufficienti per stabilire la terapia non andranno effettuate ulteriori angiografie.

Trattamento

Le considerazioni generali per il trattamento sono discusse all’inizio di questo capitolo.
A 2 sett. di distanza dall’occlusione arteriosa, dovrà essere evitata ogni riduzione della perfusione cerebrale. Non si deve abbassare la pressione arteriosa fino a che non raggiunga i ³ 170/110 mm Hg e si dovrà elevare al massimo la gittata cardiaca. L’ipovolemia, problema comune nei pazienti colpiti da ictus non in grado di alimentarsi a sufficienza, andrà evitata. Durante l’iniziale decorso della malattia, l’assunzione della posizione seduta e l’ortostatismo possono aggravare l’ischemia; pertanto, quando si siedono o si alzano la prima volta, i pazienti andranno sottoposti ad attenta osservazione e al rilievo della pressione arteriosa. I pazienti soggetti a fluttuazione o a peggioramento dei sintomi neurologici dovranno rimanere supini per incrementare il flusso ematico cerebrale, fino a che perdura l’instabilità.
Vi sono sette opzioni terapeutiche specifiche:
l’endoarteriectomia rappresenta la procedura di scelta in caso di stenosi arteriosa extracranica grave (cioè, lume residuo < 2 mm). La lesione deve essere accessibile chirurgicamente. Questa procedura non è indicata nei pazienti colpiti da ictus grave, con compromissione dell’area di tessuto cerebrale irrorata dall’arteria.
L’angioplastica (spesso mediante stent) è praticata principalmente nei pazienti affetti da patologie occlusive, carotidea o vertebrale, extracraniche e intracraniche, con lesioni gravemente stenotiche non aggredibili chirurgicamente, o quando non è indicata la chirurgia. Tale metodica è adoperata anche in pazienti affetti da patologia arteriosa intracranica, in cui persistono, nonostante il trattamento medico, sintomi di ischemia cerebrale nel territorio dell’arteria stenotica.
La trombolisi è un’opzione terapeutica considerata nei pazienti in cui è possibile il trattamento immediatamente dopo l’esordio dei sintomi di ischemia cerebrale e quando l’occlusione arteriosa sia stata identificata mediante le indagini diagnostiche (Angio-TC, Angio-RMN, ultrasonografia extracranica e intracranica o angiografia) prima dell’insorgenza di infarto cerebrale esteso. La trombolisi EV è attuata in caso di occlusione di rami arteriosi intracranici, ma risulta inefficace nel caso di un’occlusione carotidea. La trombolisi intra-arteriosa risulta invece inefficace in caso di occlusione delle arterie vertebrali, della basilare o delle arterie cerebrali medie. La trombolisi presenta rischi di emorragia cerebrale ed è controindicata nei pazienti con ipertensione arteriosa non controllata, patologie emorragiche o infarti estesi.
La terapia eparinica a breve termine (da 2 a 3 sett.) è prescritta nell’occlusione delle grandi arterie. Possono essere somministrate, al posto dell’eparina, eparine a basso peso molecolare o gli eparinoidi. Questi farmaci prevengono l’estensione e l’embolizzazione del coagulo, permettendo l’organizzazione dei trombi scarsamente aderenti sulla parete vascolare, nonché lo stabilizzarsi della circolazione collaterale.
Le eparine a basso peso molecolare hanno maggiore biodisponibilità e un migliore profilo farmacocinetico rispetto all’eparina tradizionale. Si ritiene che esse causino minori complicanze emorragiche rispetto all’eparina, in quanto hanno un effetto meno pronunciato sulla funzione piastrinica e sulla permeabilità vascolare. Provocano, inoltre, meno casi di trombocitopenia, necrosi cutanea e sindromi white-clot.
Queste eparine sono indicate anche quando i sintomi neurologici sono fluttuanti, se l’occlusione non è definita, o in casi in cui non è ancora disponibile una definita diagnosi di sede. L’eparina va somministrata mediante infusione EV continua, mantenendo il tempo di tromboplastina parziale attivata a 1,5-2 volte il valore di controllo. Le eparine a basso peso molecolare e gli eparinoidi possono essere somministrate EV o SC.
Il warfarin deve essere iniziato da 2 a 4 giorni dall’inizio dell’eparina e, di solito, va continuato per un periodo da 1 a 3 mesi. La terapia a lungo termine con warfarin va riservata ai casi in cui la stenosi è grave o non raggiungibile (p. es., a livello del sifone carotideo o dell’arteria cerebrale media) oppure quando il paziente rifiuta o non è candidato alla chirurgia.
L’INR (International Normalized Ratio) deve essere mantenuto tra 2 e 3,5. Il warfarin è più efficace nel prevenire la formazione del coagulo rosso, composto da eritrociti e trombina, che si forma in zone di flusso ematico altamente ridotto (p. es., in arterie e vene gravemente stenotiche o in ventricoli cardiaci molto dilatati). Il warfarin va somministrato fino a quando persistono le condizioni che favoriscono la formazione del trombo rosso.
I farmaci antiaggreganti, come l’aspirina, sono prescritti per lesioni stenotiche non gravi. Non è determinato il dosaggio ottimale; 1,3 g/die in dosi refratte (p. es., 325 mg qid, 650 mg bid) è il dosaggio che si è dimostrato efficace nei vari studi, ma 300-325 mg/die probabilmente sono altrettanto efficaci. Teoricamente, 100 mg/die sono altrettanto adeguati, se non più. Il Clopidogrel, altro farmaco che agisce sull’aggregazione piastrinica, viene somministrato, in pazienti che non possono assumere l’aspirina, a dosi di 75 mg/die. Il Clopidogrel ha la stessa efficacia della ticlopidina e ha meno tossicità ematica. L’aspirina e gli altri antiaggreganti piastrinici sono usati per prevenire il trombo bianco, composto da aggregati di fibrina e piastrina che si formano sulle irregolarità di superficie in tratti di flusso ematico veloce (p. es., placche di arterie non stenotiche). Il dipiridamolo da solo non si è dimostrato efficace, ma la combinazione di aspirina, a dosi di 25 mg bid con il dipiridamolo a rilascio modificato, 200 mg bid, si è dimostrata utile. Sono stati sintetizzati farmaci inibenti del complesso glicoproteinico piastrinico IIb/IIIa e del suo legame al fibrinogeno; essi comprendono l’abcximab, consistente in anticorpi monoclonali per il complesso; eptifibatide, che è un peptide ciclico; il lamifiban e il tirofiban, che sono mimetici nonpeptidi parenterali. Gli inibitori della glicoproteina piastrinica IIb/IIIa lisano i trombi bianchi e ne prevengono la formazione.
Il bypass chirurgico extracranico e intracranico è attuabile, ma le sue indicazioni sono limitate. In uno studio pilota, la procedura non si è rivelata migliore della terapia medica, nella maggior parte dei pazienti affetti da lesioni vascolari non aggredibili del circolo anteriore. Il bypass va preso in considerazione per pazienti selezionati, sottoposti a indagini esaurienti, affetti da ipoperfusione e ischemia cerebrale e che sono persistenti e refrattari alla terapia farmacologica.
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Malattie, cure, ricerca medica




Un caro saluto
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