Sindrome dolorosa della regione del gran trocantere
Tecniche mini-invasive in ortopedia: bursectomia trocanterica e release del tensore della fascia per via endoscopica.
L'esperienza chirurgica di Raul Zini, Massimo De Benedetto e Manlio Panascì nel trattamento della patologia extra-articolare dell'anca.
Nell’ultima decade, il trattamento della patologia dell’anca ha tratto notevole giovamento dal miglioramento delle tecniche artroscopiche e della diagnostica strumentale. Sono numerose le patologie che presentano un’indicazione al trattamento artroscopico:
- le lesioni del labbro acetabolare
- la patologia da corpi mobili
- l’impingement femoro-acetabolare
- i traumi articolari
- la patologia sinoviale e del legamento teres
- il dolore intrattabile da causa sconosciuta
L’approfondimento della conoscenza e il miglioramento degli strumentari hanno reso possibile negli ultimi anni anche il trattamento della patologia extra-articolare. Attualmente è quindi possibile eseguire interventi a livello dello spazio peritrocanterico, quali una bursectomia trocanterica o il release del tensore della fascia per via endoscopica, con notevole abbreviamento dei tempi di ospedalizzazione e riduzione della morbidità del gesto chirurgico.
Anatomia
Lo spazio peritrocanterico dell’anca definisce lo spazio virtuale compreso al di sotto della fascia e lo strato muscolare. La tecnica chirurgica consiste in un endoscopia piuttosto che in una artroscopia poiché questo spazio è extra-articolare. Lo spazio virtuale è dilatato dall’ingresso del fluido durante l’intervento, permettendo la visualizzazione delle strutture esistenti.
Le strutture anatomiche che possono essere valutate da queste procedure includono strutture muscolari (rotatori esterni, il grande gluteo, il medio ed il piccolo, il vasto laterale ed il tensore della fascia lata), la borsa gran trocanterica, la bendelletta ileo-tibiale e le strutture ossee del grande trocantere, la linea aspra, ed il piccolo trocantere. Ciascuna di queste differenti strutture può essere raggiunta tramite portali specificatamente realizzati.
Tecnica artroscopica generale e portali artroscopici
La tecnica chirurgica utilizzata dagli autori prevede il posizionamento in decubito laterale su letto operatorio standard. L’allestimento del campo operatorio prevede l’uso di un supporto sacrale e di un supporto pubico, similarmente a ciò che si esegue per un intervento di protesi d’anca. L’anca è lasciata libera in modo da poter essere mobilizzata secondo le necessità durante tutto l’intervento.
Un ago da 18 gauge viene posizionato a livello dell’apice del grande trocantere in modo da demarcarne il limite. Successivamente vengono iniettati 40 mL di soluzione salina in corrispondenza della prominenza del grande trocantere al di sotto della bendelletta ileo-tibiale (ITB), al fine di aumentare lo spazio tra questa e le strutture sottostanti.
I portali utilizzati sono due, uno anteriore ed uno posteriore, creati simmetricamente rispettivamente a circa 1-1,5 cm dal margine anteriore e posteriore della ITB.
Viene quindi introdotto un artroscopio da 4mm a 70° attraverso il portale posteriore con successiva dilatazione dello spazio tra il sottocute e la bendelletta. Tale spazio è ulteriormente delineato attraverso l’uso di uno shaver, che rimuove il tessuto sottocutaneo fino a quando non si riesca ad evidenziare bene il limite della ITB.
A questo punto il trattamento della varie patologie dello spazio peritrocanterico può essere eseguito in tutta sicurezza. Si rimanda ai paragrafi seguenti la descrizione dettagliata delle singole tecniche endoscopiche.
Indicazioni e tecniche specifiche
Borsite peritrocanterica
La borsite trocanterica è una sindrome dolorosa molto frequente nella pratica ortopedica; consiste in un dolore localizzato in corrispondenza del gran trocantere, soprattutto in sede superiore e postero-laterale, con irradiazione verso il basso e lateralmente alla coscia.
Il meccanismo fisiopatologico è legato a microtraumi ripetuti tra il gran trocantere e la sua borsa e la bendelletta ileotibiale che vi scorre sopra La diagnosi di borsite trocanetrica non è sempre agevole in quanto gli stessi sintomi possono essere segno riferito di altre patologie più importanti quali coxartrosi, osteonecrosi cefalica, patologia della sacro-iliaca, patologe lombari e compressioni radicolari.
La diagnosi clinica è legata prevalentemente alla dolorabilità; il dolore viene elicitato tramite palpazione profonda del gran trocantere, con il paziente in posizione laterale e arto addotto; tale segno semeiotico viene conosciuto con il nome di “Little sign”. Alcuni pazienti possono presentare una positività al test di Ober a causa dell’ aumentata tensione della bendelletta ielo-tibiale e nei quali può concomitare una coxa saltans. L’infiltrazione con anestetico in corrispondenza della borsa trocanterica e la successiva scomparsa dei sintomi conferma la diagnosi.
Gli esami radiografici sono generalmente negativi e sono utili per escludere altre patologie dell’anca; in rare occasioni possono essere presenti calcificazioni peritrocanteriche; in tali situazioni può essere fatta diagnosi di borsite calcifica; le calcificazioni peritrocanteriche possono essere più spesso presenti in esiti dolorosi di artroprotesi di anca. La risonanza magnetica non è un elemento necessario per la diagnosi, ma può evidenziare un’eventuale concomitante interessamento dei tendini del medio gluteo e piccolo gluteo a livello della loro inserzione sul gran trocantere.
Nella maggior parte dei casi la sindrome viene trattata in maniera incruenta con terapia medica, fisica o infiltrativa, con alta percentuale di risoluzione: nei casi recalcitranti, e soprattutto nei casi di calcificazioni peritrocanteriche, può essere eseguito il trattamento chirurgico di bursectomia.
La bursectomia endoscopica consente la rimozione della borsa e delle eventuali calcificazioni; il paziente viene posizionato in decubito laterale ed in assenza di trazione. Vengono utilizzati due portali uno prossimale ed uno distale a distanza di 2-3 cm dal gran trocantere; i portali sono posizionati su una linea longitudinale lievemente anteriore rispetto al centro del trocantere. Viene utilizzata una lama full-radius con la quale in un primo tempo viene asportato il grasso sottocutaneo fino a completa visualizzazione della bendelletta ileo-tibiale; la bendelletta viene incisa longitudinalmente nelle sue fibre in sede lievemente posteriore rispetto alla regione centrale; si ottiene così l’esposizione della borsa trocanterica, che viene asportata con lo shaver.
Un ago da 18-gauge è solitamente posizionato in corrispondenza del gran trocantere e mantenuto per favorire l’orientamento. È importante al termine della procedura eseguire una buona coagulazione per evitare ematomi post-operatori; è in ogni caso opportuno posizionare al termine dell’intervento un drenaggio per qualche ora.
I pazienti possono deambulare con carico a tolleranza sull’arto operato con l’ausilio di 2 bastoni canadesi già nell’immediato post-operatorio.
Tutti gli Autori in letteratura concordano che, nella maggior parte di questi pazienti, un approccio conservativo abbia un risultato positivo e definitivo. Soltanto pazienti selezionati sulla base di adeguati criteri diagnostici e comunque dopo un primo periodo di terapie conservative, possono essere candidati ad un intervento chirurgico; il trattamento dovrà ovviamente tener conto anche delle patologie eventualmente associate (bendelletta ileo-tibiale, patologia dei tendini della cuffia dei rotatori dell’anca).
Uno studio pubblicato con una casistica di 25 pazienti da Baker Jr ed un secondo su 27 pazienti affetti da borsite trocanterica pubblicato da Fox Jl, hanno evidenziato risultati buoni-eccellenti dopo bursectomia endoscopica.
Wiense et al nella loro casistica di 37 pazienti valutati ad un follow-up medio di 25 mesi (12-40) ha verificato un miglioramento del JOA score di 32 punti (40,5 - 72,6) in assenza di complicanze maggiori ed una ridotta ospedalizzazione5.
Lesioni del piccolo e medio gluteo
Il complesso muscolare dei tendini medio e piccolo gluteo si inserisce sul gran trocantere e svolge un ruolo fondamentale nella deambulazione e nella stabilità articolare dell’anca.
Fra le lesioni tendinee identificate a questo livello, la lesione degenerativa o traumatica è la più frequente, ed è anche definita “lesione della cuffia dei rotatori dell’anca” 6.
Si tratta di una patologia piuttosto frequente, ma ancora poco conosciuta e quindi raramente diagnosticata.
Il quadro clinico può simulare quello di una semplice borsite trocanterica, ma è generalmente resistente alla terapia medica ed infiltrativa che in questi casi viene eseguita. I sintomi consistono in dolore in corrispondenza delle inserzione dei tendini al gran trocantere, con accentuazione del dolore e difficoltà all’abduzione dell’anca; all’esame obiettivo vi è dolore all’extrarotazione e abduzione contro resistenza con anca flessa a 90°, algia e facile affaticabilità in appoggio monopodalico.
La lesione è spesso individuata a livello del gluteo medio e può essere completa, parziale o interstiziale7. In maniera del tutto simile a quello che si verifica nella spalla, le calcificazioni tendinee possono essere ritrovate anche a livello dell’anca e sono più spesso localizzate sul piccolo e medio gluteo.
L’esame radiografico è generalmente negativo, può mostrare iniziali manifestazioni artrosiche che non giustificano il dolore presente e raramente può evidenziare la presenza di microcalcificazioni in corrispondenza dell’inserzione tendinea dei glutei al gran trocantere.
La presenza di lesioni tendinee può essere confermata da una ecografia o da una RMN, che consente una più accurata valutazione del danno.
Le lesioni tendinee dei glutei possono essere evidenziate e trattate per via endoscopica mediante reinserzione con ancore al gran trocantere. La trazione non è generalmente richiesta sebbene alcuni autori la preferiscano per avere una migliore tensione degli abduttori. I portali utilizzati sono quelli tradizionali (antero-laterale, postero-laterale, mid-anterior, antero-laterale prossimale accessorio, antero-laterale distale accessorio) insieme con altri portali specifici che variano a seconda della tecnica utilizzata e delle preferenze dell’operatore. Alcuni autori consigliano di eseguire prima una valutazione intra-articolare ed eventualmente trattare le patologie concomitanti.
L’artroscopia diagnostica dello spazio peritrocanterico dovrebbe iniziare con la visualizzazione del grande gluteo alla sua inserzione sul femore, subito sotto il vasto laterale. Questo ci permette di delimitare il campo di manovra inferiormente e di proteggere in questo modo il nervo sciatico.
Viene poi visualizzata l’inserzione del medio gluteo in corrispondenza del bordo posteriore della bendelletta ileo-tibiale; viene successivamente asportata la borsa trocanterica e meglio visualizzata la lesione tendinea; viene preparata con una lama full-radius la regione trocanterica in cui reinserire il tendine; viene quindi inserita un’ancoretta metallica o bioriassorbibile perpendicolarmente al gran trocantere sul footprint ed il tendine è reinserito con tecnica analoga alla riparazione di una lesione della cuffia dei rotatori nello spazio sub-acromiale della spalla.
Il protocollo riabilitativo prevede 6 settimane di carico parziale con assoluto divieto ai movimenti di abduzione. Nessuna restrizione viene data per la flessione e l’estensione dell’anca. Il potenziamento isometrico comincia dopo 6 settimane e può essere aumentato dopo 12 settimane, fino al recupero completo della forza.
Esistono pochi dati nella Letteratura scientifica che prendono in esame il trattamento della patologia della cuffia dei rotatori dell’anca. Tuttavia la tecnica di riparazione endoscopica sembra dare un eccellente recupero della sintomatologia dolorosa e ad una ripresa della funzione motoria.
Kandemir et al. nel 2003 descrivono una tecnica per il trattamento endoscopico delle tendiniti calcifiche del tendine del piccolo e medio gluteo. In uno studio del 2009 Kelly et al pubblicano risultati incoraggianti su 10 pazienti, con risoluzione completa dei sintomi ed assenza di complicanze.
Sindrome dell’anca a scatto esterna
L’anca a scatto esterna o “coxa saltans” è caratterizzata appunto da uno scatto palpabile e molto spesso anche udibile, al passaggio dell’anca dalla posizione flessa a quella estesa. La porzione posteriore della bendelletta ileo-tibiale nel suo scorrere al di sopra del gran trocantere determina questo fenomeno.
Lo scatto si determina per un ispessimento della parte posteriore della bendelletta o, in un numero minore di casi, del margine anteriore del muscolo grande gluteo, che è in contiguità con la parte posteriore della bendelletta.
La flessione dell’anca fa scivolare la bendelletta al davanti del trocantere e quando la parte posteriore ispessita della bendelletta viene a contatto con il gran trocantere scatta in avanti; durante il movimento di estensione lo stesso meccanismo di scatto si determina in senso inverso per passaggio della bendelletta posteriormente.
Questa condizione può essere del tutto asintomatica. Tuttavia in alcuni sport come la corsa e la danza il trauma ripetitivo può causare dolore e disabilità.
L’esame obiettivo, oltre all’evidenza dello scatto, che viene spesso provocato volontariamente dal paziente, consiste in possibile dolorabilità sull’inserzione della bendelletta o sul gran trocantere, con saltuaria irradiazione dolorosa laterale alla coscia.
La terapia conservativa è nella gran parte dei casi risolutiva, tuttavia quando la remissione dei sintomi è insoddisfacente, è indicato il trattamento chirurgico.
Esistono pochi dati di Letteratura sul trattamento endoscopico dell’anca a scatto esterna, sebbene i risultati iniziali appaiono incoraggianti.
Il trattamento endoscopico si basa su due principali tipologie di intervento:
- nel primo caso si esegue il release della bendelletta ileo-tibiale
- nel secondo si esegue un allungamento della stessa
Ilizaliturri et al ha evidenziato in uno studio su 11 pazienti con sindrome dell’anca a scatto laterale trattati con release endoscopico ad un follow-up di 2 anni, la completa risoluzione dei sintomi nel 91% dei casi.
Nella nostra esperienza eseguiamo il release endoscopico orizzontale con paziente in decubito laterale; i portali utilizzati nella nostra esperienza sono localizzati a circa 2 cm, anteriormente e posteriormente, dalla regione trocanterica, a livello dell’inserzione della bendelletta. Il primo tempo chirurgico consiste nell’asportazione del tessuto sottocutaneo con full-radius; viene così identificata l’inserzione trocanterica della bendelletta e viene eseguito un suo release con radiofrequenze; è opportuno al termine della procedura eseguire una coagulazione dei piccoli vasi recisi e posizionare un drenaggio per circa 12 ore.
E’ una tecnica sicura e riproducibile, associata a risultati eccellenti in termini di risoluzione dello “scatto”, ritorno all’attività sportiva e soddisfazione del paziente.
Conclusioni
L’applicazione della tecnica artroscopica nella patologia dell’anca rappresenta l’ultima frontiera delle tecniche mini-invasive in ortopedia ed il trattamento endoscopico della patologia extra-articolare è in quest’ambito un ulteriore esempio dell’ampliamento delle conoscenze e della pratica chirurgica. Sebbene sia una chirurgia impegnativa e non scevra da complicanze, riteniamo che il miglioramento della diagnostica strumentale e la più precisa conoscenza delle patologie interessate forniranno, nei prossimi anni, una sempre maggiore diffusione tra i chirurghi ortopedici.