La nanomedicina
Applicazioni della nanotecnologia in campo medico. In futuro nanomacchine biocompatibili potranno ad esempio riparare l'organismo in caso di lesione
La nanomedicina
Uno dei più ambiziosi campi d’applicazione della nanotecnologia
sarà quello medico.
Sviluppare nanomacchine capaci di integrarsi appieno in un
ambiente organico presenta enormi problemi sul versante del rigetto
immunitario e sulla difficoltà di prevedere gli effetti collaterali a
lungo termine.
Secondo Patricia Connolly, bioingengere presso l’Universita di
Strathclyde, l’approccio migliore al problema è quello di assumere
fin dal principio una prospettiva olistica, che trascenda la soluzione
immediata di singole patologie per concentrarsi su un programma
unitario diviso in più punti con lo scopo di prolungare la vita
umana.
Uno dei più importanti scogli da superare è proprio il nostro sistema
immunitario, che provoca naturalmente delle risposte infiammatorie
all’invasione di corpi esterni. Forse la prima, in ordine di tempo,
applicazione della nanomedicina dovrebbe consistere nella
produzione di protesi e strumenti chirurgici biocompatibili, cioè
provvisti di una superficie strutturata a livello molecolare in modo
tale da non provocare il rigetto o irritazioni.
Un secondo passo sarebbe lo sviluppo di interfacce bioniche che
consentano di collegare il sistema nervoso a impianti cibernetici in
modo del tutto ergonomico e sostenibile dall’organismo. Con
interfacce del genere e la convergenza con la robotica, è pensabile
realizzare protesi rivoluzionarie, quali sistemi di percezione per non
vedenti e non udenti, o sistemi di deambulazione per chi è
impossibilitato a camminare.
Il progresso nel campo della nanobiotecnologia può d’altra parte
conseguire risultati quasi invisibili eppure efficacissimi.
Il sistema immunitario stesso, potrebbe essere potenziato (fino ad
essere sostituito) da famiglie di nanomacchine biocompatibili
studiate per riparare il nostro organismo in caso di lesione, ripulire
le arterie dal colesterolo e i polmoni dalle sostanze tossiche che
respiriamo, elaborare e rilasciare farmaci proprio nei punti in cui
sono necessari.
Secondo Drexler è teoricamente possibile costruire nanomacchine
capaci di leggere il DNA di cellule sane, registrarlo, e controllare
tutte le altre cellule di un tessuto per verificarne la correttezza,
potenziando drasticamente le capacità degli enzimi naturali preposti
a tale scopo e riducendo di conseguenza il rischio di sviluppare
tumori.
In questa prospettiva, ancora del tutto ipotetica, non sembra così
strano pensare a un radicale prolungamento della vita sana,
soprattutto dovuto a un sistema di prevenzione intelligente e
“informatizzato” diffuso in tutto il corpo e capace di tenersi sempre
aggiornato mediante degli “upgrade” periodici.
Uno dei ricercatori più interessati allo sviluppo della
nanobiotecnologia è Robert Freitas Jr., dell’Institute for Molecular
Manufactoring in California. Secondo Freitas, la soluzione ai
problemi identificati da de Grey verrà dallo sviluppo di
nanomacchine biocompatibili che consentiranno ai medici di
“eseguire riparazioni interne a cellule individuali in tempo reale,
eliminando di conseguenza quasi tutte le principali cause di morte
biologica naturale
Due esempi di nanorobot relativamente semplici ma di grande
utilità sono il “respirocita” e il “microbivoro”.
Il respirocita è un globulo rosso artificiale, molto più piccolo della
controparte naturale, capace di contenere una pressione di 1000
atmosfere e oltre. Grazie a una serie di rotori disposti sulla sua
superficie, e a dei sensori di temperatura e pressione, il respirocita
può rilasciare ossigeno e catturare anidride carbonica nel sangue.
Secondo Freitas, basterebbero 5cc di respirociti per raddoppiare la
densità di ossigeno trasportabile dal sangue di una persona adulta:
questa capacità potrebbe svolgere funzioni terapeutiche, come
rilasciare ossigeno extra in caso di soffocamento, o preventive, come
mantenere in vita più a lungo chi ha subito un infarto. Il microbivoro
invece, è un nanorobot progettato per svolgere la fagocitosi e
supportare i globuli bianchi nel loro compito di pulizia del sangue
da agenti esterni, evitando che questi si accumulino nel tempo. La
parte interessante di queste invenzioni (che ad oggi sono ancora
sulla carta) è che non sembrano essere niente di particolarmente
innovativo, perché sfruttano i principi delle nanomacchine
biologiche di cui noi stessi siamo fatti, sviluppatesi con la selezione
naturale nel corso di milioni di anni. I nanoingengeri si
limiterebbero solo a potenziare le funzionalità di organi naturali,
ottenendo però come risultato un significativo miglioramento della
longevità umana.
E' nostro desidero sviluppare canali di Ricerca in questo settore
nello studio del G-Quadruplex in Nanoscienza.
www.studiomedicocirolla.it
www.aismo.it
Prof.ssa Virginia A.Cirolla
MD,PhD in Experimental And Clinical Research Methodology in Oncology Department of Medical and Surgical Sciences and Translational Medicine "Sapienza" University of Rome
National President A.I.S.M.O. ONLUS
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