Ebola: ennesima occasione persa
Che l'Ebola sia un virus letale e che vi sia un forte rischio di epidemie è noto da quasi 40 anni... E non si è mai fatto niente
Il caso Ebola: un clamoroso esempio di incapacità di pianificazione della ricerca farmacologica e di mancata prevenzione sanitaria
Di Ebola si parla da almeno 37 anni. Il 12 marzo del 1977 la prestigiosa rivista scientifica Lancet sottolineava la gravità della infezione da virus Ebola, riportando circa 350 morti in Zaire, avvenuti tra il Settembre e il Novembre 1976 (Lancet 12 marzo 1977, vol. 8011, pag. 581-582; e pag. 569-573).
Che fosse un virus letale è noto da allora. Anche il forte rischio di epidemie è noto da allora. Da allora scienziati di tutto il mondo se ne occupano, pubblicando ad oggi più di 2000 articoli nella letteratura scientifica. Anche il grande schermo si è occupato di Ebola, con pellicole di grande impatto (per es. con il film "Virus letale" del 1995, con Dustin Hoffman e Morgan Freeman), così come il mondo dei videogiochi (vedi "Resident evil") e la narrativa (vedi "Nel bianco" di Ken Follett).
Davvero tutti sapevano che prima o poi l'epidemia sarebbe esplosa, eppure farmaci e vaccini specifici ad oggi non sono disponibili. C’è da chiedersi se questo sia dovuto alla particolare aggressività del virus, o non per caso alla remota localizzazione geografica dei focolai. L’attenzione mediatica su questi focolai, almeno in Italia, è stata sempre abbastanza fugace. Solo ora, quando il rischio si avvicina, il livello di allerta e di attenzione è improvvisamente aumentato.
Adesso, nel pieno della emergenza, in assenza di terapie efficaci di qualunque tipo, le misure di contenimento che si stanno attuando sono tardive, e l'Organizzazione Mondiale della Sanità, con il potere che le è conferito dalla materia di cui tratta, avrebbe l'obbligo di denunciare con chiarezza cosa non ha funzionato nella prevenzione e nelle strategie di contenimento di una epidemia che tutti gli esperti del settore si attendevano da un momento all'altro, e la cui diffusione globale è stata da sempre considerata un rischio reale.
La cultura della prevenzione non è più un optional, come dimostrano mille altri colpevoli ritardi in campo sanitario e di controllo del territorio (vedi mancanza di controllo dell’inquinamento industriale, per la prevenzione dei tumori). La prevenzione è un lavoro lungo e silenzioso, che non dà visibilità e non fa guadagnare voti alle elezioni, ma può salvare migliaia di vite umane ed è senza alcun dubbio un assoluto imperativo. Sembrerebbe ovvio, eppure proprio sulla prevenzione c’è colpevole immobilismo e sottovalutazione da parte dei centri decisionali.
Il caso Ebola è un clamoroso esempio di incapacità di pianificazione della ricerca farmacologica e di mancata prevenzione sanitaria. Tutti ci auguriamo che sia possibile ora contenere l'infezione e recuperare rapidamente il ritardo accumulato nello sviluppo di farmaci e vaccini specifici. Con inevitabili ingenti costi, umani ed economici.
Antonio Facchiano
Oncologo c/o Istituto Dermopatico dell'Immacolata, IDI-IRCCS, Roma
Professore Biochimica c/o Università Tor Vergata, Roma