Resilienza: cos’è e perché è così importante

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Resilienza: cos’è e perché è così importante

11-07-2017 - scritto da Paola Perria

Essere resilienti per affrontare meglio le sfide della vita, scopriamo come e perché.

Resilienza è un termine "nuovo" che usano in molti. Ma cosa significa esattamente?

 

Cos’è la resilienza? Se ne parla molto, ma spesso non si sa bene a quale particolare capacità faccia riferimento questo termine. Essere resilienti cosa significa esattamente? Non basta essere forti e pragmatici, come era richiesto alle generazioni che ci hanno preceduto, le quali pure avevano dovuto fronteggiare grandi tragedie collettive e complesse trasformazioni sociali? Per quale ragione la resilienza è una qualità venuta fuori proprio in questa fase storica che ci accomuna tutti, di crisi e precarietà?

Ma soprattutto: è davvero una novità nella storia umana?

 

Ad intuito, si potrebbe azzardare che oggi come non mai la resilienza è richiesta, perché questo termine ha molto a che vedere con concetti quali elasticità, flessibilità, capacità di adattamento. Non la rigidità, quindi, ma il suo opposto.

 

Resistere alle intemperie della vita richiede senza dubbio forza interiore, ma anche capacità di distacco e un po’ di sana ironia. Tutte qualità che ricadono nel campo semantico della resilienza. Questa parola, quindi, racchiude un mondo di significati. Proviamo a partire dalla sua definizione in psicologia

 

Per resilienza gli psicologi intendono la capacità di ogni essere umano di adattarsi alle avversità senza andare a pezzi –  traumi, problemi di salute (anche dei propri cari), perdita del lavoro, lutti, tragedie di vario tipo e forti stress – e di rialzarsi più forti di prima

 

 

La resilienza è quindi una forma di autoriparazione che sarebbe propria di ogni essere umano in quanto tale. Non si tratta, dunque, di una qualità da supereroi, ma di una competenza insita in tutti gli uomini e in tutte le donne. Tutti possiamo e dobbiamo essere resilienti, perché è la vita che ce lo richiede.

In ogni momento può accaderci l’imponderabile. Ci sono eventi sui quali abbiamo il controllo e altri che invece ci capitano tra capo e collo senza che possiamo prevenirli, né prevederli.

 

Basti pensare ad una catastrofe naturale come un terremoto, che di punto in bianco ci lascia senza casa, e talvolta ci strappa via affetti e amicizie. Una malattia improvvisa, un incidente, ma anche un licenziamento in tronco o qualche altro tipo di evento traumatico e repentino sono sempre in agguato.

 

Come sopravvivere? Come le bellissime canne del bambù, che con eleganza e flessuosità sono in grado di toccare il suolo senza spezzarsi quando vengono travolte da venti furiosi, per poi tornare esattamente come prima. Ovvero, nel nostro caso, con la resilienza.

 

Che non significa smettere di provare paura, dolore, rabbia. Significa sopravvivere a questi sentimenti, andare comunque avanti, trovare riserve di forza interiore per piegarsi ai venti della tempesta senza esserne travolti. Saper aspettare tempi migliori.

 

Quali sono i fattori che entrano in gioco nella resilienza? Eccoli in un piccolo schema:

  • Capacità di programmare piani realistici e di realizzarli passo dopo passo
  • Una solida autostima e fiducia nella propria autoefficacia e nella propria forza interiore
  • Abilità comunicative e nel problem solving
  • Capacità di modulare reazioni impulsive e di controllare sentimenti forti

 

Ok, possono sembrare le caratteristiche di un leader o di un top manager, ma gli psicologi sostengono che in realtà si tratta di qualità alla portata di tutti. Questo, però, non significa che siano innate.

 

In realtà - ed è questo il concetto forse più importante di tutti – resilienti non si nasce, ma si diventa.

 

Come ci si costruisce una solida capacità di resilienza? Lavorandoci, con molta pazienza, tanti passi falsi e una gran voglia di mettersi in discussione, di crescere.

Ecco qualche suggerimento:

  • Coltivare l’ottimismo. Si sa, il bicchiere mezzo pieno… aiuta! Quando ci assale il pessimismo, i pensieri diventano pesanti, ossessivi e sempre rigorosamente virati in nero, è chiaro che non si riesce a scorgere una via d’uscita alle situazioni problematiche o stressanti nemmeno se le abbiamo davanti. Per tale ragione è importante, fin da giovani, cercare di vedere sempre anche i lati positivi delle cose, degli eventi che ci accadono, nonché delle persone che frequentiamo
  • Lavorare sull’autostima. Inutile distruggersi, saggio costruirsi! Bisogna imparare a vedere i nostri punti di forza, essere consapevoli delle nostre qualità e dei nostri talenti al fine di valorizzarli
  • Saper delegare. Nessuno è indispensabile!
  • Fidarsi degli altri e cercare un supporto sociale e familiare quando necessario. Ci vuole un po’ di umiltà e una sana capacità di lasciare andare il controllo, quando necessario
  • Amare la vita. Vale soprattutto quando tutto ci crolla addosso. La vita vale sempre e comunque la pena di essere vissuta
  • Mantenere un sano distacco dalle cose e dalle persone (inclusi casa, denaro, affetti). Non significa fregarsene. Al contrario, è il modo migliore per prendersi cura di ciò a cui teniamo di più. Tutto ciò che abbiamo… non lo abbiamo, nel senso che è transitorio, pertanto è bene tenerlo a mente. Non attaccarsi alle cose materiali e alle persone ci permette di superare meglio una eventuale perdita, consapevoli che amare è libertà, che i nostri cari non ci appartengono, e che gli oggetti non fanno la felicità
  • Saper ridere di sé. Sempre e comunque!

 

Per vivere ci vuole coraggio, energia, creatività, immaginazione, ambizione, e soprattutto tanto amore, per sé e per gli altri. Resilienza, alla fine, non è che questo.

 

Fonti:

Categorie correlate:

Psiche, psicologia




A cura di Paola Perria, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo dal 2009, Master I livello in Gender Equality-Strategie per l’equità di Genere con tesi sulla medicina di genere.
Profilo Linkedin di Paola Perria
 

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ATTENZIONE: le informazioni che ti propongo nei miei articoli, seppur visionate dal team di medici e giornalisti di ForumSalute, sono generali e come tali vanno considerate, non possono essere utilizzate a fini diagnostici o terapeutici. Il medico deve rimanere sempre la tua figura di riferimento.



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