Accettazione e rifiuto materno del bambino

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Accettazione e rifiuto materno del bambino

08-09-2008 - scritto da dott_cristinafiore

La depressione della mamma colpisce anche il bambino che porta in grembo?

Che cosa mette veramente a rischio l’equilibrio psico-fisico del nascituro?

Accettazione e rifiuto materno del bambino
Che cosa mette veramente a rischio l’equilibrio psico-fisico del nascituro?

Negli ultimi anni una serie di studi ha documentato i rischi di patologie durature nei bambini esposti a stress materno eccessivo, ansia e depressione durante la vita intrauterina. I ricercatori hanno scoperto che:
- È verosimile che le madri di figli schizofrenici abbiano avuto una forma di depressione durante i sesto o il settimo mese di gravidanza (due volte superiore alle altre);
- I bambini le cui madri erano sottoposte a stress durante la gravidanza possono andare incontro ad un rischio maggiore di iperattività, problemi motori e deficit dell’attenzione rispetto ai bambini di madri tranquille;
- I bambini che vengono sottoposti ad ecografia durante l’amniocentesi (situazione altamente stressante) mostrano maggiori movimenti fetali rispetto a quelli sottoposti ad ecografie di routine (senza amniocentesi);
- Madri emotivamente disturbate danno vita a bambini con elevato rischio di turbe del sonno, problemi digestivi ed irritabilità.

Le sensazioni e gli stati d’animo materni sono legati ad ormoni e neurotrasmettitori che viaggiano attraverso il flusso sanguigno e la placenta verso il cervello del nascituro. Un’esposizione prolungata ad ormoni dello stress, inclusa adrenalina e cortisolo, istruiscono il cervello in fase di formazione a reagire secondo la risposta della “lotta e fuga” anche in casi inappropriati, per tutta la vita. Il pensiero della madre sulla gioia e sull’amore inonda il cervello di endorfine buone e di neurormoni come l’ossitocina, in grado di fornire benessere duraturo.
Le nuove scoperte mostrano come le emozioni materne e persino i suoi pensieri influenzano direttamente l’impianto cerebrale. [-i]
Lo stress può modificare la relazione madre-bambino:
- Durante il periodo della creazione
- Durante il periodo del concepimento
- Durante il periodo embrionale
- Durante il periodo fetale[ii]

Stress durante il periodo della creazione.
Gli psichiatri e gli piscoanalisti insistono sull’importanza del desiderio di un figlio e sulla realtà di un’interazione molto precoce fra l’amore dell’uomo per la donna e per il bambino desiderato. Il bambino appare come la materializzazione di un amore totale fra due esseri complementari che si esprimono a livello comportamentale (corpo, voce, scambi sensitivo-sensoriali, parole, sguardi), a livello affettivo (tonalità affettiva globale, capacità di essere in risonanza), a livello fantasmatico (cosciente, pre-cosciente, inconscio; prospettiva transgenerazionale dominata dall‘inconscio). Le conseguenze di questo stress sono molteplici, la più evidente è l’impossibilità di avere una gravidanza.

Stress durante il periodo del concepimento e dell’impianto
È il momento dell’incontro tra l’ovulo e o spermatozoo che avviene nelle tube di Falloppio. Nei cinque giorni che seguono l’ovulazione si può individuare un’azione sull’ovulo attraverso la secrezione di specifiche proteine a catena lunga e di elevato peso molecolare, differenti per ogni giorno post ovulatorio e attive nel momento dell’impianto; sullo spermatozoo attraverso la conservazione della mobilità e sull’ovulo fertilizzato attraverso il ruolo attivo della divisione, crescita e attivazione del genoma. Sulla superficie dell’ovulo ci sono specifici recettori per le porteine IGF1 e IGF2. La distribuzione dei recettori varia in accordo con il tempo della ovulazione-concepimento e dell’impianto sulla mucosa uterina. Victor Han riconosce che uno stress materno al momento della fecondazione può modificare l’equilibrio di tali recettori.

Stress durante il periodo embrionale
Questo periodo inizia nel momento dell’impianto dell’ovulo fecondato sulla mucosa uterina e dura fino all’8a settimana dopo l’ovulazione. Questa esplosione di cellule è sensibile all’ambiente attraverso la placenta che si trova sotto il controllo della IGF2. In questo periodo una buona disponibilità psicologica della madre (uno stress può modificare l’organizzazione placentare) è importante per la prevenzione del ritardo di crescita intrauterino (R.C.I.U.), del deficit mentale e della prematurità.

Stress durante il periodo fetale.
In questo periodo della gravidanza abbiamo una grande quantità di dati clinici sull’influenza dello stress materno sul comportamento e sullo sviluppo del cervello del feto.
1. Stress acuto emozionale o psico-sensoriale-affettivo.
Nella donna uno stress psico-sensoriale affettivo viene molto frequentemente seguito da un’angoscia o da uno stato di ansietà sub-acuta originata da una forma di “abbandono” estremamente deleteria per il feto. Myers si interessa dello stress emozionale acuto nella scimmia femmina raccogliendo i segni della SFA (sofferenza fetale acuta) dopo aggressioni psico-affettive fetali/materne; durante questi studi egli ricorda le osservazioni sui soggetti umani in cui l’angoscia cronica porta a ritardi nella crescita intrauterina (R.C.I.U.), come pure anomalie della morfologia e della vascolarizzazione placentare; cita i lavori di Grimm sull’importanza delle indagini psicologiche sulle madri con ripetute precoci interruzioni di gravidanza. Dal 1972, Myers porta l’attenzione sull’anomalia precoce dell’interazione madre-feto nel determinismo di lesioni vascolari placentarie che si manifestano solo più tardi sotto l’aspetto di R.C.I.U. o di ipertensione gravidica o di tossiemia.
Si rimane impressionati dall’osservazione delle anomalie dei dermatoglifi, causate dallo stress materno nel secondo trimestre di gravidanza (Newel-Morris: in seguito a stress materno psico-sociale, i neonati presentavano un’asimmetria dei dermatoglifi tra mano dx e mano sx. Bracha: consente di spiegare le interazioni epigenetiche dell’ambiente e della genetica nella determinazione della schizofrenia, ricordando che il secondo trimestre di gravidanza è un periodo importante per la massiccia migrazione dei neuroni verso il cortex, nello stesso periodo migreranno le cellule dermiche delle papille delle dita per formare i dermatoglifi).
Huttunen e Niskanen hanno mostrato che adulti il cui padre era deceduto prima della nascita, contavano in maggior numero atti criminali e patologie psichiatriche gravi rispetto a quelli in cui il padre era morto l’anno successivo alla nascita.
Lo stress materno, quindi, non solo influenza lo sviluppo del feto, ma a volte questa influenza può essere definitiva. È così che certe patologie psichiatriche possono trovare la loro origine in un’anomalia grave della relazione madre-bambino a causa di un’angoscia materna acuta durante la gravidanza. Huttunen insiste circa la gravità di traumi sopravvenuti tra il terzo e il quinto mese di gravidanza, data dell’instaurarsi del talamo che sarebbe per Trevarthen un centro iniziale dell’emozione. La madre sana mantiene comunque un ruolo protettore, è dimostrato da gravidanze sopravvenute in particolari condizioni, malgrado l’angoscia sub-acuta delle coppie, la donna metteva al mondo un figlio sano (ad es in guerra).

2. Lo stress cronico o sub-acuto
1941, Sontag: fu il primo a stabilire la relazione tra lo stress materno in gravidanza e il R.C.I.U.
1957, Stott: ritardo mentale in bambini nati da madri stressate
1965, Sontag: maggior frequenza di reflusso gastro-esofageo in bambini nati da madri ansiose
1970 Shaw e 1984 Newton: rapporto inverso tra ansietà materna e peso del corpo
1973, Stott: aveva dimostrato che i disturbi pediatrici erano in relazione a stress emozionali vissuti dalla madre in gravidanza, mentre l’esistenza di una patologia ostetrica non aveva alcuna incidenza sul sopraggiungere dei suddetti disturbi.
1982 e 1985, Choquet: rapporto fra lo stato globale del bambino a tre anni e quello della madre e dei genitori durante la gravidanza. I bambini nati da gravidanze “turbate” soffrivano di maggiori disturbi riguardanti: il sonno, il carattere, l’alimentazione, la digestione, l’apparato O.R.L.
1990, S. Richard, clinica di maternità universitaria di Tours: ha esaminato tre gruppi di madri. Un gruppo senza anomalia psicologica o psicologica affettiva grave, un gruppo con anomalie psico-affettive “compensate” e un gruppo con gravi disordini psico-affettivi (angoscia, rifiuto del bambino, abbandono, decesso). I bambini del terzo gruppo erano spesso soggetti a nascita prematura, difficoltà di parto, difficoltà neonatali, difficoltà alimentari nella prima settimana di vita e a un anno presentano spesso difficoltà di sonno, alimentari, problemi ORL, spasmi di singhiozzo, temperamento “difficile”. “Ogni influenza negativa come l’ansietà materna, rischia di nuocere alla sottigliezza dell’interazione in seno alla diade madre-bambino. Fra altri fattori,i turbamenti emozionali vissuti dalla madre durante la gravidanza possono contribuire a mantenere viva l’ansietà materna anche dopo la nascita e continuare un investimento affettivo conflittuale”.[iii]
Nel campo delle gravidanze patologiche appare come comune denominatore l’angoscia della madre, qualunque ne sia l’origine. Spesso questa ansietà è nascosta dalla disciplina imposta dall’educazione che la madre ha ricevuto; purtroppo l’assenza di manifestazioni esteriori non è equivalente all’angoscia equilibrata, compensata e quindi meno aggressiva.
Alcune équipe hanno provato che nel corso di angosce croniche esiste una secrezione anormale di catecolamine e che esiste una relazione fra l’importanza di tale secrezione in forma cronica sullo sviluppo fisico del bambino e sul suo comportamento verso la madre.

3. Lo stress ambientale
In occasione delle “Journées nationales de néonatologies” (1996, Parigi) Jacques Battin fece accenno all’importanza “genomica ed ambientale precoce sul futuro dell’individuo”. Le impronte che possono influenzare l’avvenire dell’individuo sono numerose: quelle che derivano dall’ambiente socio-educativo, dal vissuto emozionale, dai messaggi genitoriali di permesso o di divieto che esercitano la loro influenza sulla condotta comportamentale e quelle che rientrano nell’impronta genomica e negli effetti precoci dell’ambiente che si ripercuoteranno sullo sviluppo e sulla morbosità dell’adulto.
Vari tipi di influenze, soprattutto nutrizionali, possono alterare lo sviluppo di certi tessuti o sistemi, le cui ripercussioni si manifesteranno solo più tardi, durante la vita adulta.
Gli studi epidemiologici di David Barker circa gli effetti dell’ambiente intrauterino dimostrano che l’ipertensione arteriosa, i disturbi lipidici, il diabete mellito non insulino-dipendente, l’iperfibrinogenemia, vengono programmati durante la vita fetale e costituiscono la lontana conseguenza di un cattivo ambiente precoce, che si traduce in un R.C.I.U. e in un basso peso sia alla nascita che fino ad un anno di età. L’équipe di Barker segnala che tutti gli adulti con anomalie dei dermatoglifi sono testimoni di un’anomalia se non di uno stress sopravvenuto nel corso della vita uterina (come Newell-Morris).

Irvine scoprì che, nel terzo trimestre di gravidanza, il nascituro era più incline a reagire a stimoli ripetuti, rilevati attraverso il battito cardiaco. Alla luce degli studi che dimostrano che un’eccessiva esposizione a fonti di stress influisce sulla fisiologia cerebrale (distruzione ed inibizione della crescita di neuroni e sinapsi nell’area dell’ippocampo, diminuzione della produzione di alcuni neurocettori) trova significato la scoperta che i nascituri con madri tranquille, tendevano ad abituarsi ad una ripetuta esposizione ad uno stimolo determinato, reagendo in modo sempre meno accentuato con il passare del tempo[iv].
Stress materno e orientamento sessuale.
Una delle principali scoperte della neuroscienza dello sviluppo è stata quella secondo cui una sovrabbondanza di ormoni dello stress può influenzare la sessualità del cervello il quale assume, insieme al corpo, la sua natura sessuale in parte attraverso l’esposizione ad una giusta dose di ormone androgeno sessuale durante un periodo sensibile ben preciso prima della nascita. Ogni individuo possiede il circuito allo stadio iniziale di entrambe i comportamenti femminile e maschile. Gli ormoni della crescita agiscono in concomitanza con i geni durante il periodo sensibile nell’utero e poi durante la pubertà per fare emergere comportamenti sessuali diversi da individuo a individuo. L’inclinazione alla sessualità tiene conto di molte tipologie intermedie all’interno del suo range ed è qui che cade la maggioranza degli individui. Jaak Panksepp ha ipotizzato l’esistenza di quattro sessi a seconda del flusso di ormoni steroidei attraverso il cervello del feto. Ne emerge che l’ormone androgeno è quello che dà il calcio di inizio ad una cascata di eventi formativi che coinvolgono due steroidi allargati, estrogeni e DHT (diidrotestosterone). Sebbene l’estrogeno sia riconosciuto come l’ormone femminile per eccellenza, nell’utero viene mascolinizzato. È solo quando il testosterone si trasforma in estrogeno che il cervello fetale riceve il segnale definitivo che lo porta ad assumere una struttura mascolina. Analogamente il testosterone deve convertirsi in DHT prima che il corpo fetale completi il suo viaggio verso la femminilità.
Studi eseguiti sui topi hanno evidenziato che l’equilibrio ormonale può venire rovesciato da difetti genetici, tossine ambientali e dallo stress materno.
Sebbene il sesso sia determinato geneticamente, il centro sessuale del cervello, così come l’orientamento sessuale, emerge da un’interrelazione tra genetica ed ambiente all’interno dell’utero.

[-i] Thomas Verny, Pamela Weintraub “Bambini si nasce”, Bonomi Editore
[ii] Jean-Pierre Relier “Conseguenze dello stress materno sulla qualità della vita fetale”, Atti del Congresso “Impatto della vita prenatale sull’evoluzione dell’individuo, della cultura e della società”, Milano 9 e 10 giugno 2001.
[iii] Idem
[iv] Thomas Verny, Pamela Weintraub “Bambini si nasce”, Bonomi Editore


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