Apitossina drug sensor nella cura del cancro
Uno studio dimostra che l'apitossina, il veleno inoculato dal pungiglione delle api, sarebbe in grado arrestare il proliferare delle cellule cancerogene.
La mellitina dell'apitossina si lega alle cellule maligne fermandone crescita e riproduzione.

La mellitina è il principale componente dell’apitossina, il veleno inoculato dal pungiglione delle api che procura, se punti da uno o più insetti, gonfiore, dolore, bruciori e in alcuni casi anche effetti molto più gravi, come lo shock anafilattico.
Secondo studi recenti, non ancora condotti sull’uomo, tale sostanza è in grado arrestare il proliferare delle cellule cancerogene. Il veleno prodotto da api, serpenti e anche scorpioni contiene infatti catene di amminoacidi (i peptidi) che, una volta separate dagli altri composti chimici tossici presenti nel siero, si attaccano alla membrana delle cellule tumorali bloccandone la crescita e limitando la diffusione.
Questo risultato è stato verificato con successo usando peptidi nel trattamento contro il cancro al seno e il melanoma in prove di laboratorio. Il problema, però, è come somministrare queste sostanze a pazienti reali senza procurare effetti collaterali e arrecare danni all’apparato muscolare e al sistema nervoso e cardiocircolatorio: non si possono iniettare, né di certo sottoporre le persone a ripetute punture di insetto.
I ricercatori hanno così sviluppato una tecnica per portare la mellitina direttamente a contatto con le cellule cancerogene, inglobandola in particelle dalle dimensioni nanometriche. Le nanoparticelle drug sensor sono così piccole che non vengono rilevate dal sistema immunitario e riescono a trasportare il loro carico, cioè le tossine estratte dal veleno, fino al bersaglio prestabilito, andando a colpire solo le cellule maligne e non intaccando quelle sane.
Gli scienziati hanno sperimentato mellitina sintetica poiché le api ne producono una quantità così esigua che è complicato estrarla ogni volta per singoli test di laboratorio. Inoltre hanno prima eseguito una serie di simulazioni al computer per capire il funzionamento della mellitina all’interno delle nanoparticelle. Che alla prova dei fatti, esposte agli effetti del flusso sanguigno, hanno dimostrato la loro resistenza, arrivando a destinazione senza lasciar fuoriuscire le tossine impacchettate al loro interno. Ma a contatto con le cellule maligne hanno infine rilasciato la mellitina, che si è legata al loro involucro esterno fermandone la crescita e la riproduzione.
La sperimentazione è condotta su cavie anche se si pensa già a trial clinici su pazienti per monitorare gli effetti dei drug sensor nella vascolarizzazione ed effetti collaterali prima di brevettare il trattamento antineoplastico.
Prof.ssa Virginia A.Cirolla
MD,PhD in Experimental And Clinical Research Methodology in Oncology Department of Medical and Surgical Sciences and Translational Medicine "Sapienza" University of Rome
National President A.I.S.M.O. ONLUS
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Profilo del medico - Prof.ssa Virginia A. Cirolla
