La peste nera

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La peste nera

28-09-2008 - scritto da monica_balestrero

Scarsa igiene e malnutrizione nell'autunno del Medioevo

La peste nera e la storia della sua diffusione

Nonostante la mancanza di fonti dettagliate e certe, quali gli archivi dei censimenti di epoca romana, attraverso gli studi archeologici ed urbanistici, gli storici sono ormai concordi nell’affermare che tra X e XI secolo e fino ai primi del XIV secolo, vi fu in Europa un fenomeno di forte crescita demografica. Successivamente vi fu una dura carestia che colpì il continente fra il 1315 e il 1317 e che fece sentire i suoi effetti almeno fino al 1320. Le conseguenze demografiche furono l'aumento del tasso di mortalità, la diminuzione delle nascite e forse dei matrimoni, una minore speranza di sopravvivenza. In Italia questo fenomeno di recessione fu avvertito in tempi diversi: all’espansione delle città, corrispose un momento di forte crescita demografica, probabilmente dovuto ai progressi in ambito agricolo; infatti, alla fine del XIII secolo, la popolazione italiana contava circa 12-13 milioni di abitanti. Le città maggiori si trovavano nel centro-nord e superavano gli 80.000 abitanti. Gli storici concordano sul fatto che l’incremento della popolazione si sia arrestato prima della peste del 1348.
Quello che ci interessa studiare in questa sede è il rapporto tra alimentazione e popolazione, ovvero se, e in che modo, il regime alimentare praticato abbia avuto un’incidenza sull’aspettativa di vita della popolazione italica. Soffermiamo la nostra attenzione in particolare sul rapporto tra l’alimentazione e le epidemie che si susseguirono negli ultimi secoli del Medioevo.
Contro le pestilenze nessun medico, nessuna medicina, nessuna particolare indicazione dietoterapica poté combattere: a partire dal XII secolo, in Europa, si verificarono epidemie più o meno gravi, in media, ogni dieci o quindici anni.
La peste viene trasmessa all’uomo dal bacillo Yrsinia pestis, che è un parassita dei ratti. Il contagio avviene attraverso le pulci che, infettandosi succhiando il sangue dei ratti, trasmettono la malattia all’uomo. Anche la pulce dell’uomo (Pulex Irritans) può servire da vettore per il bacillo infetto, inoltre in alcuni individui contagiati può svilupparsi una polmonite secondaria; essi possono così diffondere il morbo attraverso l’espettorazione di particelle di muco infette.
La pestilenza ebbe il suo maggiore effetto nei centri urbani, a causa della forte concentrazione di abitanti e la conseguente diffusione più rapida del contagio. Un esempio emblematico di questa tendenza è quello di S. Gimignano, dove un censimento fatto nel 1308 e ripetuto nel 1350 mostra una diminuzione del 59% delle famiglie residenti in città e del 45% di quelle residenti in campagna.
I medici dell’epoca, pur rendendosi conto che i mesi estivi, quelli cioè di maggior proliferazione degli insetti, erano quelli in cui più facilmente si sviluppavano le epidemie, non imputarono alle pulci l’origine di esse, ma ai fetori del letame e delle immondizie delle città, che nei mesi caldi si avvertivano maggiormente. Il contagio, dunque, secondo le intuizioni della rudimentale scienza dell’età medievale, avveniva così:

“putridume - fetore - miasma - pestilenza”

Le fonti letterarie sottolineano come i quartieri più colpiti dal contagio fossero quelli abitati dai ceti bassi.
Nel prologo alla prima giornata del Decameron leggiamo:

“Della minuta gente, e forse in gran parte della mezzana, era il ragguardamento di molto maggior miseria pieno; per ciò che essi, il più o da speranza o da povertà ritenuti nelle lor case, nelle lor vicinanze standosi, a migliaia per giorno infermavano; e non essendo né serviti né atati d'alcuna cosa, quasi senza alcuna redenzione, tutti morivano. E assai n'erano che nella strada pubblica o di dì o di notte finivano, e molti, ancora che nelle case finissero, prima col puzzo de lor corpi corrotti che altramenti facevano a' vicini sentire sé esser morti; e di questi e degli altri che per tutto morivano, tutto pieno.”

I quartieri più colpiti furono, dunque, quelli più poveri: questa situazione è coerente con le teorie mediche della relazione tra livelli di nutrizioni, sviluppo e gravità delle malattie infettive. Non possiamo, però, attribuire alla sottonutrizione un ruolo determinante per l’espansione del contagio, che sembra essersi propagato in particolar modo a causa delle scarse condizioni igieniche, almeno stando alla teoria di Massimo Livi Bacci che, esaminando i dati sulla mortalità delle élites europee, ed in particolare dei Pari d’Inghilterra in età moderna, ha notato che la loro speranza di vita era pressoché uguale a quella del resto della popolazione.
Se la mancanza di cibo non fu una delle cause di sviluppo del morbo, certamente però ne accentuò la gravità e lo accompagnò per tutta la durata dell’epidemia, e anche nel periodo successivo.
La mancanza di igiene delle città fu il fattore promotore dell’epidemia di peste: il bacillo, proveniente da oriente attraverso le navi mercantili, trovò un habitat adatto nei comuni italiani che non avevano provveduto ad un’efficace politica di risanamento dei quartieri popolari e di pulitura delle strade, nonostante la politica d’incentivazione degli studi di medicina e il continuo reclutamento di medici, le misure di bonifica e i provvedimenti presi nel campo degli approvvigionamenti.
L’arte sanitaria non trovò rimedi efficaci per la cura della peste, ma si limitò ad elaborare consigli per sfuggire al contagio, consigli che, per la maggior parte, riguardavano comportamenti alimentari considerati idonei per mantenere il fisico in buona salute. In particolare ci si raccomandava di mangiare abbondantemente e soprattutto cibi grassi, che dessero energia e calore.



References
BIBLIOGRAFIA

CARABELLESE, La peste del 1348, Rocca S. Cassano 1893.
CHANDRA - NEWBERNE, Nutrition, Immunity and Infection, New York 1977.
CIPOLLA, Miasmi e Umori, Bologna 1989.
LIVI BACCI, Crisi demografica e struttura della famiglia: una proposta di analisi in Strutture familiari, epidemie e migrazioni nell’Italia medievale, Napoli 1984.
LIVI BACCI, Popolazione e alimentazione, Bologna 1987, pp.102-105.
MCKEOWN, Food, Infection and Population, in “Journal of Interdisciplinary History”, 14 (1983), n.2.
NADA PATRONE, Alimentazione e malattie alla fine del Medioevo. Risultati di una ricerca, in “Bollettino Storico Vercellese”, 2, 1985.
Categorie correlate:

Hobby, tempo libero, società


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Monica Balestrero
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ROMA
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