Rosolia, vaccino e gravidanza

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Rosolia, vaccino e gravidanza

05-03-2013 - scritto da Cinzia Iannaccio

Il vaccino antirosolia, nell'infanzia e prima della gravidanza

La vaccinazione preventiva contro la rosolia in gravidanza

Rosolia, vaccino e gravidanza Come noto, la rosolia è una patologia provocata da un virus, che colpisce nell’infanzia e al pari delle altre malattie esantematiche comuni è raramente pericolosa in questa fascia d’età. Tutto cambia se invece la rosolia viene contratta da adulti, soprattutto dalle donne in gravidanza. Per questo da tempo è raccomandata e gratuita la vaccinazione preventiva.

E’ curioso, ma mi ricordo ancora il vaccino antirosolia che mi hanno fatto a scuola nel secolo scorso: una vaccinazione di massa in classe con una strana siringa che sembrava un fischietto, appoggiata sul braccio. Fino al 1999, nel nostro Paese (ma anche altrove) venivano vaccinate le bambine in età pre-puberale (proprio perché a rischio di contrarre la rosolia in gravidanza). Oggi il vaccino antirosolia si somministra in maniera diversa: il percorso intrapreso nel passato non si è rivelato abbastanza efficace per la totale eradicazione del virus che causa la malattia. A livello internazionale si è dunque optato per la vaccinazione di tutti i bambini (maschi e femmine).

Si effettua la cosiddetta trivalente (vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia in un’unica volta), intorno ai 12-15 mesi di vita, per fare poi un richiamo tra i 5 ed i 6 anni. Trattandosi di una vaccinazione però solo consigliata e non obbligatoria il problema si pone nuovamente con le donne in età fertile che non sono state sottoposte a profilassi in precedenza: contrarre questa malattia nel primo trimestre di gravidanza significa rischiare aborto, morte intrauterina del bimbo, o sindrome da rosolia congenita, una condizione gravissima che comporta malformazioni fetali di vario ordine e grado, tra cui ritardo mentale, sordità e malattie cardiache.

Prima di affrontare il concepimento di un bimbo quindi occorre valutare se si hanno gli anticorpi della rosolia, cioè se si è immuni o a rischio: per questo tra le analisi del sangue che si fanno prima di “chiamare la cicogna” c’è anche il rubeotest che ha proprio questo scopo. Nel caso gli anticorpi siano presenti si può stare tranquille, altrimenti si può optare per la vaccinazione (sempre gratuita). Del resto, non tutte le nonne ricordano bene quali malattie abbiamo avuto da piccine e molte di quelle esantematiche si confondono tra loro. Non è il caso di affidarsi alla memoria con i rischi seri connessi a questo virus.

Come tutti i vaccini “vivi attenuati”, la sua somministrazione è controindicata in alcune categorie di persone, comprese le donne incinte o che considerano esserlo entro i 30 giorni successivi. Su questo aspetto c’è molta ansia e confusione (sui vaccini spesso accade, è uno dei motivi per cui non ne sono una fan accanita): c’è il timore che il virus attenuato anche dopo tre o sei mesi possa essere pericoloso per il feto. Sono proprio i medici a volte a creare questo allarme. Secondo ciò che affermano le autorità sanitarie (ISS e ministero della salute) invece già dopo un mese non ci sono rischi. Ad ognuno la sua scelta, come sempre in caso di vaccinazioni consigliate.

Foto: vcucns per flickr


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