Cos'è il danno psichico?
La definizione di fronte alla legge
Il ‘Danno psichico’ in Giurisprudenza è inteso quale danno biologico di natura psichica, ossia una compromissione della salute, consistente in un’alterazione delle funzioni psichiche
Il danno psichico è una componente del ‘danno biologico’, che costituisce lesione dell’integrità fisica o psichica dell’individuo, che provoca conseguenze negative sulla vita concreta del danneggiato.Quando queste conseguenze negative sono causate, non da una lesione del corpo, ma da una alterazione delle facoltà mentali, si parla di danno psichico. Quest’ultimo può essere definito, pertanto, come “ la menomazione psichica esprimente lo stato di peggioramento del modo di essere di una persona, a causa di un disturbo psichico determinato da una lesione psichica, cioè da un’ingiusta turbativa del suo equilibrio psichico ” (Brontolo e Marigliano, 1995).
Il danno psichico richiede la presenza di tutti i presupposti del danno biologico, cioè:
1. una lesione psichica, cioè un’alterazione patologica del precedente equilibrio psichico del danneggiato;
2. una menomazione o una malattia psichica in senso medico-legale, causata dalla lesione;
3. un peggioramento della qualità della vita, causata dalla menomazione.
La lesione dell’equilibrio psichico del danneggiato però non necessariamente deve essere prodotta da una lesione organica. La lesione può anche derivare da uno shock, dall’aver subito o aver assistito ad un evento traumatico, dall’essere stato vittima di un’ingiuria, (Castaldi 1997; Ponti 1992).
Quanto alla menomazione psichica, causata dalla lesione, essa non deve consistere in un mero turbamento soggettivo: “… affinché si possa, e sia giusto, ipotizzare un risarcimento, tale alterazione non deve essere solo il momento di disagio o di sofferenza che accompagna l’evento o l’assestarsi delle sue conseguenze. In tal caso, infatti, avremmo solo una reazione depressiva, di durata ed intensità congruente con l’evento, che si normalizza in tempi brevi” (Pajardi 1993).
La menomazione deve quindi rappresentare una vera e propria malattia psichica, cioè la perdita o la riduzione di una delle conseguenti facoltà mentali dell’individuo danneggiato. Così, per fare un esempio, la tristezza non costituisce un danno psichico se non degenera in una vera e propria sindrome depressiva, mentre costituisce danno psichico la menomazione di una qualsiasi delle funzioni psichiche dell’individuo, descritte in psicologia e in psichiatria.
L’accertamento e la liquidazione del danno psichico, soggiace tua delle regole proprie, in quanto le fattispecie di danno psichico si presentano spesso di problematico accertamento e valutazione.
I problemi cui dà luogo la nozione di danno psichico, sono essenzialmente tre:
1. La sua definizione
2. Il suo accertamento con ricostruzione di un nesso causale, non sempre evidente e col rischio di possibili simulazioni;
3. La sua valutazione in assenza di un preciso prontuario medico – legale.
Le difficoltà derivano invece dalla valutazione di come questo danno incide poi sul benessere complessivo del soggetto danneggiato. Infatti l’intensità di qualsiasi disturbo psichico, è quasi sempre determinata, non solo dall’efficienza lesiva del trauma, ma anche dalla personalità del danneggiato, dalla sua predisposizione o dal suo vissuto precedente.
Queste situazioni di disagio psichico rientrano all’interno delle classificazioni adottate dai criteri nosografici del Manuale diagnostico-statistico detto DSM IV, adottato in psichiatria come accordo a livello internazionale, che infatti distingue questi principali disturbi psichici in:
- disturbi dell’umore;
- disturbi d’ansia;
- disturbi somatoformi;
- disturbi dissociativi;
- disturbi psicosomatici;
- disturbi schizofrenici e patologie correlate, ecc.
Questi tipi di disturbi costituiscono dal punto di vista clinico altrettante malattie ed è fuori discussione la loro risarcibilità.
I medici legali hanno due orientamenti diversi in ordine alla valutazione del danno psichico.
Il primo dei suddetti metodi, ritiene che sia il Giudice a dover valutare in denaro la sofferenza causata al danneggiato dalle menomazioni, di modo che il Giudice si dovrebbe limitare solo a descrivere la sintomatologia e le menomazioni che da essa derivano.
In questo caso si è tenuto a precisare che il grado di invalidità permanente residuato ad un danno psichico non potrebbe mai essere inferiore al 10% dell’invalidità complessiva del soggetto, con i rispettivi valori monetari.
Altri studiosi sostengono invece la possibilità di un esatto calcolo della suddetta valutazione, fino ad arrivare ad un massimo di 20 punti percentuali.
Lo psicologo o lo psichiatra quindi può, su richiesta dell’interessato, ad esempio in caso di incidente stradale, aggressione di animali, mobbing, ecc. fare dei colloqui diagnostici e una relazione tecnica di parte psicologico - legale, in collaborazione con lo studio legale del civilista che segue il caso e con il medico legale che si occupa di verificare l’entità del danno biologico in questione. Recentemente una sentenza sul danno morale del 11.2008 ha chiarito la sostanziale identità con il danno psicologico o psichico e ha tolto la precedente dizione di ‘danno esistenziale’ e ha chiarito la risarcibilità in modi che gradualmente si fanno strada in Giurisprudenza e di cui parleremo in un prossimo articolo.
Dr. Ciro Aurigemma
Psicologo
www.psicologociroaurigemma.it