Gestione dello stress in 5 mosse
I 5 accorgimenti da adottare per evitare che lo stress, da risposta fisiologica dell'organismo, diventi patologica
Come imparare a gestire lo stress e a dominare le circostanze avverse
Non è possibile eliminare lo stress in quanto risposta fisiologica dell’organismo, utile e necessaria per mobilitare le energie chimiche allo scopo di affrontare adeguatamente situazioni pericolose, o vissute come tali, ma è invece possibile evitare che lo stress da risposta acuta diventi risposta cronica, quindi patologica.Ciò è possibile adottando una serie di accorgimenti, graduati in 5 mosse, di cui la prima è quella di prendere coscienza di trovarsi in una fase di stress acuto.
1. Si tratta, in primo luogo, di prestare attenzione ai segnali somatici di allarme prima che questi diventino sintomi di sofferenza. I più comuni segnali di malessere inviati dal nostro corpo sono: la stanchezza, sensazione di fatica e di pesantezza sin dal risveglio mattutino, sonno disturbato, irritabilità frequente e non abituale, alterazioni dell’appetito (o troppo o troppo poco, rispetto a prima), mal di testa e, in tempi successivi, riduzione delle relazioni sociali, problemi di pelle e difficoltà di digestione. Oggettivamente si può analizzare la risposta dell’organismo misurando la quantità di catacolemine escrete con le urine, in particolare nei maschi, in quanto la produzione è direttamente proporzionale all’escrezione.
2. Solo quando ci si rende conto di essere in uno stato di stress acuto allora si può analizzare la situazione, individuando gli eventuali stressors, quindi si può tentare di modificare la natura degli stimoli o il loro setting (l’ambiente stressogeno in cui si trovano gli stimoli stressanti va modificato nelle sue componenti: colori, suoni, odori, spazi, mobili, routines quotidiane), là dove ciò è possibile, disattivando così la risposta di difesa.
3. Se la mossa precedente non porta a risultati apprezzabili, allora per disattivare la risposta di difesa, o quanto meno ridurla, conviene ristrutturare i criteri di valutazione cognitiva degli eventi stressogeni tramite l’assunzione di ulteriori informazioni sugli stimoli giudicati pericolosi. Chiedendo, per esempio, il punto di vista di altri per arrivare ad una interpretazione più realistica, o tramite l’elaborazione di ipotesi alternative possibili o anche trasformando mentalmente il distress in eustress, per cui gli eventi temuti vengano percepiti come sfide e non pericoli, quindi come occasioni di crescita.
4. Comunque si pensi, va riequilibrato il sistema nervoso neurovegetativo, neuromuscolare e neuroimmunitario con l’acquisizione di uno stile di vita orientato al benessere che includa almeno pratiche quotidiane di rilassamento, di respirazione, riposo, attività fisica e sessuale per utilizzo dell’energia accumulata in eccesso ed un regime alimentare appropriato ricco di carboidrati, riduzione di sostanze nervine (alcolici, caffè, the, tabacco e droghe) che preveda pure il controllo dei radicali liberi come il consumo di maggiori porzioni di frutta, cereali, vegetali e assunzione di omega 3 su stretto consiglio competente del fitoterapeuta qualificato, comunque sempre dopo una accurata valutazione diagnostica.
5. Vanno incrementate, infine, le competenze sociali intrapersonali (nutrendosi di pensieri positivi, ma realisti, verso di sé, cioè basati su proprie effettive abilità personali ed iniziando a ridere di sé stessi, prima che lo facciano gli altri) ed interpersonali (cognitive, comportamentali ed emozionali) utili al fronteggiamento degli eventi considerati pericolosi. In questo caso le competenze richieste sono quelle di sapere dire “no!”, gratificarsi soprattutto per i piccoli successi personali, dedicare più tempo a sé, esprimere il proprio pensiero in modo aperto e diretto dicendo “io…” . Da tali esperienze e dall’osservazione di abilità altrui, convincersi di essere in grado di esercitare un controllo sulle circostanze, anche avverse. Le proprie convinzioni di controllo sono solitamente predittive della propria prestazione in quanto si basano sull’aspettativa dei risultati e sull’aspettativa dell’efficacia personale. Infatti non è sufficiente l’apprendimento di condotte utili al fronteggiamento di situazioni complesse quanto la convinzione di dominare le circostanze, ciò che Albert Bandura chiama “percezioni di autoefficacia”. Infine è consigliabile scrivere un diario alla fine di ogni giornata e parlare quotidianamente a qualcuno di ciò che ci preoccupa, per scaricare le proprie preoccupazioni, oggettivarle, quindi renderle più gestibili e, se possibile, attendersi risposte abili, per lo meno confortanti.
Paolo Zucconi, sessuologo e psicoterapeuta comportamentale a Udine.
Liberamente tratto da: Paolo G. Zucconi, Il Manuale pratico del benessere, Edizioni Ipertesto