Identikit del giocatore patologico
Quando, da semplice passatempo gratificante, il gioco diventa una malattia da affrontare: il disturbo di gioco d’azzardo patologico
Le caratteristiche più emergenti dei soggetti con psicodiagnosi di gioco d’azzardo patologico
Comprare biglietti della lotteria, gratta e vinci, scommettere ai cavalli, giocare al lotto, la schedina o dedicarsi ai tanto vituperati videopoker e ai numerosi giochi profusamente offerti dai casinò sono varie forme in cui si manifesta quella che il senso comune considera un passatempo o un’abitudine sociale, come il bere alcolici, fumare, guardare la televisione e, se vogliamo, anche navigare in Internet o dedicarsi ad evasioni sessuali fuori dalla coppia.Ma fino a che punto questi comportamenti rimangono socialmente accettabili e adattivi e quando possono diventare, invece, problematici? Solitamente la differenza tra l’abitudine sociale, o semplice passatempo gratificante, e il problema psicologico dipende dalla frequenza, dalla durata e dall’intensità con cui questi comportamenti vengono agiti e dall’incidenza delle loro conseguenze nocive in ambito organico, psicologico o sociale.
Quando la persona supera, con i suoi comportamenti, la soglia limite che separa la cosiddetta normalità dalla patologia, mentre dal punto di vista morale si tende benevolmente a giustificarsi tirando in ballo il concetto di “vizio”, da un punto di vista prettamente clinico si parla di alcolismo, videoperstesia (uso eccessivo del video) o irresponsible sex, per attività sessuali troppo disinvolte e disinibite.
Volendo tentare un identikit del giocatore affetto dal disturbo di gioco d’azzardo patologico, in quindici anni di osservazione clinica di migliaia di pazienti malati da gioco ho potuto notare alcune caratteristiche tipiche del “giocatore patologico”. Il giocatore patologico:
- possiede una vita di relazione insoddisfacente, specialmente dal punto di vista sessuale, dove non ottiene ciò che desidera sia come frequenza sia come qualità di rapporto
- sperimenta durante la giornata più emozioni spiacevoli che piacevoli e si accosta al gioco, almeno in un primo periodo, non tanto per vincere, quanto per ottenere quell’eccitazione emotiva che gli manca, tanto più elevata quanto più alto è il valore attribuito al gioco
- si trattiene spesso fuori casa, dove non si trova più a suo agio, adducendo varie scuse
- ha una vita sociale povera
- ama e ricerca nella sua vita, in misura maggiore della media, sensazioni forti (sensation seeking) e per lo più rischiose (risk taking behavior) rischiando di vanificare le piccole e genuine emozioni della routine quotidiana
- coltiva l’illusione di poter “controllare” il gioco, o per sua volontà o per abilità personale, nonostante le ripetute perdite e l’oggettiva perdita di controllo (“illusione del controllo”) sostenuta dalla sopravvalutazione delle probabilità di successo in base ad interpretazioni errate di dati oggettivi quando, ad esempio, dopo dieci uscite del rosso ritiene molto probabile l’uscita del nero, su cui punta con disinvolta sicumera (“falso ragionamento del giocatore d’azzardo” detto anche “fallacia di Montecarlo”)
- ha, a volte, difficoltà a controllare i propri impulsi, reagendo in modo spropositato rispetto alla provocazione subita o all’evento stressante
- il giocatore patologico mente, ha una condotta mendace pervasiva che investe non solo le spese di gioco o le perdite, ma prevalentemente anche le più svariate e comuni situazioni della vita. Mente per mentire, quasi su tutto
- dal momento che una delle caratteristiche più emergenti dei soggetti con psicodiagnosi di gioco d’azzardo patologico è quella di continuare a giocare nonostante consistenti e reiterate perdite, come “rincorsa alle perdite”, e nonostante le conseguenze sociali, spesso con puntate più forti o assumendo rischi maggiori, all’esame neuropsicologico ho riscontrato la presenza di deficit in determinati compiti strutturati di problem solving, attribuibili a un ipometabolismo a carico della regione prefrontale, simili a quelli riscontrabili in vari pazienti neurologici con lesioni o disfunzioni ai lobi frontali e frontotemporali. Infatti il giocatore patologico persegue rigidamente il suo comportamento maladattivo, nonostante continui ed immediati feedback dissuasivi non muta le sue strategie di pensiero e di azione quantunque magari riconosca che le probabilità di vincita sono sempre del 50 su 100 e che le sue perdite sono solitamente superiori al 50%. Si dimostra pertanto ottuso e cocciuto, perseverativo, imprevidente, inaffidabile ed irresponsabile, anche in assenza di danaro da impiegare nel gioco in quanto accumula debiti che raramente potrà onorare.
Una qualche combinazione di tali caratteristiche personologiche può essere, agli occhi di un familiare attento, un campanello di allarme per poter accorgersi in tempo del problema, che va comunque sempre accertato tramite un approccio neuropsicologico specialistico. Il giocatore patologico solitamente non percepisce il suo comportamento come una malattia ma, con ostentata autobenevolenza, lo giustifica come un “vizio” e ritiene, erroneamente, di poter smettere in qualsiasi momento.
Paolo Zucconi, sessuologo e psicoterapeuta comportamentale a Udine.
Liberamente tratto da: Paolo G. Zucconi, Il Manuale pratico del benessere, Edizioni Ipertesto