La gestione di un lutto inatteso

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La gestione di un lutto inatteso

17-12-2013 - scritto da neuropsicoclinica

Gestire il lutto e fronteggiare la perdita di una persona cara: i consigli dello psicologo

La gestione di un lutto inatteso
Il lutto rientra tra gli eventi di vita importanti, acuti ed improvvisi, (life events) che vengono visti dagli psicologi come eventi stressanti (stressors). Ora, l’evento stressante come tale rappresenta comunque sempre un fattore di rischio che può compromettere lo stato di benessere di una persona ancora viva. Tutti noi infatti reagiamo, utilizzando le risorse a nostra disposizione, all’evento stressante, in funzione diretta all’impatto che questo ha sul nostro stile di vita, al fine di ridurne gli effetti nocivi. Nella maggior parte dei casi le persone riescono a fronteggiare la perdita di una persona cara attingendo dal proprio repertorio di abilità cognitive, facendosi una ragione realistica di ciò che è successo, valutando realisticamente il danno subito ed adattandosi, alla fine, alla nuova situazione, elaborando nuovi progetti futuri. In tali casi la reazione del lutto può risolversi spontaneamente con la riduzione dell’intensità della sintomatologia tra i 2 e i 6 mesi circa. Solitamente non si assiste alla remissione spontanea della sintomatologia nel caso in cui la persona colpita dal lutto non possieda quelle abilità cognitive e comportamentali necessarie a fronteggiare, nel tempo, l’emergenza. Non tutti, infatti, possiedono un repertorio competente per fronteggiare eventi stressanti, improvvisi e intensi, come può essere la perdita di una persona cara. In tale caso ci potrebbe essere il rischio che l’esperienza della perdita porti ad un progressivo peggioramento della qualità della vita della persona fino a scatenare, in persone già predisposte, l’insorgenza di una malattia che a volte può rivelarsi più dolorosa che non la subita perdita. Infatti il meccanismo in base al quale si può scatenare una malattia mentale fa riferimento al modello cognitivo-comportamentale stress/vulnerabilità. Secondo tale modello determinati stressors, in genere connessi proprio ad una perdita, possono causare un disturbo mentale qualora la persona possieda una alta vulnerabilità psicobiologica e contemporaneamente è dotata di un basso repertorio di competenze sociali per elaborare e fronteggiare adeguatamente l’evento traumatico.

Si ritiene infatti che ogni individuo abbia, in parte ereditata ed in parte acquisita, una sua soglia di vulnerabilità agli stressors; quando questi la oltrepassano e la persona non li affronta con un comportamento socialmente abile allora possono scatenare l’insorgenza di una malattia mentale. L’importante è, se si conosce il proprio passato ed eventuali caratteristiche di vulnerabilità, rivolgersi per tempo allo psicoterapeuta, senza necessariamente attendere i tempi di risoluzione spontanea presentati dalla letteratura scientifica.

In altri casi, anche in assenza di una chiara vulnerabilità, la persona può sentire il bisogno di ricorrere ad uno psicoterapeuta per ridurre al limite dell’adeguato il dolore eccessivo, anche pochi giorni dopo il lutto.
Chi poi non volesse attendere di essere coinvolto nell’evento luttuoso per decidere se e quando ricorrere allo specialista, può prepararsi, al peggio con un programma individualizzato di psicoprofilassi volto a predisporre nella persona quelle abilità sociali necessarie a fronteggiare stressors estremi, come la morte, e al tempo stesso desensibilizzarla preventivamente vaccinandola neuropsicologicamente (murder’s stress inoculation training) per resistere meglio ad una futura perdita.

Infine, quale è la posizione di un malato che sta per morire circa l’accettazione della morte?
Per il morente il problema dell’accettazione della morte si collega al problema più generale dell’informazione precedentemente datagli dai medici sul suo reale stato di malattia. Non si tratta certo di dire, improvvisamente, al paziente, dopo mesi di silenzio, la cruda verità circa la gravità del suo stato, né di lasciare il malato solo con la sua verità, se pur riferita alla fine del processo diagnostico. Si tratta invece di dare al malato, fin dall’inizio della sua malattia, per qualsiasi malattia, la possibilità di accedere a tutte le informazioni che lo riguardano.

Si tratta soprattutto di saper aiutare il paziente a superare l’ansia e la disperazione connesse all’informazione diagnostica. Non è infatti possibile vincere la disperazione ed elaborare meccanismi di difesa adeguati se si è nell’ignoranza del proprio stato e quadro clinico. Questo è particolarmente vero di fronte alla malattia inguaribile; il malato grave non può essere aiutato ad avere una buona morte – cioè una morte umana e dignitosa – se non può parlare con qualcuno.

Il rifiuto ad affrontare la verità di una diagnosi infausta non è mai motivato dal desiderio del benessere del malato, ma unicamente da un egoistico desiderio protettivo di sé, da parte dei familiari o degli operatori sanitari, incapaci o timorosi di affrontare emotivamente il rapporto con la persona malata. A questo si deve aggiungere che il paziente, salvo casi rari che vanno valutati, si rende prima o poi conto della gravità delle sue condizioni. Infatti in certe condizioni la sua attenzione e la sua sensibilità si acuiscono. Se la verità gli è stata taciuta, egli può sentirsi tradito e completamente solo. Inoltre egli si renderà comunque conto delle sue condizioni quando, in genere, è già molto debilitato, anche sul piano fisico, ed avrà perciò maggiori difficoltà nel difendersi in modo costruttivo.


Paolo Zucconi, sessuologo e psicoterapeuta comportamentale a Udine.
liberamente tratto da: Paolo Zucconi, Il Manuale pratico del benessere, Edizioni Ipertesto
Categorie correlate:

Psiche, psicologia




Dr Paolo G. Zucconi
Specialista in Psicoterapia cognitiva e comportamentale
Certificato Europeo di Psicoterapia (E.C.P.)
con Master universitari in
Sessuologia clinica, Fitoterapia e Nutrizione
diplomato in:
Naturopatia olistica e Ipnosi clinica
STUDIO DI NEUROPSICOLOGIA CLINICA, SESSUOLOGIA E PSICOTERAPIA
UDINE-V.LE VENEZIA 291-TEL. 0432/233006

Profilo del medico - neuropsicoclinica

Nome:
PAOLO ZUCCONI
Comune:
UDINE
Telefono:
0432/ 233.006
Professione:
Medico in casa di cura privata
Specializzazione:
Psicologia, Scienze dell'alimentazione, Medicina alternativa, PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE E SESSUOLOGIA CLINICA
Contatti/Profili social:
sito web


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