Omeopatia:su quali principi si fondano i farmaci omeopatici
Omeopatia, Omotossicologia: la storia, la scientificità, il concetto di malattia
La storia dell'omeopatiaAlla fine del '700, Hahnemann, un medico ricercatore tedesco, nel tradurre un'opera medica dall'inglese, la Materia Medica di Cullen, si imbatté in una descrizione sugli effetti della china, che avrebbe avuto la capacità di guarire la febbre malarica, eccitando l'attività gastrica. Lo stesso osservò che i lavoratori della corteccia di china accusavano disturbi simili ai sintomi di febbre malarica, determinati dall'intossicazione delle polveri di corteccia di china.
Il dottor Hahnemann pensò di provare su se stesso gli effetti della corteccia di china, effettuando il primo esperimento farmacologico e dando così vita ad un nuovo metodo di ricerca, cioè la farmacologia sperimentale. Egli scrisse e descrisse che si somministrò per diversi giorni, per due volte al giorno, 4 pizzichi di buona china (2 dracme, ossia 25,5 grammi) e si manifestarono sintomi: "I piedi, le punte delle dita… prima si raffreddarono, ero fiacco e stanco, poi il cuore cominciò a pulsare veloce, c'era un'angoscia insopportabile, un tremore (ma senza brivido) e una fiacchezza in tutte le membra; poi sentii battere la testa, rossore alle guance, sete, in breve tutti i sintomi della febbre intermittente tipica della malaria apparvero uno dopo l'altro, ma senza brividi febbrili veri e propri".
Il dottor Hahnemann conclude: "Questo parossismo durava due-tre ore ogni volta e si rinnovava ripetendo la somministrazione; smisi e vidi che ero guarito".
Successivamente il dottor Hahnemann provò su se stesso e su altre persone sane anche altre sostanze con il metodo sperimentale da lui inaugurato e che chiamò "sperimentazione farmacologica omeopatica", giungendo alla conclusione che le sperimentazioni provocano sull'uomo un effetto caratteristico che assomiglia ad una malattia (malattia da farmaco).
In seguito Hahnemann utilizzò i rimedi sperimentati sui malati in cui il quadro patologico presentava corrispondenza al quadro del farmaco, ovvero quando i sintomi della malattia erano l'immagine riflessa dei sintomi provocati dal medicinale. Questo principio della similitudine in omeopatia persiste tutt'oggi.
Nell'utilizzo pratico si accertò che somministrare sostanze originarie troppo concentrate provocavano nel malato un peggioramento iniziale con esacerbazione di tutte le manifestazioni della malattia. Questa osservazione portò al principio della diluizione, ossia della somministrazione del farmaco in concentrazione molto attenuata.
Le diluizioni dei farmaci omeopatici sono effettuate secondo un gradiente preciso, di base decimale o centesimale, dove la decimale rappresenta una diluizione 1/10, la centesimale di 1/100; ad ogni diluizione si effettua un potenziamento di dinamizzazione mediante succussione. Un buon effetto terapeutico si ha a cominciare dalla terza o quarta decimale (D 3, D 4).
La diluizione però, non è il principio decisivo in omeopatia. E' noto che in medicina generale si usano oggi alte diluizioni di sostanze attive, ad es. di tubercolina, di ormoni, di vitamine, di oligoelementi, etc. La caratteristica del farmaco omeopatico non è la diluizione, bensì l'uguaglianza speculare tra il quadro farmacologico del rimedio e lo stato patologico presente. Hahnemann chiamò il nuovo principio curativo appena scoperto "OMEOPATIA" dal greco homios (simile) e pathos (sofferenza) perché si basa sulla regola del simile similia similibus curentur.
Hahnemann spiegò il principio di attività dei farmaci omeopatici ipotizzando che nel malato la malattia in corso venisse cancellata da una malattia simile, la malattia da farmaco.
Seguirono molti anni di studio e sperimentazione prima che il dottor Hahnemann presentasse al mondo accademico il principio omeopatico. Nel 1796 con la pubblicazione nella rivista specialistica allora molto rinomata "Hufeland Journal" degli studi di Hahnemann, nacque ufficialmente l'Omeopatia. Hahnemann insegnò a Lipsia per 10 anni e fu a Parigi fino al 1843, anno della sua morte.
Il principio omeopatico è molto diffuso in natura; si pensi all'eco, al principio delle matrici, per es. nella stampa tipografica, in cui un'immagine speculare simile produce un'altra immagine o ancora del negativo e positivo della fotografia.
La scientificità dell'omeopatia
Va sottolineato che il metodo e la farmacologia omeopatica non sono cambiati dal 1796 ad oggi, poiché si basano su un principio della natura. Solo negli ultimi anni però, si è riusciti a chiarire il meccanismo di azione del farmaco omeopatico, grazie ai risultati di un nuovo ramo di ricerca: la ricerca omotossicologica cioè di fattori velenosi per l'Uomo (omotossine).
Il termine OMOTOSSICOLOGIA deriva essenzialmente dal concetto di omotossina introdotto da Reckeweg col quale egli intendeva: "Qualsiasi molecola esogena o endogena in grado di mediare un danno a livello cellulare organico e tissutale". Reckeweg ha introdotto inoltre, il concetto fondamentale di MEDICINA BIOLOGICA in cui l'aggettivo biologico intende il significato di "conforme alla natura" e quindi alle sue leggi.
La scienza omotossicologica parte dal presupposto che tutti i processi vitali avvengono con trasformazioni chimiche. Pertanto è importante identificare quei principi chimici che, in caso di malattia, sono identici ai veleni che hanno portato alla manifestazione patologica. Le malattie, semplificando, non sono altro che l'espressione della lotta dell'organismo contro tossine per renderle innocue e poi espellerle. L'organismo può vincere o anche perdere questa battaglia ma, in ogni caso, quei processi che noi chiamiamo malattia non sono altro che utili funzioni biologiche, tendenti alla difesa contro i veleni, finalizzate cioè alla disintossicazione naturale.
L'organismo cerca sempre di compensare i danni subiti e che non era riuscito a neutralizzare. E' risaputo che la febbre, per esempio, non è affatto una reazione senza scopo, ma è segno di intensificata attività immunitaria (Hoff). Omotossicologicamente tutti i sistemi difensivi dell'organismo sono interpretabili alla luce della psico-neuro-endocrino immunologia (PNEI) al cui insieme si è dato il nome di "Sistema della Grande Difesa".
L'omotossicologia ha identificato sei diversi gradienti di danni tossici in cui sono interessati gli enzimi cellulari resi più o meno inabili ad espletare le proprie funzioni. Da un lato vi è una tossina che provoca manifestazioni patologiche (malattie), dall'altro si trova il farmaco omeopatico che induce manifestazioni patologiche simili.
Questo meccanismo di azione può essere spiegato accennando al meccanismo della vaccinazione, in cui ad esempio si inocula piccolissime quantità di virus ucciso o attenuato che proteggerà poi contro lo stesso virus. Risulta evidente che il rimedio omeopatico sarà tanto più efficace quanto più simile alla tossina che provoca la malattia. E' questo il fondamento scientifico della Omeopatia.
In caso di gravi danni ai sistemi difensivi (cancro) l'azione del rimedio omeopatico può non essere rilevante poiché manca il bersaglio su cui indirizzare il farmaco.
In conclusione si può affermare che il farmaco omeopatico non solo elimina i sintomi, ma riduce principalmente in maniera drastica la situazione tossica alla base della malattia. Gli effetti della terapia omeopatica ed omotossicologica sono pertanto dei veri e propri impulsi verso la guarigione basati sulla disintossicazione.
Dr. Gianni Verde
Medico-Chirurgo, Omeopata
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