Il Parto cesareo

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Il Parto cesareo

30-06-2011 - scritto da buchal

Quando intervengono situazioni tali da rendere necessario ricorrere alla chirurgia

Nella vita di ogni donna, il parto è un momento molto delicato che va visto come la fine di un percorso ricco di mutamenti fisici e psichici.

Infatti, durante la gravidanza, inizia un’interazione fra la gestante e il bambino che sta crescendo dentro di lei.
Nei primi momenti dopo la nascita, sarà molto importante per la donna poter vedere e toccare il suo bambino, per dare inizio con questo primo contatto alla base affettiva della futura relazione.
A volte possono però intervenire situazioni tali da rendere necessario ricorrere alla chirurgia che negli ultimi decenni ha perfezionato tecniche veramente capaci di far fronte anche alle più complicate situazioni.
Il parto cesareo rappresenta l’operazione chirurgica che permette di estrarre il bambino per via addominale, non potendo avvenire per via naturale. Quando esiste l’urgenza al rapido espletamento del parto o quando è controindicata la via vaginale, l’esecuzione del parto cesareo è necessaria e giustificata. E’ comunque una modalità di parto che non sempre può essere decisa in anticipo. Infatti, vi si ricorre a travaglio iniziato se ci si accorge che il bambino non è in grado di affrontare le varie fasi del travaglio e del parto in quanto si notano alterazioni del tracciato cardiotocografico.
In caso di taglio cesareo, si possono scegliere due tipi di anestesia: quella totale o quella epidurale. L’anestesia epidurale si effettua iniettando un analgesico nella parte bassa della spina dorsale. Questa rende insensibile l’addome dall’ombelico in giù, rendendo possibile il contatto precoce madre/bambino, in quanto, restando sveglia, la mamma potrà assistere alla nascita di suo figlio, come avviene nel parto spontaneo. In questo caso la mamma potrà attaccare al seno il suo piccino sin dal primo momento.
Durante l’intervento sarà posto un telo sterile tra lei e il campo operatorio, affinché non possa assistere alle procedure chirurgiche. Anche se si evita lo stato di incoscienza, la donna perde totalmente la sensibilità della zona genitale, creando così un periodo estremamente delicato da attraversare.
Si ricorre all’anestesia totale nei casi urgenti come in presenza di grave sofferenza fetale.
Qualunque sia il tipo di anestesia usata, proprio in conseguenza dell’anestesia stessa, nel bambino si potrà notare un aumento della sindrome da stress respiratorio e da depressione neonatale.
Il continuo aumento di donne sottoposte al taglio cesareo ha fatto nascere l’esigenza di sviluppare alcune riflessioni sulle implicazioni emotive che un tale evento può comportare. La maggior parte delle donne afferma di non aver mai preso in considerazione durante il periodo della gestazione l’ipotesi del taglio cesareo, sicure che a una buona gravidanza sarebbe seguito un parto naturale privo di complicazioni.
In alcuni casi, il fatto di non aver partecipato all’evento pare abbia creato difficoltà nel riconoscimento del bambino come proprio figlio.
Alcune donne, al primo incontro col bambino, esprimono dubbi riguardo a particolari che fanno parte della fisicità del neonato: la forma del corpo, le dimensioni paiono spropositate rispetto alla capacità contenitiva del proprio ventre.
Questo tipo di parto assume connotazioni di passività, andando ad accrescere il senso di inadeguatezza di molte neomamme.
In certi casi, le donne che hanno vissuto in precedenza un parto naturale definiscono la sofferenza del travaglio e del parto stesso come costruttiva e finalizzata a dare un significato al dolore, in contrapposizione a un vissuto di inutilità relativo al dolore post operatorio. Tutte affermano che con un parto naturale si soffre molto prima, ma dopo si sta subito meglio e si ha più tempo per accudire il bambino.
L’invalidità temporanea che impedisce loro di assecondare questa preoccupazione primaria fa della ripresa della forma fisica l’obiettivo più importante da raggiungere. La convivenza con compagne di stanza che hanno partorito naturalmente induce a confrontare continuamente le proprie difficoltà di accudimento del bambino con la disinvoltura delle altre. Ciò acutizza la percezione di sé come madri temporaneamente inadeguate. Questo le induce a sollecitare una continuità di rapporto con il bambino, continuità che consenta un recupero rapido e compensativo di quanto è andato perso in sala operatoria.
L’allattamento acquista un valore fondamentale nel tentativo di entrare in relazione col neonato. Inoltre si instaura un vero e proprio conflitto tra le esigenze del neonato e quelle della guarigione delle ferite chirurgiche, conflitto che viene vissuto con difficoltà. La necessità di riemergere da uno stato temporaneo invalidante denota il bisogno del ricupero di un qualcosa che è andato perduto o che non è mai stato vissuto. In questi casi, molte donne avvertono una forte esigenza di essere coccolate e nutrite come i loro bambini.
A seconda delle cause che hanno portato all’intervento, anche il travaglio assume una connotazione diversa, Nel caso in cui sorgano complicanze di vario genere, ma che comunque non costituiscano di per sé un pericolo imminente, nella narrazione del travaglio è molto presente la propria sofferenza fisica e l’insofferenza emotiva. Ma nel momento in cui l’incolumità del bambino è minacciata, la sofferenza e l’incolumità della donna stessa sono messe in secondo piano.
L’incolumità del nascituro viene ripetutamente sottolineata come preoccupazione primaria e contemporaneamente utilizzata nel processo di accettazione e comprensione dell’intervento chirurgico. In certi casi, il cesareo è considerato il male minore rispetto ad alternative ben più rischiose, come il forcipe o la ventosa.
Dalla comunicazione dell’intervento del cesareo all’intervento effettivo trascorrono diverse settimane che permettono alle donne interessate di immaginare che cosa sarebbe potuto accadere. Tuttavia, il ricovero, che avviene con qualche giorno di anticipo, ha su di loro un effetto tranquillizzante. Anche l’ambientamento nel luogo e la conoscenza del personale contribuiscono a far vivere l’evento con un buon livello di accettazione e tranquillità apparente.
Nel caso di anestesia epidurale, l’assistere coscientemente al taglio induce a vedere i movimenti dei medici; udire le loro comunicazioni procedurali, sentire nominare gli strumenti chirurgici aumenta notevolmente l’ansia della paziente e rende interminabile l’intervento. Inoltre,la perdita progressiva della mobilità degli arti inferiori che questo tipo di anestesia comporta, evoca fantasie angosciose sullo stato di invalidità che si spingono oltre l’atto operatorio. Il residuo di sensibilità tattile, invece, consente di percepire parzialmente il contatto prodotto dall’azione chirurgica. Questo viene considerato fastidioso nella maggior parte dei casi, ma può offrire la possibilità di percepire il momento dell’estrazione-nascita. Comunque il tipo di anestesia condiziona notevolmente i tempi e le modalità del primo incontro col bambino.
L’anestesia totale posticipa questo momento di alcune ore. Il risveglio è connotato da uno stato di confusione accompagnato dalla percezione crescente del dolore. La prima preoccupazione materna è sapere se il bambino stia bene, ma il desiderio di vederlo immediatamente, anche se espresso verbalmente, passa in secondo piano a causa degli impedimenti della fase post-operatoria. Infatti, alcune mamme chiedono espressamente di non incontrare il neonato fino al giorno successivo, perché dichiarano di non essere nella condizione adatta per accoglierlo.
L’anestesia epidurale permette alla madre di assistere all’evento e di vedere il bambino al momento della nascita. Questa condizione non è però vissuta come ci si aspetterebbe. Tutte le donne, infatti, lamentano che l’incontro dura solo pochi istanti in condizioni proibitive per qualsiasi tipo di contatto.
La brevità dell’incontro delude le aspettative delle pazienti sulla possibilità di poter vivere, grazie all’epidurale, alcuni momenti specifici del parto naturale, come l’allattamento al seno e il contatto corporeo.
Le diverse modalità di ricupero dai due tipi di anestesia non determinano però differenze rilevanti in merito al riconoscimento del neonato e alla prima relazione con lo stesso. E’ stato inaspettatamente rilevato che anche le pazienti in epidurale abbiano mostrato incredulità e difficoltà di riconoscimento del bambino come proprio.
Tutte le donne intervistate considerano il primo vero incontro nel primo contatto fisico con il bambino. E’ come se il peso, il calore emanato dal suo corpo e il contatto epidermico costituissero la comunicazione sensoriale privilegiata sulla quale può formarsi la relazione primaria.
Dalle affermazioni delle donne emerge, dunque, che questo intervento viene vissuto come privazione di un’esperienza fondamentale, come negazione di aspettative importanti e come ostacolo all’acquisizione del ruolo materno.
Il vuoto incolmabile di un’esperienza mancata, di un’aspettativa delusa o di una fantasia non materializzata è lo spazio nel quale un disagio emotivo importante può rimanere assopito, oppure crescere in seno alla relazione primaria fra la madre e il suo bambino.
Va detto, comunque, che ben venga il parto cesareo nei casi in cui è in pericolo l’incolumità della donna o del bambino.
Testo tratto dalla Tesi di Laurea in Psicologia Clinica, sostenuta da Simona Franceschin di Torino.


Bianca Buchal

Profilo del medico - buchal

Nome:
BIANCA BUCHAL
Professione:
Altro Operatore Sanitario
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