Slow Medicine: quando curarsi meno può significare curarsi meglio
Alla scoperta del concetto di Slow Medicine e delle pratiche mediche che, in molte circostanze, potrebbero essere evitate.
Non sempre più esami e più farmaci fanno bene alla salute. L'importanza del dialogo medico-paziente.
L’attitudine slow, che significa lento, piace sempre di più. Talmente tanto che la stiamo applicando ai più svariati ambiti della vita: il cibo, l’economia, il lavoro. E di recente, anche il settore della salute. Cosa significa Slow Medicine? E’ un innovativo modo di pensare alla salute, e a ciò che ruota intorno ad essa in termini di prevenzione, diagnostica e cure.
Tutto parte dal Movimento Slow, che ha come padre fondatore Carlo Petrini, colui che nel lontano 1986, a Torino, decise di opporsi alla follia imperante del fast, dell’accelerazione dei ritmi della vita stimolati da un consumismo vorace, che tutto fagocita per risputarlo in un attimo, giusto il tempo di individuare un nuovo bisogno da soddisfare, fondando Slow Food. Petrini intuì che efficienza non fa rima con frenesia, e che fare troppe cose in un brevissimo lasso di tempo – come mangiare, realizzare un progetto, leggere un libro, organizzare gli impegni familiari, dedicarsi agli hobby ecc. – non vuol dire farle meglio, ma spesso l’opposto: fare tutto male.
Su questa intuizione si incardina il Movimento Slow, ormai internazionale. E se, come abbiamo visto, una delle parole chiave del manifesto slow è “meno”, questo vale in campo medico in modo assoluto. Purché “meno” faccia rima con “meglio”. Entriamo dunque nel merito della questione.
E’ nel 2002 che compare per la prima volta a livello internazionale il termine “Slow Medicine” all’interno di un articolo firmato dal cardiologo italiano Alberto Dolara e pubblicato sulla rivista Italian Heart Journal, dove si legge:
Nella pratica clinica l’iperattività è sovente inutile. Adottare una strategia di Slow Medicine […] permetterebbe al personale sanitario […] di avere il tempo sufficiente per valutare ampiamente le condizioni personali, sociali e familiari del paziente, ridurre l’ansia nell’attesa di esiti diagnostici e procedure terapeutiche non urgenti, considerare nuove tecniche e metodologie con attenzione, non dar luogo a dimissioni ospedaliere premature e infine offrire un adeguato supporto psicologico ai malati terminali e ai loro familiari.
Nel 2011 viene fondato in Italia il Movimento Slow Medicine, che l’anno seguente aderisce al progetto Choosing Wisely (scegliere con saggezza), lanciato negli Stati Uniti dalla Fondazione dei medici internisti (ABIM) e dall’Associazione dei consumatori, al motto di:
Fare di più non significa fare meglio.
Scopo del progetto è quello di sensibilizzare i medici sull’importanza di non prescrivere esami e cure superflue ai pazienti, ma invece, puntare sull’informazione per costruire insieme percorsi curativi condivisi. Hanno già aderito oltre 40 società professionali di medici, farmacisti, infermieri, e fisioterapisti aderenti.
L’IMPORTANZA DEL DIALOGO TRA MEDICO E PAZIENTE
Quando parliamo di esami dobbiamo fare subito una precisazione. Ci sono quelli definiti di routine, come i test delle urine o del sangue, ad esempio, e quelli più specifici, che magari vengono prescritti in base a sintomi di cui capire l’origine, o per approfondire referti dubbi o anomalie nelle analisi di controllo. Ci siamo passati più o meno tutti, sono trafile a cui dobbiamo sottoporci, che, però, ci caricano di ansia e stress. Senza contare che alcuni di questi esami – soprattutto quelli strumentali che prevedono uso di raggi X, o l’inserimento di sonde, o ancora l’asportazione di frammenti di tessuto come la biopsia o l’agoaspirato - sono spesso invasivi, fastidiosi, e prevedono una preparazione scrupolosa.
Ora fermiamoci un attimo: siamo sicuri che tutti gli esami che ci vengono prescritti siano davvero necessari? Da pazienti, siamo nella posizione di poter contraddire o per lo meno sottoporre a verifica una richiesta del nostro medico?
Le pratiche diagnostiche e terapeutiche prescritte regolarmente ma giudicate inappropriate, nel senso di inutili e anche dannose, sono state calcolate in 44. Un esempio? Le radiografie: delle quali ben il 44% poteva essere “risparmiato” (nel doppio significato di evitato per il paziente e di non speso per le casse del SSN o per il portafogli del paziente stesso), senza danni.
5 PASSI PER FARE BUONE SCELTE PER LA SALUTE
Allora a proposito di esami, di come e quando farli, e di come relazionarci con il medico, ecco i 5 passi proposti dal Gruppo italiano per la Sanità partecipata (Gispa), partner di Choosing Wisely. Sono 5 consigli che possiamo mettere in pratica subito, a partire dalla prossima visita medica:
1) Chiedere di più non significa necessariamente curarsi meglio. Quando andiamo dal medico per richiedere un controllo, una visita, esami o farmaci, ricordiamo che:
- Se il medico non ritiene opportuno prescriverci nulla, è molto probabile che vada bene così e che non ci sia nessun bisogno di farmaci o analisi da fare;
- Che fare un sacco di esami può essere controproducente, quando non nocivo;
- E infine che non è affatto detto che quel nuovo farmaco di cui abbiamo sentito parlare, e che vogliamo “testare” a tutti i costi, sia migliore del medicinale che assumiamo già.
2) Fare di più non significa fare meglio. In caso il medico ci prescriva una nuova terapia farmacologica, o un esame specifico, abbiamo tutto il diritto di chiedere:
- “Se non lo faccio cosa può succedermi? È indispensabile?”
- “Ci sono alternative più adatte, più sicure, con meno effetti collaterali o minor invasività?”
- “Questa terapia o questo esame mi servono davvero?”
- “Ci sono rischi e conseguenze a questo tipo di trattamento o esame?”
- “Ci sono soluzioni meno onerose?”
3) Prepariamo una lista dei sintomi (anche quelli meno rilevanti) e un elenco di tutte le domande da presentare al medico prima di una visita. Una traccia scritta è importante, perché è noto che una volta davanti al “camice bianco” veniamo tutti presi da una sorta di imbarazzo e finiamo per fare scena muta, o quasi, dimenticando tutto ciò che avevamo intenzione di domandare.
4) Durante la vista e al termine della stessa, è opportuno chiedere al medico un piccolo riassunto scritto di quanto detto in fase di colloquio, ed eventualmente di richiedere, se possibile, del materiale informativo relativo, ad esempio, ad un esame che ci è stato prescritto o ad un protocollo farmacologico. Chiediamo anche se esistono altre fonti informative, come siti web certificati. Se, prima dell’incontro, ci siamo già informati, il consiglio è quello di condividere con il medico quanto scoperto. Il dialogo e lo scambio di informazioni tra medico e paziente, soprattutto in tempi di bufale e fake news, è assolutamente cruciale!
5) L’ultimo consiglio potrà sembrare strano, ma invece è importante tenerne conto: abbiamo il diritto di informarci presso la struttura sanitaria o il laboratorio dove verremo esaminati o ad esempio operati, su quante procedure di quel tipo vengono eseguite in un anno. Più un centro è collaudato, maggiori sicurezze ci saranno.
I CONSIGLI DI ALTROCONSUMO
L’associazione italiana dei consumatori Altroconsumo ha aderito al progetto Choosing Wisely Italia, raggruppando le schede sulle pratiche mediche che con più frequenza vengono prescritte sia a scopo preventivo che diagnostico-terapeutico. Degli antibiotici ci siamo già occupati, ma non si tratta dell’unico protocollo terapeutico sotto accusa per l’eccessiva leggerezza con cui viene gestito sia dai medici che dai pazienti.
Alcune delle altre pratiche su cui è stata puntata l’attenzione sono:
- Aerosol al cortisone e tosse nei bambini. Non ci sono prove che dimostrino l’efficacia dei farmaci cortisonici somministrati ai bimbi con affezioni alle vie respiratorie e sintomi tra cui mal di gola e tosse, nell’alleviare il disturbo e facilitare la guarigione, pertanto i genitori dovrebbero informarsi molto bene prima di praticare l’aerosol con il cortisone ai loro figli minori. Ecco la scheda informativa completa.
- Antinfiammatori. Farmaci da banco – quindi di automedicazione – davvero abusati soprattutto come analgesici, spesso del tutto a sproposito, i FANS (Farmaci antinfiammatori non steroidei) a base di principi attivi tra cui ibuprofene, acido acetilsalicilico, paracetamolo, diclofenac ecc., presentano effetti collaterali importanti e possono produrre conseguenze molto gravi. Guarda la scheda di riferimento.
- Misurazione della glicemia in caso di diabete. I diabetici in Italia sono più di 3 milioni, una buona parte dei quali soffre di diabete di tipo 2. Si tratta di una forma della malattia che può essere tenuta sotto controllo attraverso la dieta, l’attività fisica regolare e l’eventuale assunzione di farmaci orali a basso rischio di ipoglicemia. L’associazione nazionale dei diabetologi per questa categoria di diabetici sconsiglia la misurazione quotidiana della glicemia, valutando questa pratica sostanzialmente inutile se l’obiettivo glicemico viene raggiunto e mantenuto. Qui tutte le informazioni.
- Intolleranze alimentari. Si stanno moltiplicando le diagnosi (ma spesso si tratta di auto-diagnosi) di intolleranze alimentari, in particolare al lattosio e al glutine dei cereali. Molte persone sperimentano sintomi metabolici e digestivi che attribuiscono all’incapacità di assimilare uno o più alimenti o principi nutritivi, e per avvalorare queste supposizioni si affidano a costosi test reperibili in farmacia. Ma… le intolleranze alimentari “vere” in realtà colpiscono una percentuale assai inferiore di popolazione, intorno al 3-5%. Per tale ragione l’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione clinica e la Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia clinica avvertono che i test generici per le intolleranze alimentari sono per lo più inutili e fuorvianti, e che per una diagnosi vera di intolleranza esistono esami specifici che si devono eseguire dietro prescrizione medica tra cui il breath test per l’intolleranza al lattosio e lo screening sierologico per la celiachia e l’intolleranza al glutine. Leggi qui.
- Bruciori di stomaco. Disturbo molto comune, il bruciore di stomaco, associato spesso ad acidità e reflusso, viene spento con facilità assumendo farmaci antiacido detti inibitori della pompa protonica IPP. Si tratta, però, di medicinali – alcuni dei quali da banco, vendibili senza prescrizione medica - che andrebbero davvero usati una volta ogni tanto o comunque per periodi di tempo molto brevi. La loro funzione è infatti quella di inibire la produzione di acidi digestivi, ma possono avere importanti effetti collaterali su cuore, polmoni e intestino. Scopri tutto.
Meno può essere meglio, abbiamo dunque imparato. Nel campo delicato della salute è importante che impariamo ad affidarci ai professionisti in grado di aiutarci, ma abbiamo anche l’obbligo, stavolta verso noi stessi, di domandare e ottenere tutte le informazioni relative a qualunque tipo di prestazione sanitaria ci sia stata prescritta o che abbiamo intenzione di richiedere.
Alcune fonti utilizzate:
https://www.slowmedicine.com.br/slow-medicine-an-international-appeal-on-mindful-healthcare/
http://www.cittadellascienza.it/centrostudi/2016/08/choosing-wisely-italy-bisogna-fare-meglio/
A cura di Paola Perria, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo dal 2009, Master I livello in Gender Equality-Strategie per l’equità di Genere con tesi sulla medicina di genere.
Profilo Linkedin di Paola Perria
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ATTENZIONE: le informazioni che ti propongo nei miei articoli, seppur visionate dal team di medici e giornalisti di ForumSalute, sono generali e come tali vanno considerate, non possono essere utilizzate a fini diagnostici o terapeutici. Il medico deve rimanere sempre la tua figura di riferimento.