Il cesareo nella volontà della mamma. Tra conscio e inconscio

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Il cesareo nella volontà della mamma. Tra conscio e inconscio

29-07-2011 - scritto da dott_cristinafiore

Perché la donna arriva a richiedere il taglio cesareo? Cosa la spinge a questo?

Attualmente esiste un aumento statistico di TC nel mondo che comprende, tra le sue cause, anche una quota di interventi ‘su richiesta della madre’.

A tutte le mamme …
Che sono sempre adeguate
Che sono sempre belle
Che sono sempre amabili
Che hanno fatto la scelta giusta
Quando sono mamme col cuore


La FIGO (Federazione Internazionale di Ostetricia e Ginecologia) discute sul tema del TC a richiesta ritenendolo comunque poco accettabile sul piano etico mentre l’ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologist) è propensa alla concessione del TC alla donna che lo richieda solo se quest’ultima fosse veramente informata circa gli effetti negativi legati ai due modi di partorire. La Maternity Center Association ha stilato una lista(i) che contempla gli effetti negativi per la madre e per il bimbo delle nascite con parto naturale o con parto cesareo. Analoghe informazioni sono state presentate in Inghilterra dal NICE (National Insitute for Clinical Excellence) allo scopo di evitare o quanto meno di ridurre il TC su richiesta.
La linea guida elaborata dal Centro nazionale collaborativo per la salute materno-infantile (National collaborating centre for women’s and children’s health - NCC-WCH) del Regno Unito ha identificato una revisione narrativa sistematica di 12 studi osservazionali (13.285 donne) ed altri sette studi osservazionali pubblicati successivamente. Nei due studi con il campione più numeroso, condotti in Regno Unito e Australia e Svezia , la proporzione di donne che nel corso della gravidanza hanno manifestato una preferenza per taglio cesareo elettivo (TCe) è compresa fra 6% e 8%. La principale motivazione di questa scelta materna è rappresentata dalla percezione di una maggiore sicurezza per il neonato offerta dal TC; in questi studi, la scelta materna di TCe è risultata fortemente correlata con un precedente TC, una precedente esperienza negativa del parto, una complicazione nella gravidanza in corso o la paura del parto.

Un solo studio italiano ha indagato la preferenza materna per modalità di parto. In una indagine condotta in 1999, intervistando prima della dimissione 1986 puerpere in 23 cliniche universitarie, le donne che avevano effettuato un parto spontaneo hanno dichiarato la loro preferenza per un parto spontaneo al termine della gravidanza successiva in 89.9% dei casi. Fra le donne che avevano subito un parto cesareo il 77% avrebbe voluto partorire, al termine della gravidanza successiva, per parto spontaneo.

Una entità clinica recentemente proposta è rappresentata dal TCe in travaglio, descritto in una indagine condotta in New York, USA, dove nell’arco di sei mesi furono praticati 422 TC intrapartum, 13% dei quali in seguito ad una offerta dei professionisti e 8.8% in seguito ad una richiesta materna, in entrambi i casi in assenza di indicazione medica. Le più significative variabili associate ad offerta e richiesta di Tce sono state le caratteristiche dei professionisti (specializzazione, età e anzianità di servizio) ed un precedente TC.
Ma perché la donna arriva a richiedere il taglio cesareo? Cosa la spinge a questo?
Un primo cappello introduttivo va a toccare un po’ la storia del parto; il travaglio e la conseguente nascita erano ‘cose di donne’, l’uomo veniva tenuto al di fuori da tutto ciò, e la ‘levatrice’ stava accanto alla partoriente che si sentiva affiancata da una donna che, come lei, poteva affrontare o aveva affrontato quest’evento. La donna era in qualche modo ‘padrona’ dell’evento nascita, era il suo momento, quasi un rito iniziatico in cui si passava dall’essere fanciulle all’essere madri. La donna era a casa sua, con la madre o la levatrice e si sentiva in qualche modo ‘nella tana’ preparata ad accogliere i cuccioli.

Cristina, parto naturale:
Ma neppure per un secondo ho avuto paura o mi sono sentita inadeguata o sola, nulla di tutto ciò! Ero io donna consapevole e pronta a dare alla luce il mio pargolo![ii]
Tralasciando le logiche considerazioni sulla incapacità di gestire alcuni eventi, se il parto avveniva in modo naturale, la donna non necessitava di nulla; aveva in se la capacità di partorire (come ha tutt’ora). Passano gli anni e la levatrice-ostetrica viene affiancata dal medico e pian piano il sociale porta la donna ad affidare sempre più il suo parto nelle mani di clinici esperti demandando loro le decisioni riguardanti la propria gravidanza e la successiva nascita.
Oggi al medico vengono richieste notizie: informare fornendo il massimo di conoscenze sullo stato dell’arte, ed al paziente il diritto all’autodeterminazione che costituisce un aspetto imprescindibile del processo decisionale (G. Giardina)[iii]. Questo però non è sempre possibile ed inoltre è significativo il fatto che spesso la donna che è seguita dall’ostetrica si avvicina più facilmente al parto naturale rispetto a quella seguita dal ginecologo e qui ripropongo nuovamente il Dott. G. Giardina ‘Una considerazione che spesso viene fatta in questi studi è il che il medico tende a sottolineare istintivamente più i rischi e le incognite che presentare gli aspetti positivi di un parto fisiologico e comunque, ad evidenziare in quale modo gli eventuali problemi possono essere affrontati e risolti. Probabilmente è importante ricordare che , nei paesi anglosassoni, l’intervento medico è richiesto dall’ostetrica solo al momento in cui compaiono, nel travaglio o nel parto, delle complicanze: questo influisce certamente sul giudizio. In effetti oggi il medico sa che per lui il TC è più facile ed ha il vantaggio di essere programmabile: è indubbio perciò che questi elementi pesino, in modo più o meno consapevole, sulle indicazioni ed i giudizi che vengono esposti alla donna. Al contrario le ostetriche vedono di più nel parto un evento naturale da aiutare e facilitare, ma hanno il grosso problema di giudicare quando l’evento si trasforma da fisiologico a complesso o a francamente patologico.[iv]’.
Quanto il parere di un ginecologo possa influenzare la scelta di un’assistita è inutile dire, a volte un’espressione, un’alzata di sopracciglia basta ad indicare una strada anziché un’altra, sottolineando la delicatezza e la fragilità della donna-gravida o peggio della donna in travaglio di parto.
Dicevo quindi che alcune donne tendono a demandare al medico che le assiste ogni decisione circa il loro parto e la modalità e il luogo in cui esso avviene, ospedalizzando e clinicizzando un processo fisiologico. Altre chiedono e si informano (alcune troppo) e vogliono essere padrone di loro stesse. Vogliono, appunto…

Federica:
L'ultima visita delle 23 mi ha fatto piangere a dirotto. Ero stanca, provata, terrorizzata ogni volta che mi dovevano visitare...così non ho retto...volevo il mio bimbo, ma il mio corpo sembrava non essere dello stesso parere.

L'unica cosa da fare era un cesareo.
Ho pianto ancora. Ero delusa. Delusa del mio corpo che non voleva fare quello che io invece volevo tanto. Ero spaventata.

E' triste: ti ritrovi lì sola, anche se circondata di persone. Lo vorresti stringere e hai le braccia legate. Lo vorresti vicino e te lo portano via.
Ecco perchè non volevo il cesareo.

Per due giorni il mio bimbo succhia e cresce, poi comincia a calare. E piange se cerco di allattarlo. Così si passa al latte artificiale. Il mio corpo ancora rifiuta ciò a cui tenevo molto.
Comincio ad odiarlo questo corpo.[v]”
Lo voleva Federica il parto naturale, lo voleva davvero con tutto il suo fortissimo impegno e non voleva il cesareo. Aveva paura del cesareo.
La gravidanza di Federica è stata bella e voluta, intensa; i dolori sono cominciati alla 38° settimana di gestazione e il travaglio ha avuto una fase prodromica piuttosto lunga e i dolori erano ‘gestiti’: ‘mi ero preparata a gestire il dolore, come dicevo prima, e ad ogni contrazione chiudevo gli occhi, mi concentravo e respiravo profondamente: pensavo solo al fatto che mi avrebbero aiutato a vedere il mio bimbo, che sono delle onde che vanno e vengono, e quindi col massimo impegno nelle pause ridevo e scherzavo con mio marito, i miei e i suoceri (erano tutti in camera con me)’.
Si legge chiaramente nel racconto di Federica (laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche 110 lode con una tesi sull’attaccamento materno-fetale) una forte volontà di esserci, di essere presente a se stessa, di gestire il dolore e gli eventi. Di esserci con la testa e con il corpo e quest’ultimo cosa fa? Si ribella (comincio ad odiarlo questo corpo).
Quale può essere stata l’azione della paura di perdere il controllo durante il travaglio nella sua ‘distocia dinamica’?
Quanto questa donna ha utilizzato la sua neocorteccia durante il travaglio (quindi col massimo impegno nelle pause ridevo e scherzavo con mio marito, i miei e i suoceri - erano tutti in camera con me)?
Per citare M. Odent: durante il travaglio e il parto è importante non stimolare la neocorteccia. Deve essere lasciata a riposo. Ciò che principalmente la stimola è il linguaggio. Il silenzio e il linguaggio non verbale sono condizioni fondamentali[vi].
A favore di questa teoria anche il racconto di Barbara (parto naturale in acqua): ‘Mio marito è sempre stato presente, mi sosteneva nelle spinte …Durante il parto è stato quasi sempre zitto e questo mi ha aiutato… sentivo la necessità di tranquillità..e di contatto fisico....fra una contrazione e l'altra durante le spinte appoggiavo la testa al suo braccio’[vii].
Inoltre nel caso di Federica è lecito pensare che durante tutta l’epoca della gravidanza le sue idee circa il cesareo non abbiano influenzato positivamente la sua psiche. La sua immagine mentale per la ‘legge dello sforzo invertito’ avrà agito e scavato nella sua mente.

E Chiara, come immaginava il suo parto?
Durante gli ultimi mesi di gravidanza avevo avuto un po' di problemi di pressione (ma non tanti)
e un certo non so che (dentro la mia testa) mi faceva pensare che mi avrebbero fatto un TC

Dopo i primi momenti di panico mi ricoverano, mi mettono il gel, mi arrivano le contrazioni e dopo 2 ore se ne vanno, e
nella mia testa il pensiero TC si faceva sempre + forte. Il giorno dopo causa festa nazionale, mi lasciano in H senza fermi niente.
Il 3 giugno 2 induzioni una la mattina e una al pomeriggio, le contrazioni arrivano e se ne vanno (TC TC TC TC )[viii]
Barbara, per contro, ha avuto il parto che voleva, è stata assistita dalla sua ostetrica di fiducia. Nel suo racconto del parto, la parola ostetrica e la parola fiducia compaiono più volte.
Il parto coincide con la nascita di un figlio e con la nascita di una madre, il valore iniziatico di questa esperienza riecheggia nella modalità in cui si esplica e influenza certamente la qualità della relazione madre-bambino.
Il parto spontaneo ‘condensa il potersi lasciar andare e il lasciare andare. Consente la nascita, che significa accettare la separazione di un altro diverso da se. Significa consentire alla parte più profonda, emotiva, istintuale, primitiva di sé di emergere, in un temporaneo abbandonarsi, che richiede la rinuncia al controllo della ragione sulle emozioni’[ix].
Quante donne riescono a VOLERE questo? A volerlo con la loro parte più profonda, arcaica?
Partorire spontaneamente è anche riconoscere il dolore come componente possibile, necessaria ad un evento che cambierà l’identità femminile in passaggio da donna a madre; a riconoscerlo come ‘un movimento energetico che è forza della vita, che attraversa la donna in modo così potente da essere percepito come un dolore[x]’.
Analizzando le funzioni del dolore secondo la Dott. M. G. Terreni[xi] troviamo questi punti:
Il dolore:
Dice cosa sta succedendo e questo permette l’organizzazione del nido e la richiesta di aiuto
Permette la percezione delle fasi del parto
Cerca le posizioni che favoriscono la discesa e la nascita
‘Toccare il limite’, perdere il controllo
Aumento autostima
Segnala la separazione e la perdita, come un rito iniziatici
Risveglia l’emisfero destro
Attiva le risposte endocrine
Permette al bimbo di far fronte allo stress neonatale
È un rimodellatore personale
È un’esperienza spirituale

Maddalena:
Purtroppo non mi possono fare l'epidurale per...lo sciopero degli anestesisti, accidenti a loro! Ma il tempo passa, ed io non sopporto più quel dolore. E' più grande di me, più forte di me, mi fagocita,
mi uccide, mi distrugge. Arrivano le 21. Voglio morire. Grido che non voglio più figli, che non voglio nemmeno quel figlio. Io lo odio, il figlio che mi sta facendo questa cosa atroce. Lo odio con tutte le forze che non ho più. Dalle 21 alle due del mattino, è il buio. E' la notte più nera. Non sento più niente e nessuno. Non coopero. Urlo e basta, cieca e sorda. Alle due, non so bene come, con l'inizio delle spinte a dilatazione completa rinsavisco. Spingo, riprendo il controllo di me stessa. Ma qui... l'imprevisto. Il bimbo si rivela male incanalato. E ad ogni spinta finisce contro il coccige e il battito scende. Devo smettere di spingere, sarà TC.
Quando sono rimasta di nuovo incinta, ho vagheggiato un parto naturale.Potrei, dal punto di vista prettamente medico. Ma non ce la faccio. Il desiderio di riconciliarmi con questa esperienza
fondamentale nella vita di una donna, è meno forte del terrore, puro terrore, che ho del dolore del parto naturale (faccio presente che a Milano per le precesarizzate rifiutano l'epidurale). Il malessere post-cesareo è ridicolo al confronto, e si può sedare con farmaci compatibili con l'allattamento.
Ecco perché io SCELGO un cesareo[xii].
Maddalena è nata lei stessa con il cesareo e la madre fa parte della tipologia delle "defraudate"[xiii], nonostante un cercare di avvicinarsi al parto naturale Maddalena opta per l’epidurale che non le viene somministrata. Non c’è la consapevolezza del dolore. Esiste, si percepisce un forte desiderio di allontanarlo da se.
La scelta volontaria della donna nell’avvicinarsi al TC come modalità di parto è quasi sempre legata alla tocofobia, primaria (il terrore del parto presente ancor prima del concepimento, talvolta in età adolescenziale) o secondaria (in seguito a pregressa esperienza di parto traumatico, spesso medicalizzato). In questo terrore del parto sono contenuti aspetti psicologici legati a paure localizzate sia sul piano fisico e a ansie che riguardano il significato profondo del partorire e del nascere (la paura della separazione ad es. ‘non solo la donna sta per perdere il suo bambino ma anche il bambino sta per perderla’, Lebovici 1983).

In sintesi la scelta della donna è spesso condizionata dalla paura del dolore e del parto nei suoi aspetti sia fisici che psichici.
Negli aspetti fisici annoveriamo il ricordo di pregresse esperienze di parto traumatiche, la regressa mortalità perinatale.
Negli aspetti psichici troviamo il timore di perdere il controllo, di perdere l’integrità fisica, di morire.
Le condizioni che vengono indicate come “paura del parto” e che sono, talora, delle vere patologie psichiatriche: disordini da ansia o vere fobie che si manifestano in modi diversi. L’impegno a cercare queste patologie è inesistente o molto scarso in Italia eppure si calcola che, nei paesi scandinavi dove il problema è percepito, le forme più gravi riguardino il 6-10% delle partorienti. L’informazione è rilevabile con degli appositi questionari e le terapie sono psichiatriche, benchè 1/3 delle stesse pazienti norvegesi le rifiuti.
Sono state individuate cause diverse alla paura dell’evento nascita :
- cause biologiche (la paura del dolore)
- cause psicologiche (disturbi della personalità, precedenti eventi traumatici, la paura di essere inadeguate al ruolo di genitore)
- cause sociali (le incertezze economiche e dei supporti assistenziali sociali)
- cause secondarie (parti complicati e vissuti nell’emergenza, conseguenze fisiche quali prolasso e incontinenza).
Sembra evidente che non basta ignorare queste situazioni per vederle scomparire e che un certo numero di TC richiesti sarebbe evitabile se le donne con problemi analoghi venissero assistite e preparate al parto in modo specifico[xiv].
Nel nostro sociale, poi, l’idea di dovere affrontare un dolore ha un sapore arcaico e non vicino al ‘sentire’ della gravida attiva, in carriera, programmatrice e programmata, presente a se stessa.
Più mi informavo e più mi arrabbiavo. Più ne scoprivo e più sentivo quella sottile angoscia crescere dentro di me all'idea di dover affrontare il tanto decantato parto naturale, cioè la maledizione immutabile che accompagna le donne da migliaia di anni[xv].
Spesso i medici sono favorevoli all’analgesia e quindi non aiutano la donna a capire la funzione ‘formativa del dolore’
L’epidurale “elimina il dolore del parto e lascia al tempo stesso la mamma attiva e cosciente. Ma in Italia quest’anestesia non è ancora molto diffusa. Le cause? Una scarsa informazione e problemi organizzativi. Non tutte le future mamme se la sentono di affrontare i dolori del parto. Per aiutarle, lo strumento migliore è l'anestesia peridurale (o epidurale). Una tecnica sicura ed efficace che permette di non sentire male, ma al tempo stesso di avvertire le contrazioni e i tempi delle spinte. Ma non tutte le strutture sanitarie la praticano anche se la paziente la richiede[xvi]”
Nel mio caso (due cesarei, il primo d’urgenza, il secondo elettivo perché precesarizzata) ho riflettuto molto.
La mia prima gravidanza ha coinciso con l’inizio di una crisi matrimoniale terminata con il divorzio e il parto è avvenuto in un momento in cui io richiedevo a me stessa la massima presenza e partecipazione cosciente. Ero tutta nella mia testa. Ero presente a me stessa. Io ci dovevo essere, per me e per il mio bimbo (di cui non avevo mai chiesto il sesso ma in cuor mio sapevo essere una femmina). La sala travaglio, luogo in cui sarebbe richiesta tranquillità e privacy, c’era un andirivieni di gestanti, medici, infermiere, parenti.
Tutti parlavano e chiedevano, le gestanti a volte gridavano… una condizione terribile. La ricerca di un momento di pace, di raccogliersi, di entrare in se veniva vanificata da tale menefreghismo e confusione. Avevo chiesto, durante la gravidanza, ad un’ostetrica di seguirmi in travaglio ma lei mi comunicò che il nuovo primario non sopportava queste cose e che mi doveva seguire l’ostetrica di turno. Beh. Non importa, mi dico. Il problema è che io sono stata ricoverata alle 5 del mattino e ho partorito alle 17 del giorno dopo e di turni ne ho visti un po’. Il continuo turn over di assistenti, che siano stati essi infermieri o ginecologi o ostetriche, non faceva che tenermi ben sveglia, vispa, presente ai cambiamenti, disponibile a rispondere alle domande che ogni volta venivano poste. Poi i parenti preoccupati, poi la mia lentissima dilatazione e poi Micol non ‘ha dato il consenso’, e TC d’urgenza.
Ripensando a quel momento, che avevo pensato come naturale e gioioso e che è divenuto in un attimo freddo e ‘ospedalizzato’, le mie sensazioni sono state due e diametralmente opposte.
Da una parte c’era la tristezza di non poter essere partecipe all’evento nascita, dall’altra un sollievo per la lunga attesa e perché non volevo più vedere e più sentire. Proprio così. Non ne avevo più voglia. La mia bambina l’ho vista al mio risveglio…
Benedetta è nata il 7 marzo 2004, la sua nascita era un TC elettivo che doveva datare 8 marzo 2004. La sua data del parto, se fosse stato naturale, doveva aggirarsi verso il 18 marzo. Il mio problema durante tutta la gravidanza è stato che lei non fosse pronta.
La notte tra il 6 e il 7 marzo Benedetta ha rotto il sacco. Mi hanno ricoverata alle 2 del 7 marzo, mi hanno monitorata. Data l’assenza totale di contrazioni hanno deciso per un TC al mattino alle 8. Analgesia spinale. Ho parlato alla mia bimba tutto il tempo e l’ho voluta in braccio subito, così com’era tutta sporca di sangue. Ero felice.
Mi manca però l’esperienza del parto naturale, è una sensazione viscerale, profonda, legata al ‘non sono stata capace’… ma questa è un’altra storia.


Allegato n. 1 ‘What should I know about cesarian section?’
[ii] Allegato n. 2 ‘Cristina: racconto del parto’
[iii] Giorgio Giardina ‘Il taglio cesareo su richiesta della donna’, Azienda Sanitaria Ospedaliera Sant’Anna Torino
[iv] Idem
[v] Allegato n. 3 ‘Federica: racconto del parto’
[vi] INTERVISTA CON MICHEL ODENT a cura di Gabriella A. Ferrari, Rimini 4 aprile 2004
[vii] Allegato n. 4 ‘Barbara: racconto del parto’
[viii] Allegato n. 5 ‘Chiara: racconto del parto’
[ix] Randaccio, Sacco, De Padova ‘Il taglio cesareo: miti, paure, evidenze’, ‘Gli aspetti psicologici’, Torino 25-26 novembre 2004
[x] M.G. Terreni, ‘La funzione del dolore nel travaglio e nel parto’, dispense scuola ISPPE
[xi] M.G. Terreni, ‘La funzione del dolore nel travaglio e nel parto’, dispense scuola ISPPE
[xii] Allegato n. 6 ‘Maddalena: racconto del parto’
[xiii] Idem
[xiv] Giorgio Giardina ‘Il taglio cesareo su richiesta della donna’, Azienda Sanitaria Ospedaliera Sant’Anna Torino
[xv] Dal sito: HP di Valentina Piattelli
[xvi] Parto in epidurale sito del Dott. Salvatore Pollina


Counselor II livello - Formatore – Prenatal Tutor
Corso Gianelli, 38/2 – 16043 – Chiavari (GE)
Tel. 0185 – 371087
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e-mail: cristinafiore@beneinsieme.it



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