Pancetta? Colpa dello stress

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Pancetta? Colpa dello stress

23-04-2018 - scritto da Paola Perria

Studi scientifici confermano il ruolo determinante dello stress nello sviluppo delle adiposità localizzate.

Più siamo stressati, più mangiamo (e ingrassiamo).

 

Stress e obesità: un legame esiste. Serviva la scienza per dircelo? Certo, la nostra stessa esperienza ci conferma che quando siamo in uno stato prolungato di tensione, ansia e preoccupazione, tendiamo a cercare conforto nel cibo, in particolare in quello dolce e molto calorico. Ci sono specifiche ragioni biologiche che spiegano questo comportamento, ed è qui che interviene la scienza. Infatti uno studio condotto nel Regno Unito e pubblicato sulla rivista Obesity ha scoperto una relazione diretta tra i livelli di cortisolo nel corpo (l’ormone “dello stress”) e la tendenza ad accumulare adiposità localizzate.

 

Per giungere a questa conclusione sono stati monitorati 2527 uomini e donne over 50, bianchi e residenti in Gran Bretagna, dei quali sono stati misurati i livelli di cortisolo attraverso i capelli. Per la precisione è stata considerata la porzione di capello situata a circa 2 cm dalla cute della quale si è controllata la concentrazione di cortisolo per due mesi. Di ciascun partecipante sono poi state prese le misure del corpo: girovita, Indice di Massa Corporea, altezza e peso. Al netto di fattori quali malattie croniche (in particolare diabete e artrite), tabagismo, stato socioeconomico e naturalmente sesso ed età, i dati sono poi stati confrontati ottenendo il seguente risultato: le persone con livelli di cortisolo più elevati erano anche più in carne degli altri.

 

Un esito davvero inequivocabile che ci pone di fronte ad una verità: lo stress prolungato è uno dei fattori che in modo più pesante e trasversale influiscono sul peso corporeo di individui adulti. Non solo, proprio concentrazioni elevate di questo ormone che è direttamente correlato con stati di forte stress sono dietro condizioni di sovrappeso e obesità croniche, come è stato possibile rilevare con indagine retrospettiva fino a 4 anni.

 

In buona sostanza, a portare la maggior parte di noi a mangiare in modo eccessivo e compulsivo rispetto alla norma e rispetto anche ai nostri stessi standard altro non è che la necessità di trovare tregua – almeno per il tempo di un panino – dall’ansia che ci divora.

 

Altri studi avevano provato a collegare i livelli di cortisolo presenti nel sangue o nelle urine al peso corporeo, ma sebbene il risultato fosse più o meno analogo, i parametri usati sono risultati meno efficaci perché in questi fluidi la concentrazione dell’ormone dello stress è influenzato da altri fattori. Insomma, alla fine ce ne dobbiamo fare una ragione, se vogliamo dimagrire, o evitare di sforare nell’obesità con tutte le nefaste conseguenze per la salute che l’eccesso di peso comporta, dobbiamo agire a monte riducendo i livelli di stress.

 

A margine dello studio una delle ricercatrici che lo hanno firmato, la dott.ssa Sarah Jackson del London University college, saggiamente ha commentato:

Dal momento che non è possibile eliminare lo stress, ciò che si può fare è trovare un modo per controllarlo. Anche solo essendo consapevoli che proprio lo stress può indurci a mangiare di più.

 

E', quindi, una sorta di avviso. L’essere umano è progettato per gestire lo stress occasionale, ed è proprio aumentando i livelli di alcuni ormoni a livello cerebrale che siamo in grado di affrontare situazioni di eccezionale tensione. Ma quando questa condizione si cronicizza, allora il nostro corpo ne risente in modo pesante. Come?

 

Bisogna dare un’occhiata all’interno per capire come il cortisolo influisca sul nostro rapporto con il cibo. Diverse ricerche che hanno studiato la variazione dell’appetito come reazione allo stress negli esseri umani, hanno svelato che proprio in fasi di stress la percezione del cibo come appagamento nei centri cerebrali deputati tende ad abbassarsi, il che induce un anomalo desiderio di cibi comfort, che siano apportatori di alti livelli energetici. Energia=calorie. Quindi: più stress, più carboidrati. Ecco spiegato perché siamo assaliti da quella insopprimibile voglia di dolci, i quali, come sappiamo, sono anche gli alimenti responsabili di farci più velocemente ingrassare.

 

Come possiamo regolarci, allora? Come suggerito dalla dott.ssa Jackson, essendo più consapevoli di ciò che accade nel nostro corpo e nella nostra mente. Molte persone reagiscono allo stress in modo disorganizzato e istintivo perché in realtà non sanno neppure di essere stressati. Si sentono frustrati, in ansia, preoccupati, dormono poco e male, sono arrabbiati col mondo e… mangiano. Il tutto in un circuito tossico di totale inconsapevolezza. Se, però, ci si rende conto di essere finiti in un loop vizioso, è possibile provare ad uscirne lavorando proprio sulla propria gestione dello stress ed eliminando almeno i fattori eliminabili.

 

Spesso tendiamo a farci prendere dall’ansia anticipatoria di cose che potrebbero accadere ma che, di fatto, sono solo proiezioni delle nostre paure. Non solo. E' pratica comune sobbarcarsi più pesi di quanti possiamo sostenere, nella erronea convinzione di essere indispensabili, senza accorgerci che intorno a noi c’è un mondo di persone disponibili a darci una mano, se solo lo chiediamo. Le soluzioni a tanti problemi che ci appaiono insormontabili sono quasi sempre più a portata di mano di quanto non riusciamo a vedere. Se poi ci carichiamo anche della rabbia e delle paure indotte da notizie allarmistiche veicolate dai social media o dalla tv, allora è proprio la fine… non ne usciamo più. E mangiamo!

 

Ricapitolando: se quella ciccia proprio non va via, è probabile che all’origine ci siano ragioni diverse da quelle che siamo soliti considerare. Non la gola in quanto tale o la debolezza di fronte alle tentazioni della buona tavola. Ma un grido di allarme lanciato dal nostro corpo che chiede tregua. E' tempo che impariamo a concedercela.

 

Fonti: wileyOnlineLibrary.com e NewYorkTimes.com



A cura di Paola Perria, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo dal 2009, Master I livello in Gender Equality-Strategie per l’equità di Genere con tesi sulla medicina di genere.
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