Vulvodinia: che cos'è e quali sono i sintomi

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Vulvodinia: che cos'è e quali sono i sintomi

29-10-2019 - scritto da Antonella Lobraico

Sai cos'è la vulvodinia e quali sono i sintomi di questa sindrome femminile? Te lo spieghiamo in questa guida.

Tutto quello che c'è da sapere sulla vulvodinia.

 

Patologie come ad esempio l’emicrania o il colon irritabile possono dare del filo da torcere a coloro che ci convivono quotidianamente. Non è da meno la vulvodinia, una sindrome che riguarda da vicino la sfera della ginecologia, ma intorno alla quale persiste ancora una nebbia che - anche se con grande fatica - ha iniziato lentamente a diradarsi. I motivi di tutto ciò sono dettati da una parziale conoscenza dell’argomento da parte degli stessi professionisti del settore, ma sono anche legati agli studi relativi a questa sindrome, che sono ancora in corso. Si sta infatti cercando di indagare a fondo la vulvodinia per capire i precisi meccanismi che, oltre a dare il via a questa patologia, la fanno persistere.

 

Il comune denominatore di malattie come quelle sopra citate (emicraniacolon irritabile, vulvodinia) è il dolore, che si fa sentire in diverse modalità e che si presenta in maniera costante e fastidiosa nella vita della persona che ne soffre. Nel caso della vulvodinia si tratta di dolore durante i rapporti sessuali, bruciore o anche di una sensazione come quella procurata dalle punture di tanti spilli.

 

VULVODINIA: COS'E' E COME RICONOSCERLA  

La vulvodinia o sindrome vulvovestibolare (SVV) è una sindrome neuropatica che interessa circa il 16% delle donne tra i 18 e i 64 anni. Nonostante questa grande diffusione, questa sindrome fatica ad essere classificata e di conseguenza diagnosticata. Inizia quindi per le pazienti quel fenomeno chiamato "nomadismo sanitario", ossia quel pellegrinaggio tra diversi specialisti (ginecologo, urologo, immunologo, allergologo, gastroenterologo, dermatologo, nutrizionista e psicologo), nella speranza di trovare una soluzione che spesso purtroppo non arriva e che, anzi, troppo spesso porta a catalogare la sofferenza della donna come un problema completamente psicologico. In Italia si calcola che occorrano quasi 5 anni, in media, per avere una diagnosi corretta! E purtroppo questo ritardo non fa che cronicizzare la malattia.

 

La sindrome vulvovestibolare è un’infiammazione cronica del vestibolo vulvare, cioè di quella parte della vulva posizionata in prossimità dello sbocco della vagina e verso il perineo, ovvero quella parte di mucosa che divide la vagina dall’ano.

 

Spesso si tende a denominare la sindrome vulvovestibolare, vestibolite vulvare. In realtà la presenza del suffisso “ite” in vestibolite si limita ad indicare solo l’infiammazione, mentre il termine più corretto potrebbe essere vestibolodinia, in quanto il suffisso “dinia” indica dolore. Con il trascorrere del tempo la sindrome può degenerare in vulvodinia (“dolore vulvare”), ovvero un’infiammazione accompagnata da dolore e che interessa vestibolo e vulva, quindi più generalizzata rispetto alla vestibolodinia.

 

La vulvodinia può influenzare in maniera importante la vita relazionale e professionale delle pazienti. Infatti, data la sua sede pelvica e perineale, può pian piano rendere sempre più difficile a chi ne soffre compiere movimenti come camminare, stare seduta, indossare pantaloni o costumi da bagno, andare in bicicletta e avere rapporti sessuali. 

 

 

VULVODINIA: QUALI SONO I SINTOMI?

In quanto sindrome, la vulvodinia presenta diversi sintomi, tra i quali:

  • Dolore
  • Bruciore
  • Sensazione di secchezza
  • Gonfiore della vulva
  • Sensazione di tensione
  • Sensazione di irritazione
  • Sensazione di punture come quella provocata da tanti spilli

 

Questi sintomi, alcuni dei quali sono simili a quelli della comune candida o della cistite, possono non essere presente tutti insieme. Inoltre il pizzicore, ma anche la sensazione di bruciore non sono indotti, ma possono essere spontanei e soprattutto, a seguito di un esame, il medico può non trovare lesioni o particolari segni. 

 

Bisogna aggiungere anche che questi sintomi si manifestano anche nella distesia, una patologia caratterizzata da una percezione alterata degli stimoli esterni. Tutto questo si concretizza nella donna in una grande ipersensibilità, spesso sottovalutata e che non porta alla giusta diagnosi e di conseguenza al trattamento più idoneo.

 

 

VULVODINIA: QUALI SONO LE CAUSE?

Le cause che possono portare allo sviluppo della SVV sono riconducibili a infezioni batteriche, agenti chimici e microtraumi.

 

Nello specifico, infezioni provocate da batteri (ad esempio una candidosi ricorrente) se trascurate possono dar luogo a un’infiammazione che resta attiva anche ad avvenuta risoluzione dell’infezione stessa. Allo stesso modo anche infezioni virali come quella da Herpes virus o da Papilloma virus HPV, rappresentano una delle possibili cause. 

 

Tra le cause riconducibili alla sindrome vulvovestibolare ci sono gli agenti di natura chimica, come ad esempio:

  • Il cloro
  • I coloranti usati per la realizzazione degli abiti
  • I lubrificanti vaginali
  • Saponi basici o neutri
  • Residui di sapone rimasti sulla biancheria intima
  • Sostanze chimiche di medicinali ad uso topico come i cortisonici
  • L’urina acida

 

Anche gli agenti microtraumatici concorrono allo sviluppo della sindrome vulvovestibolare e tra questi rientrano:

  • Un rapporto sessuale avvenuto senza l’adeguata lubrificazione
  • L’uso di pantaloni con un “cavallo” troppo stretto
  • La pratica di sport come l’equitazione o il ciclismo
  • Sedute di laserterapia

 

Anche gli agenti ormonali e quelli legati al proprio partner possono influenzare questa sindrome, ad esempio una possibile intolleranza allo sperma o la dimensione del pene. In presenza di microtraumi o di fenomeni infiammatori come quelli appena descritti, alcuni mediatori chimici tissutali potrebbero attivare i nocicettori, ovvero i neuroni presenti nel tessuto connettivo di questa zona, e liberare la sostanza “P” (da “pain” = dolore), cioè un neurotrasmettitore del dolore. Questa sostanza libera istamina, responsabile delle diverse forme di vulvodinia associate a secrezione. Se questo è il meccanismo che si mette in moto generalmente negli individui, nelle donne con vulvodinia, la soglia del sistema nocicettivo è più bassa, per cui si avverte dolore anche con i più blandi stimoli.

 

 

VULVODINIA: DIAGNOSI E TERAPIA

Per la diagnosi della vestibulodinìa si utilizza lo Swab test. Si tratta di un esame che misura l'ipersensibilità vulvare e che consiste nel toccare alcuni punti specifici dell'ingresso vaginale con la punta di un cotton fioc. In presenza di vestibulodinìa, la paziente avvertirà un intenso dolore e/o bruciore. Basta davvero così poco, cioè un bastoncino di cotone? Ebbene sì! E questo è paradossale...

 

Una volta effettuata la diagnosi, lo specialista impronterà la terapia più adatta che può comprendere:

  • Medicinali (amitriptilina, pregabalina e gabapentina)
  • Farmaci a microdosi personalizzate
  • Elettrostimolazione antalgica TENS
  • Elettrostimolazione antalgica con il metodo VSNS (Vulvo Surface Nerves Stimulation)
  • ALIAmidi, ovvero una classe di molecole che inibisce l’azione dei mastociti
  • Anestetici topici in crema (ad esempio la lidocaina)

 

In caso di dubbi o se presenti questi sintomi, non esitare a chiedere un consulto al tuo ginecologo. Parlagli della tua sofferenza, chiedigli di mettersi nei tuoi panni, pretendi che osservi i segnali che il tuo corpo rivela. La cura della vulvodinia, e del dolore intimo, non può prescindere da un rapporto tra medico e paziente che si impronti sulla fiducia, sull'empatia e sull'ascolto. 

 

Link utili:

Le storie delle pazienti di ForumSalute

Associazione Vulvoninia.info

Associazione VIVA (Vincere Insieme la VulvodiniA)

Vulval Pain Society

Vulvodinia, una lettera dalle pazienti per accendere i riflettori sulla patologia

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A cura di Antonella Lobraico, collaboratrice della redazione di ForumSalute.
 

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ATTENZIONE: le informazioni che ti propongo nei miei articoli, seppur visionate dal team di medici e giornalisti di ForumSalute, sono generali e come tali vanno considerate, non possono essere utilizzate a fini diagnostici o terapeutici. Il medico deve rimanere sempre la tua figura di riferimento.



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